Una reliquia sconosciuta e sorprendente

di Don François-Marie Chautard, FSSPX



Le immagini sono nostre




Il Volto Santo di Manoppello


A est di Roma, nella bella regione degli Abruzzi, che si affaccia sul mare Adriatico, si trova un paesino incantevole la cui più grande ricchezza è il possesso di un’insigne reliquia: il Volto Santo di Manoppello.

L’aspetto

Chi entra nel santuario può vedere in cima all’altar maggiore, un reliquiario di vetro, attraverso il quale si può vedere il volto di Cristo. Il velo ha le dimensioni di un volto: 24 x 17,50 cm. L’occhio è immediatamente attratto dallo sguardo di Cristo, dove si nota una dolcezza velata di tristezza. La bocca di Cristo è semiaperta e il suo viso è segnato da diverse macchie scure. È il volto di un uomo dei dolori.

A prima vista, si può essere sorpresi o addirittura urtati dalla mancanza di bellezza di questo volto santo, il che è sconcertante quando si conosce la maestosità del volto della Sindone di Torino rivelata dalla fotografia di Secondo Pia del 1898 e dai lavori tridimensionali della NASA. Ma quando si guarda più da vicino questo Volto Santo, si rilevano diverse caratteristiche sorprendenti.

Per prima cosa, questo velo è bifronte. Un po’ come un negativo fotografico che può essere visto da entrambi i lati, un caso unico al mondo. Poi, il velo può assumere una trasparenza quasi totale a seconda dell’esposizione alla luce; tale che si può leggere un giornale posto dietro questa immagine. Poi, sempre a seconda della luce, il viso assume fisionomie diverse: lo sguardo sembra cambiare fino a scomparire.
Cos’è questa strana reliquia? Da dove viene? Qual è la sua storia? Sarà un’autentica reliquia della Passione?

La storia

Tornando indietro nel tempo, il velo apparve sicuramente a Manoppello nel 1645, quando il suo culto pubblico fu ufficialmente autorizzato. Qualche anno prima, nel 1638, Antonio de Fabritiis l’aveva donato ai Cappuccini, secondo la Relatione historica di P. Donato da Bomba, scritta nel 1640. L’autore precisa che Antonio de Fabritiis aveva acquistato la reliquia tra il 1618 e il 1620 da Marzia Leonelli, una discendente del dottor Giacomantonio Leonelli, che l’aveva ricevuta da un pellegrino nel 1506.

Lo storico, che ha lavorato sulla base di dati certi, avanza poi delle congetture.
In precedenza, il velo si sarebbe trovato a Roma a partire dal 704, dopo essere rimasto a Costantinopoli dal 574, proveniente dall’Egitto dove era stato per trent’anni (cioè nel 544). Il velo ha poi lasciato Edessa, dove era stato conservato a causa della persecuzione di Giuliano l’Apostata nel 361, quando era stato allontanato da Roma per precauzione. San Pietro l’aveva ricevuto dall’Apostolo Giuda, a cui era stato affidato dalla Vergine Maria.
Questa la ricostruzione dell’itinerario del Santo Volto [1].

Altre date più recenti sono degne di nota. Dal 1690 una solenne processione in onore del Santo Volto si svolge nelle strade del villaggio. Nel 1703, avvenne un fenomeno curioso: Padre Bonifacio, superiore di Manoppello, decise di sostituire la cornice di legno della reliquia con una d’argento. Sorprendentemente, non appena la reliquia fu rimossa dalla cornice di legno e messa in quella d’argento, l’immagine scomparve. Rimessa nel suo umile supporto, il volto riapparve. Da allora, è stata trovata una soluzione intermedia: una cornice d’argento sostiene la cornice di legno.

Molti secoli prima, Eraclio, l’imperatore che aveva preso la croce di Cristo ai persiani nel 629, aveva vissuto una lezione divina dalle stesse caratteristiche. Vestito con le sue vesti imperiali, si era dimostrato incapace di sollevare la croce di Cristo finché non avesse indossato un abito più consono alla povertà del divino Crocifisso.

Nel 1718, Clemente XI accordò un’indulgenza plenaria, e degli ex-voto testimoniano le grazie ottenute dai pellegrini. Nel 2006, Benedetto XVI, venuto in pellegrinaggio a Manoppello, elevò la chiesa al rango di Basilica.

Le ricerche scientifiche

Se la storia sembra confusa, come spesso accade quando si tratta di seguire le tracce di una reliquia le cui tappe cronologiche sono state raccolte molto tardi, la scienza ha informazioni più precise ed è senza dubbio più convincente per le persone del XXI secolo appassionate di dettagli materiali e tecnologici.

Il materiale: il bisso marino

Questo piccolo velo sorprende per il materiale con cui è fatto: il bisso. Esistono tre tipi di questo lino: lino, seta e seta di fibre di conchiglia. Il velo di Manoppello è di quest’ultimo tipo. I fili di questo tessuto sono ottenuti dai fili con cui un grande mollusco, la Pinna nobilis, una specie di grande cozza, è fissata al fondo del mare. Questi fili sono molto fini e forti. Sono naturalmente di colore marrone. Hanno la proprietà di non poter essere dipinti. La vernice non tiene e si stacca dal tessuto pochi minuti dopo essere stata applicata.

L’unico modo per tingere il tessuto è quello di cuocerlo nella vernice, ma nel nostro caso il tessuto è monocromatico. Per creare un disegno policromatico col bisso marino, è necessario utilizzare diversi fili di colori diversi tinti precedentemente.

Inutile dire che questo tipo di velo è prezioso. Ha anche una strana reattività alla luce. Se posto in controluce, il velo è trasparente. Alla luce del sole, assume una tonalità dorata così brillante che sembra essere tessuta con fili d’oro. Questo tessuto è tanto più sconosciuto ai nostri giorni in quanto è rimasta solo una persona che sa tessere il bisso marino, Chiara Vigo. Chiamata al Volto Santo, ha riconosciuto facilmente il tessuto marino. “Quello che non capiva, però, era come si potesse tessere un filo così sottile. Le irregolarità del tessuto le fecero pensare che fosse stato tessuto su un telaio di legno e non su un filatotio. Ma nel primo secolo, la gente sapeva come fare tessuti così fini: ne sono stati trovati sulle mummie.” [2]

Naturalmente, il velo di Manoppello è stato osservato al microscopio, per vedere se le fibre erano ricoperte di pittura; ma non ce n’era. Secondo il Prof. Donato Vittore, chirurgo ortopedico e traumatologo dell’Università di Bari, nessun pigmento appare su questo velo policromo. Solo alcuni depositi marroni residui (sangue?) appaiono qua e là. Possono essere viste alcune bruciature - come una bruciatura simile a quella della Sindone di Torino - specialmente sul cerchio degli occhi. Una tecnica (la lampada di Wood) è stata anche usata per vedere se c’era qualche composizione materiale aggiunta al materiale naturale del velo. La risposta è chiara: non c’è traccia di alcuna sostanza sintetica sul velo.

Attualmente, è impossibile spiegare scientificamente la composizione di questa immagine. In realtà, siamo di fronte a un’immagine archeopoietica, cioè un'immagine non dipinta da mani umane.

La storiografia

Suor Blandina Paschalis Shlömmer ha anche realizzato uno studio iconografico molto sorprendente.
Confrontando l’immagine di Manoppello con molte rappresentazioni antiche del volto di Cristo, ha scoperto somiglianze estremamente sorprendenti tra loro, tendenti a dimostrare che il Santo Velo era servito come modello per molte figure antiche. La somiglianza è così grande che le immagini del Santo Velo possono essere sovrapposte a molte altre rappresentazioni. Il risultato è affascinante.

Il confronto con la Sindone di Torino e la Sindone di Oviedo

Ma lo studio più sorprendente fino ad oggi è il confronto tra il Velo di Manoppello, la Sacra Sindone di Torino e la Sindone di Oviedo. Quando si sovrappongono le tre immagini, esse si adattano mirabilmente e si sostengono a vicenda, dando un’immagine ancora più vivida del volto di Cristo. Le stesse dimensioni, al millimetro, con caratteristiche simili: barba strappata, naso rotto. Solo una differenza importante: la sindone di Torino porta il segno delle monete sulle palpebre di Gesù. Il velo mostra un Cristo con gli occhi aperti. Saremmo allora davanti al volto di Cristo quando apre gli occhi prima di rendere glorioso il suo corpo divino?

Secondo Padre Pio: «il Volto Santo di Manoppello è certamente il più grande miracolo che abbiamo sotto gli occhi» (3).

Ovviamente, rimangono molte domande. Sulla storia di questa reliquia, sulla sua identità con il velo della Veronica. A parte gli studi iconografici, fotografici e microscopici, il velo non è stato oggetto di altre analisi scientifiche. Nessun frammento di questo velo, ancora sconosciuto, è stato rimosso e analizzato.

Auguriamoci che il futuro ci porterà qualche felice sorpresa su questa reliquia sulla quale ci sono ancora alcuni commenti da fare.

Lo sguardo del divino agnello

Il primo è che questa reliquia della Passione di Cristo - poiché ci sono tutte le ragioni per credere che di questa si tratta - ci fornisce l’unica riproduzione dello sguardo di Cristo.

Se si è potuto notare con il Padre Calmel che «La sola immagine che Gesù ci ha lasciata di Sé non è quella del Suo viso trasfigurato sul Tabor, ma questo volto la cui bellezza è velata dalle umiliazioni e dalla morte in Croce» (4), si può aggiungere che l’unico sguardo che Cristo ci ha lasciato è lo sguardo amoroso e doloroso della Sua passione, lo sguardo, non del sommo giudice, non del trasfigurato, non del divino maestro che predica le beatitudini, ma quello dell’Agnello immolato.


NOTE
 
1. Per saperne di più sugli argomenti che fondano questa ricostruzione, vi veda
(suor) Blandina Paschalis Shlömmer, Jésus-Christ Agneau et Beau Pasteur, Face à face avec le Voile de Manoppello, Librim concept, 2015, in particolare p. 92.
2 – (suor) Blandina Paschalis Shlömmer, Jésus-Christ Agneau et Beau Pasteur, Face à face avec le Voile de Manoppello, Librim concept, 2015, p. 75.
3 - Citato nell’eccellente opera La Passion de Jésus-Christ, éd. du MJCF, 2012, p. 64.
4 - Père Roger-Thomas Calmel, « Si ton œil est simple » ; citato da  Le Sel de la terre, n° 12 bis, maggio1995, p. 224


  



Basilica del Volto Santo - Manoppello





aprile 2021
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