La verità è menzogna.
La menzogna è verità.

di Roberto Pecchioli







Diceva Mark Twain che è più facile ingannare la gente che convincerla di essere stata ingannata. L’autore delle (censuratissime!) Avventure di Huckleberry Finn, nel XIX secolo non poteva conoscere la potenza di fuoco del dispositivo mediatico di informazione e deformazione della verità. Il problema della verità e della menzogna è diventato centrale nella “società dello spettacolo”, delle news che si rincorrono e della post–verità, diventata il nome d’arte della menzogna. 
In fin dei conti, tutte le contorsioni verbali del nostro tempo sono attentati contro la verità, la chiarezza e, in ultima analisi, negazione della realtà. Multi, poli, trans, bi sono maschere, fumisterie tese ad allontanare l’uomo dalla verità e dalla sua ricerca.

Uno dei pochi filosofi che combattano una lotta impari a favore della verità è Francesco Lamendola. In tempi normali, sarebbe un “venerato maestro” colmato di onori e riconoscimenti. Nel buio del presente può solo levare la sua voce, quasi inascoltata, “vox clamantis in deserto”.
Chi scrive non ha né la cultura, né la forma mentis del filosofo. Tenta di svolgere la riflessione intorno al drammatico problema della verità e della menzogna con le armi e il linguaggio dell’uomo comune, sbigottito da ciò che vede e sente.
Un immenso apparato culturale, mediatico e di intrattenimento, un’officina a ciclo continuo è impegnata allo scopo di non farci più credere ai nostri occhi. Lo comprese George Orwell, con la folgorante invenzione, nel romanzo 1984, delle tre grandi scritte sull’immenso palazzo del partito unico al potere: la guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza.

Capovolgere i significati significa capovolgere la realtà.
L’esito è ovvio: la verità è menzogna. E poiché, come insegnò Aristotele, se A è uguale a B, B deve essere uguale ad A, la menzogna diventa verità. La verità, scrive il Vangelo di Giovanni, rende liberi, dunque la menzogna ci trasforma in schiavi.
Il cerchio si chiude, il rapporto tra verità e libertà diventa un futile esercizio filosofico per metafisici ritardatari. Il pensiero occidentale si è liberato con fastidio della metafisica, ossia di tutto ciò che eccede la nuda materia, e impone una religione provvisoria e impalpabile, la scienza, definita “esatta”.
Tuttavia, l’esattezza è concetto assai diverso dalla verità. La scienza non si prefigge l’obiettivo della verità; si limita, attraverso l’osservazione e la sperimentazione, a chiarire regole e invarianze del mondo fisico. Infatti una retta scienza non si considera mai definitiva, accetta la prova contraria, tanto che Karl Popper considerava la confutazione uno dei pilastri della conoscenza scientifica. Paul Feyerabend, filosofo della scienza, sosteneva che l’unico corretto metodo scientifico è l’assenza di metodo.

Negli ultimi decenni il relativismo radicale della cultura occidentale si è mutato nel suo contrario: da un lato, l’assunzione della scienza a nuova religione, dall’altro l’idea che esiste un’unica verità, ovvero l’assenza di verità elevata a totem invalicabile.
A nessuno sfugge la deriva nichilistica e la disperante condizione umana che ne consegue.
Di qui, la riduzione della vita a mero fatto biologico, da preservare a ogni costo (il culto superstizioso della vaccinazione) o cancellare a richiesta (l’eutanasia), e, paradossalmente, la necessità di diffondere, ad uso delle masse impaurite, orfane di principi, private di ogni appiglio comune, nuove “verità”, cioè, per dirla chiaramente, menzogne utili al potere.

Stiamo arrivando al punto in cui, guardando un albero, ci convincono indifferentemente che è un lampione o un unicorno, chiamando pazzi e visionari quanti continuassero a chiamarlo albero, vederlo e considerarlo per quello che è.
Ci è capitato, in una discussione con un intellettuale sedicente progressista sul concetto di matrimonio, di chiedergli che cosa pensasse del fatto che a nessuna civiltà, in nessun tempo, sia venuto in mente di ritenere matrimonio l’unione tra persone dello stesso sesso. La risposta è stata raggelante e disarmante: il passato era pieno di errori, oscurità e pregiudizi, noi abbiamo finalmente raggiunto la liberazione e la verità.
Dunque, non è vero che “maschio e femmina li creò”. L’albero ha cambiato nome definitivamente e non è più un albero. Il Ministero della Verità ha vinto la sua battaglia e imposto il capovolgimento intuito da Orwell: la menzogna è diventata verità. E viceversa.

Poiché alcuni bastian contrari non sono d’accordo, la menzogna diventata neo-verità deve essere imposta, inizialmente attraverso il dispiegamento di tutto l’apparato a disposizione del potere, poi con il divieto legale di dissentire.
Montesquieu scrisse già a metà del secolo XVIII che non esiste tirannia peggiore di quella esercitata all’ombra della legge e con i colori della giustizia. Potremmo aggiungere, di quella che fa appello alla morale, a un’etica rovesciata a cui il potere finge di credere.

Un esempio è una notizia che sarebbe esilarante se non fosse la dimostrazione del bispensiero orwelliano, cioè della deliberata inversione a fini di dominio. L’Agenzia Europea del Farmaco (EMA), alto consesso di “esperti” e scienziati a cui, in tempo di virus, abbiamo consegnato la salute e quel che resta delle nostre facoltà intellettuali, sta valutando se consigliare il divieto del vaccino russo anti Covid Sputnik – utilizzato già in 59 paesi - per motivi “etici”.

Premesso che dovremmo ridere a squarciagola dell’etica di costoro come di un elogio della castità pronunciato da Cicciolina, sapete qual è la virtuosa motivazione degli alti burocrati della salute europoide?
Chi ha partecipato alle ricerche potrebbe essere stato costretto a farlo dal governo russo. Sputnik, quindi, non sarebbe un vaccino “etico”.
L’EMA, incapace di risolvere il dramma del virus, occupa il suo tempo ad indagare se “militari e scienziati russi che hanno partecipato alle ricerche, lo hanno fatto senza costrizione”. Si possono salvare vite (pare che Sputnik ci riesca) si chiede l’EMA con la mano sul cuore e una lacrima sul viso, con un vaccino che potrebbe essere stato realizzato e prodotto infrangendo “diritti”?
Evitiamo di ricordare i drammatici esiti delle prove su popolazioni del Terzo Mondo di brevetti di Big Pharma o del grande filantropo Bill Gates: troppo facile.

Evitiamo anche di ricordare le cavie – animali e umane – utilizzate largamente dalla scienza. Il problema non è il merito delle affermazioni dell’Ema, ma il fatto che vengano prese sul serio, che si giochi senza vergogna sulla vita di centinaia di milioni di europei torcendo la verità in nome – udite udite, della “morale” e dei “diritti”.
Gli interessi non c’entrano, nevvero? La menzogna ha scacciato la verità, ma è pericolosissimo affermarlo: il re è nudo, ma non lo può dire neppure il bimbo della fiaba di Andersen.

Altrettanto poco salutare è avanzare dubbi - come stanno facendo alcuni scienziati - sul principio attivo dei vaccini anti Covid scelti dall’oligarchia.
La scommessa terapeutica è legata al cosiddetto RNA messaggero, ossia a molecole di acido ribonucleico chimicamente sintetizzate che portano un messaggio al DNA delle nostre cellule. Forniscono cioè istruzioni - perdonate il linguaggio semplicistico – su quali proteine produrre.
Straordinario tentativo, da salutare con entusiasmo, senonché non vi è certezza che i vaccini mRNA non influenzino – cioè modifichino - il DNA. I più lo negano: chissà se Big Pharma ha fatto pressioni, ossia “violato diritti” affinché si diffonda questa narrazione rassicurante; fatto sta che non ci sono prove e i dubbi persistono.
E’ “etico” modificare il DNA umano, o rischiare che accada? Verità, menzogna, o menzogna che diviene verità per coazione a ripetere?

Forse il vero profeta fu Lewis Carroll, l’autore di Alice nel paese delle meraviglie, che inventò Humpty Dumpty, l’ometto a forma di uovo dal linguaggio incomprensibile.  Alla meravigliata Alice dice: quando io uso una parola, essa significa esattamente ciò che io voglio che significhi. All'osservazione di Alice, bambina semplice ma non sciocca, che le parole possono avere tanti significati, replica: “quando faccio fare a una parola un simile lavoro, la pago sempre di più”.
Le parole diventano strumenti di menzogna per i fini più loschi e indicibili. E’ la sconfitta del principio di realtà e la sua sostituzione con la “narrazione”, imposta da un implacabile dispositivo di lavaggio del cervello la cui funzione è opposta a quella delle applicazioni informatiche che “puliscono” la spazzatura nella memoria del computer.
Alla verità è sostituito il suo contrario: il grande Reset, che significa cancellazione. Penso, vedo, percepisco A, ma il dispositivo mentale traduce l’informazione al contrario: A diventa Zeta.

Chissà che non sia il caso di ritornare al vecchio reato di cui all’articolo 661 del codice penale, l’abuso della credulità popolare, derubricato a infrazione amministrativa nel momento in cui la menzogna diventa più estesa, pervasiva e proveniente. Ma l’ignoranza è forza (di chi la diffonde), spiegava Orwell.

L’appello morale diventa quindi il suo contrario, poiché arriva da chi mente sapendo di mentire, la peggiore delle immoralità.
Forniamo un altro esempio.
Nello Stato americano della Georgia, oggetto di polemiche violentissime per i possibili brogli nelle elezioni presidenziali, è stata modificata la legge elettorale. Quella nuova prevede l’accertamento con documento ufficiale dell’identità del votante. Strano o normale? La decisione della Georgia ha suscitato un’immensa levata di scudi da parte dei progressisti americani, che oggi si chiamano woke, i “risvegliati”. Ecco un’altra menzogna diventata verità: il risveglio consiste nella cancellazione della civiltà e della cultura d’origine!  Ne sono banditori le grandi corporazioni industriali e tecnologiche. Ben 1.119 tra loro, tra cui Amazon, McDonalds, Microsoft, PayPal, Uber, Airbnb, Best Buy, Capitol One, Dow, Hewlett Packard, Macy’s, Starbucks, United Airlines, Pepsi, hanno dato vita a un’incredibile “Alleanza Civica” unita nel rifiuto della nuova legge elettorale georgiana.

Il loro comunicato è un perfetto esercizio di stile orwelliano, il capovolgimento sfacciato della realtà. “Noi sosteniamo elezioni sicure, accessibili e incitiamo i nostri dipendenti e collaboratori a partecipare alla vita civica. Come imprese, siamo solidali con gli elettori nel nostro impegno non partigiano per l’uguaglianza e la democrazia. Riteniamo minacciosi i progetti di legge per rendere più difficile il voto”.
Non conoscono la vergogna: è immorale chiedere a chi si presenta a un seggio una carta d’identità e la prova di far parte delle liste elettorali, non il broglio. Il sistema è talmente forte che non solo mente spudoratamente, ma chiama apertamente male il bene.

Nello specifico, sembra una confessione di colpevolezza, la prova provata che la democrazia è oggi la più grande delle menzogne. Scelgono chi può candidarsi attraverso meccanismi preventivi fatti per escludere, scelgono gli eletti (chi riceve finanziamenti e appoggi). Ora scelgono anche gli elettori. Il prossimo passaggio – la finestra di Overton non è ancora spalancata, ma ci stanno lavorando – sarà abolire anche la pallida democrazia rappresentativa, che rappresenta non i popoli, ma l’oligarchia. O forse no, meglio che la gente menta a se stessa, credendo di vivere nella libertà.

Facile ingannare se si è padroni delle carte, si dettano le regole del gioco e si scelgono i giocatori. Arduo far capire l’enormità dell’operazione e il pericolo mortale. Si sentono tanto forti da divulgare con chiarezza i loro intenti. Tanto non capiremo o applaudiremo l’imbroglio.
L’Agenda 2030 dell’ONU, il Grande Reset del Forum di Davos hanno messo le carte in tavola, ma la verità non è stata presa sul serio.  Le prove sono innumerevoli, anche se a esporle ci sentiamo come Sisifo al termine della sua fatica. Sisifo era il più scaltro e astuto ingannatore, ma nell’orizzonte mentale greco, nessuno poteva sfidare attraverso la hybris, la dismisura, la collera degli dèi. La punizione fu terribile: spingere eternamente un masso dalla base alla cima di un monte. Ogni volta che raggiungeva la cima, la pietra rotolava e Sisifo doveva ricominciare l’inutile scalata.

Alex Pentland, direttore del Laboratorio di Dinamiche Umane del celebre MIT (Massachusetts Institute of Technology), consigliere del Foro Economico Mondiale, di grandi multinazionali, destinatario di ingenti finanziamenti dalle maggiori ONG del mondo, ha affermato di avere la soluzione dei problemi dell’umanità.
Non è un pazzo o un ciarlatano, ma uno scienziato che lavora alla modifica inconscia dei comportamenti umani. Ha formulato una nuova scienza sociale computazionale basata sulla matematica, sull’aggregazione di dati e metadati, che ha chiamato Fisica Sociale, come un testo del filosofo positivista del XIX secolo Auguste Comte.
Attraverso le informazioni tratte dalle numerose fonti di raccolta di dati personali esistenti - telefoni, reti sociali, carte di credito, Internet, posta elettronica - essa permette la previsione più accurata dei comportamenti umani e sociali, superando la sociologia della conoscenza di Max Scheler, intendendola come miniera della realtà in grado di prevedere ogni nostra condotta.
Il “principio di influenza sociale” permetterà di sapere perché si prendono le decisioni e di anticiparle, non tanto per coazione, interesse razionale o persuasione, ma per imitazione. Così, in base a una vaga epistemologia comportamentista, faremo spontaneamente ciò che i padroni universali vorranno. In anni più sinceri, si chiamava lavaggio del cervello. Oggi è scienza, predizione, progresso.

I nuovi demiurghi cibernetici rivelano cinicamente di essere in grado di farci fare ciò che vogliono. Lo chiamano, con il moralismo peloso e invertito di cui sono maestri, “orientare le masse verso obiettivi adeguati”. Ci riuscì assai bene anche il pifferaio di Hamelin dei fratelli Grimm. Si presentano come “filantropi”, una delle parole più sospette e invertite del nostro tempo. Apostoli del Bene capovolto, sanno di poter contare, per il successo dei loro progetti, su un’umanità rotta a ogni menzogna.
Viene in mente il lupo di Cappuccetto Rosso: che orecchie grandi hai. E’ per sentirti meglio. Che occhi grossi! Per vederti meglio. La verità era nella domanda finale: nonna, che bocca grande hai. E’ per divorarti meglio! Cappuccetto Rosso se la cavò, ma era una fiaba.

Se ciò che ci viene proposto – cioè imposto - ha il marchio della scienza e il respiro del progresso, lo accogliamo con entusiasmo infantile. La scienza è “verità” e pazienza se proprio la parte più alta e speculativa della scienza ha riconosciuto da tempo i suoi limiti. Pensiamo al principio di indeterminazione di Heisenberg, al teorema di incompletezza di Goedel, alla fisica quantistica che ha introdotto il concetto di probabilità e enunciato l’assurdo logico del gatto di Schroedinger, morto e vivo nella scatola, “a certe condizioni”.
Sofismi, eccesso di complessità per l’uomo postmoderno dal ragionamento binario, sequenze di zero e uno come in informatica.
Facile imporre la menzogna e travestirla da verità in salsa moraleggiante. I lupi non si prendono più il disturbo di mascherarsi da nonnina di Cappuccetto Rosso.

Alla luce di quanto detto, è evidente che il tema della verità e della menzogna non è un ozioso gioco di parole per filosofi o una sterile diatriba bizantina sul sesso degli angeli, ma un concretissimo strumento di inganno e dominio. Per proseguire la battaglia della verità occorrono la pazienza di Giobbe, l’eloquenza di Cicerone e il coraggio di Don Chisciotte, poiché i giganti nemici si sono travestiti da mulini a vento. Speriamo che avesse ragione Abramo Lincoln: si può ingannare qualcuno per sempre e tutti per un po’, ma non si possono ingannare tutti per sempre.         




aprile 2021

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