Piccolo catechismo
della Comunione sulla mano



di Don Daniele Di Sorco, FSSPX


Pubblicato sul Bollettino L'Ermine n° 61 e
ripreso dal sito francese della Fraternità
 La Porte Latine







In questi mesi, le autorità della Chiesa «conciliare» si appoggiano sull’epidemia del Covid-19 per incoraggiare o imporre la pratica di ricevere la Santa Eucarestia sulle mani.
Di contro, si diffondono molte pubblicazioni che pretendono di provare che la Comunione è sempre stata ricevuta sulla lingua, anche nei primi secoli della Chiesa.
Che pensarne?
Su internet si trovano molti documenti che per difendere la Comunione sulla lingua usano argomenti fasulli.
E’ necessario, dunque, esaminare la questione in profondità, senza tuttavia scartare lo stile semplice di un catechismo. Così, abbiamo deciso di includere solo le conclusioni principali nel testo, relegando l’intero apparato critico delle prove alle note finali.

1 – Cos’è oggi la Comunione sulla mano?

La Comunione sulla mano è una pratica della liturgia romana riformata dopo il concilio Vaticano II. Il prete (o un altro ministro dell’Eucarestia che nella nuova liturgia può anche essere un laico (1)), depone l’Ostia sul palmo della mano sinistra del fedele, il quale dopo la prende con la mano destra e la porta in bocca.

2 - Quando è stata introdotta questa pratica?

La pratica attuale della Comunione sulla mano è stata introdotta ufficialmente il 29 maggio 1969 con l’Istruzione Memoriale Domini della Sacra Congregazione per il Culto Divino (2). Questo documento, pur esprimendo una preferenza per la Comunione sulla lingua, affida alle Conferenze Episcopali il potere di autorizzare la Comunione sulla mano, dopo aver consultato il Vaticano.

3 – Si tratta di una semplice tolleranza o di una vera autorizzazione?

Certi autori, sulla base della lettera dell’Istruzione Memoriale Domini, vedono nella Comunione sulla mano un male che il Vaticano avrebbe tollerato solo a causa delle circostanze. In effetti, in certi paesi (soprattutto in Belgio, in Olanda, in Francia e in Germania) la Comunione sulla mano era già stata introdotta abusivamente. Piuttosto che dare adito ad una sperimentazione anarchica, il Vaticano avrebbe preferito accettarla e regolamentarla.
Questa benevola interpretazione è tuttavia contraddetta dai fatti. In effetti, se si fosse trattato di una semplice tolleranza, il Vaticano avrebbe dovuto scoraggiare la Comunione sulla mano in quei paesi ove non si era ancora diffusa. E’ accaduto il contrario. Per esempio, la Comunione sulla mano è stata autorizzata in Italia nel 1989, in Argentina nel 1996, in Polonia nel 2005. D’altronde, Mons. Annibale Bugnini, Segretario della Congregazione per il Culto Divino, ha precisato le intenzioni del Vaticano in un articolo pubblicato il 15 maggio 1973 su L’Osservatore Romano, e rivisto dallo stesso Paolo VI (3): non mortificare «un numero importante di vescovi che si riferiscono all’uso [la Comunione sulla mano] ugualmente valido nella storia della Chiesa e che in certe circostanze può rivelarsi utile anche oggi». Ora, «valido» e «utile» si dicono non per un male che si tollera, ma per un bene che si autorizza. La conclusione che si impone è che non si è trattato di semplice tolleranza, ma di una vera autorizzazione, anche se in modo limitato.

4 – La Comunione sulla mano è stata praticata altre volte nella storia della Chiesa?

Sì, la Comunione sulla mano è stata praticata altre volte nella storia della Chiesa. Come vedremo, essa è anche stata la maniera più comune di ricevere l’Eucarestia nei primi secoli. Tuttavia, nella Chiesa antica, la Comunione sulla mano si praticava in maniera molto diversa rispetto ad oggi. In più, il passaggio dalla Comunione sulla mano alla Comunione sulla lingua è stato generale e si fondava su delle ragioni decisive, così che non c’è alcun motivo valido per tornare indietro.

5 – Come si sa che nei primi secoli della Chiesa la Comunione era ricevuta normalmente sulla mano?

Noi sappiamo che nei primi secoli della Chiesa la Comunione era ricevuta normalmente sulla mano grazie alla testimonianza di diversi Padri e scrittori ecclesiastici. Per esempio, San Cirillo di Gerusalemme (313-387) scrive: «Quando ti avvicini alla Santa Tavola, non farlo con le palme delle mani distese né con le dita disgiunte, ma fai della tua mano sinistra un trono per la mano destra, poiché essa deve ricevere il Re, e nel cavo della tua mano ricevi il Corpo di Cristo dicendo “Amen”». Questo testo è estratto dalla sua quinta Catechesi mistagogica, che risale all’anno 348 (4).
In Occidente, Tertulliano (155-230) (5) il Papa San Cornelio (180-253) (6), una iscrizione dell’inizio del III secolo (7), San Cipriano di Cartagine (210-258) (8) e Sant’Agostino (354-430) (9), attestano lo stesso uso. «Le antiche testimonianze, scritte o archeologiche, sono unanimi su questo punto» ( 10).

6 - Non ci sono autori della stessa epoca che parlano della Comunione sulla lingua?

Si sono fatti i nomi di San Basilio (329-379), di Papa Leone I (390-461) e di Papa San Gregorio Magno (540-604). Tuttavia, le loro testimonianze non sembrano contraddire la pratica generale della Comunione sulla mano (11).


7 – Il rito della Comunione sulla mano nei primi secoli era lo stesso di quello di oggi?

No. Il rito della Comunione sulla mano nei primi secoli non era lo stesso di quello di oggi. Anticamente, i laici dovevano lavarsi le mani giusto prima di comunicarsi (12). In più, le donne, almeno in Gallia, potevano toccare l’ostia soltanto con la mano coperta da un piccolo lino bianco (13). Si faceva molta attenzione che nessun frammento cadesse a terra, cosa che all’epoca era più facile poiché il Pane eucaristico era lievitato. San Cirillo di Gerusalemme (cfr, n° 5) dice esplicitamente: «Stai attento a non fare cadere niente, poiché quello che ti scapperebbe sarebbe come qualcosa delle tue stesse membra che si perderebbe» (14).
Tutte disposizioni che non sono previste dal nuovo rito della Comunione sulla mano.

8 – Quando si è passati dalla Comunione sulla mano alla Comunione sulla lingua?

Si è passati dalla Comunione sulla mano alla Comunione sulla lingua nel corso del IX secolo (15). E’ possibile che quest’uso sia cominciato un po’ prima, ma le testimonianze che possediamo non sono decisive e probabilmente riguardano dei casi particolari, come la Comunione ai malati (16).

9 – Perché si è sostituita la Comunione sulla mano con la Comunione sulla lingua?

In primo luogo perché più o meno alla stessa epoca in Occidente si è cominciato ad utilizzare per l’Eucarestia il pane azzimo, cioè senza lievito (17). Ora, se da un lato questo pane è più facile da maneggiare e si attacca più facilmente alla lingua, dall’altro lato è suscettibile di produrre più frammenti. A questo bisogna aggiungere che il fervore delle origini era diminuito e il cristianesimo era diventato una religione di massa: è tra il V e il IX secolo che la Chiesa «generalizza l’ammissione dei bambini al battesimo, la loro perseveranza non suscitava più alcuna inquietudine» (18). Il rischio di dispersione dei frammenti era dunque aumentato. E’ per questo che la Chiesa, sia in Occidente, sia in Oriente era passata molto rapidamente alla Comunione sulla lingua, che evitava questo pericolo (19).

In secondo luogo perché nel corso del IX secolo si assistette ad un aumento del rispetto e della venerazione per il Santo Sacramento. Questo fenomeno è anche testimoniato dall’introduzione, un po’ più tardi,  del costume di ricevere la Comunione in ginocchio (20). La Comunione sulla lingua si inscrive in questo movimento di fervore eucaristico. Si riteneva che essa esprimesse in maniera diretta e più esplicita il mistero della Presenza Reale, che i fedeli ricevevano per mano del prete o del diacono, soli ministri per questo Sacramento.

10 – Visto che la Chiesa ha autorizzato la Comunione sulla mano fino al IX secolo, non sarebbe legittimo oggi ritornare a quest’uso?

No. E questo per due ragioni.
In primo luogo perché questo equivarrebbe a fare dell’archeologismo. L’archeologismo è l’attitudine di «colui che vorrebbe ritornare agli antichi riti e costumi, rigettando le norme introdotte sotto l’azione della Provvidenza, in ragione del cambiamento delle circostanze». Queste sono parole di Pio XII nella sua enciclica Mediator Dei (20 novembre 1947). Il Papa condanna questa mentalità paragonandola a quella di chi vorrebbe ritornare alle formule dei primi Concilii, scartando le espressioni più recenti della dottrina cattolica. «Un antico uso – precisa il Papa –  non è, a motivo soltanto della sua antichità, il migliore sia in se stesso sia in relazione ai tempi posteriori ed alle nuove condizioni verificatesi. Anche i riti liturgici più recenti sono rispettabili, poiché sono sorti per influsso dello Spirito Santo che è con la Chiesa fino alla consumazione dei secoli, e sono mezzi dei quali l’inclita Sposa di Gesù Cristo si serve per stimolare e procurare la santità degli uomini (21).

In secondo luogo perché il passaggio da un rito che esprime più rispetto per l’Eucaristia a uno che ne esprime meno indebolisce la fede nella Presenza Reale e apre la porta agli abusi e ai sacrilegi attraverso la dispersione dei frammenti e il furto di Ostie. L’esperienza quotidiana della liturgia post-conciliare lo dimostra fin troppo bene. Per fare solo un esempio, nel 1994 negli Stati Uniti solo il 30% dei cattolici sotto i 45 anni credeva nella Presenza Reale (22).

11 – Non sarebbe possibile accordare la Comunione nella mano almeno in circostanze molto particolari, come nel caso di un’epidemia?

Occorre subito precisare che non esiste alcuna prova scientifica che dimostri che la Comunione sulla lingua esponga alla contaminazione più che la Comunione sulla mano. Anche se fosse così non sarebbe ugualmente legittimo distribuire la Comunione sulla mano. Le ragioni che abbiamo esposte al n° 10 sono più importanti di ogni considerazione sanitaria, poiché evitare la dispersione dei frammenti, i sacrilegi, il pericolo di indebolire la fede nella Presenza Reale è un bene più grande della salute del corpo. Solo nel caso in cui fosse scientificamente dimostrato che la Comunione sulla lingua aumenti considerevolmente il rischio di contaminazione di una malattia molto grave, l’autorità ecclesiastica potrebbe considerare una soluzione alternativa, senza mai permettere, tuttavia, l’uso della Comunione sulla mano.

NOTE

1Ordinamento generale del Messale Romano, nn° 98 e 100.
2 – Traduzione francese, commento e storia del documento: cfr. La communion sur la main, supplemento a « Itinéraires », n. 163, maggio 1972.
3 – Cfr. «Si si, no no» 30 novembre1989, p. 3.
4 – Benché la maggior parte degli studiosi pensano che l’autore delle Catechesi mistagogiche sia San Cirillo, certi preferiscono attribuirle al suo successore sulla sede di Gerusalemme, Giovanni († 417). Recentemente su dei siti internet si pretende che l’ortodossia di questi sia sospetta e il rito della Comunione sulla mano da lui descritto sarebbe una sua personale innovazione. Certo, Giovanni di Gerusalemme ha avuto delle simpatie per Origene e ha protetto Pelagio, ma è per lo meno dubbio che abbia aderito alle dottrine eretiche di costoro. D’altronde, nessuno degli errori che gli attribuiscono i suoi contemporanei riguarda l’Eucarestia. Di conseguenza, anche se si considera che l’autore delle Catechesi mistagogiche sia Giovanni, niente prova che il rito di ricevere la Comunione sulla mano sia stato introdotto da lui in opposizione con la pratica liturgica comune. Un tale cambiamento non avrebbe mancato di suscitare le critiche dei suoi avversari, specialmente di quelli, come San Gerolamo, che si sono opposti a lui nella controversia origenista. Si è fatto notare che nel rito della Comunione descritto nella quinta Catechesi mistagogica si è di fronte ad una pratica bizzarra. Cosa che sarebbe la prova che questo testo non descrive la pratica normale della Chiesa. Ecco il passo in questione: «Dopo aver prudentemente santificato i tuoi occhi con il contatto col Corpo sacro, mangialo». Tuttavia, l’argomento non vale granché, poiché questo costume, per strano che possa apparire, è menzionato anche da San Clemente d’Alessandria (150-215)
e da Aphraate di Siria (280-345). Cfr. M. RIGHETTI, Manuale di storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 423; J.-A. JUNGMANN, Missarum sollemnia, t. III, Paris, Aubier, 1958, p. 312, nota 35. – Su tutta questa questione cfr. J. QUASTEN, Initiation aux Pères de l’Eglise, tr. fr., t. III, Paris, Cerf, 1963, pp. 512-517 ; B. ALTANER, Patrologia, tr. it, Torino, Marietti, 1981, pp. 321-322 ; A. FLICHE-V. MARTIN (dir.), Histoire de l’Eglise, t. IV, Paris, Bloud et Gay, 1937, pp. 31-46 et 94-98.
5 – […] gemendo nel vedere un cristiano [...] avvicinarsi al corpo di nostro Signore con mani che danno corpi ai demoni» (De idolatria, VII). Tertulliano parla qui dei fabbricanti di idoli che diventano cristiani senza abbandonare il loro mestiere.
6 - «Infatti, quando [l’eretico Novato] ha fatto le offerte eucaristiche e distribuisce la porzione a ciascuno e gliela consegna, costringe gli sventurati a giurare invece di rendere grazie; prende in entrambe le mani quelle di chi ha ricevuto la sua porzione, e non li lascia andare finché non abbiano giurato con queste parole - uso le sue parole -: “Giurami, sul sangue e sul corpo di nostro Signore Gesù Cristo, che non mi abbandonerai mai, né tornerai da Cornelio”. E lo sventurato non può gustare [il Santissimo Sacramento] se prima non si è maledetto, e invece di dire “Amen”, nel ricevere questo pane, dice: “Non tornerò da Cornelio”» (in EUSEBIO, Historia ecclesiastica, VI, 43, 18).
7 – Si tratta dell’iscrizione di Pretorius, scritta in greco e ritrovata nel 1839 in un antico cimitero di Autun. Vi si legge: « Ricevi questo cibo dolce come il miele dal Salvatore dei santi, mangia con gioia tenendo l’Ichtus nelle tue mani». Ichtus è un termine greco che significa «veleno» [nota del curatore], ma che era utilizzato dai cristiani come l’acronimo di «Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore». Cfr. H. LECLERCQ, Autun (archéologie), in Dictionnaire d’archéologie chrétienne et de liturgie, t. I/2, Paris, Letouzey et Ané, 1907, col. 3194-3198.
8 - « Un cristiano, che ha lasciato i sacrifici idolatrici, viene all’altare del Signore; osa, con gli altri, ricevere l’Eucaristia; ma non può portarla alla bocca e aprendo le sue mani vi trova solo della cenere» (De lapsis, 26).
9 - «Ma allora, perché si è avvicinato per fare la sua offerta al Signore? Perché i presenti ricevono sulle mani giunte ciò che egli ha offerto nonostante i suoi vizi e le sue contaminazioni?» (Contra epistulam Parmeniani, II, 7, 13).
10 - M. RIGHETTI, Manuale di storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 422.
11 – Il passo di San Basilio richiamato a favore della Comunione sulla lingua è il seguente: «Non è grave se, fuori dai tempi di persecuzione, in assenza di un sacerdote o di un diacono, qualcuno è obbligato a comunicarsi con le proprie mani» (Epist. 93). Queste parole non fanno che attestare l’uso, ancora vigente all’epoca,  di comunicarsi da se stessi in assenza di un ministro sacro. Esse non suggeriscono in alcun modo che in presenza del prete o del diacono la Comunione veniva data sulla lingua. Il seguito della lettera afferma l’esatto contrario: «Anche in chiesa, quando il sacerdote dà a ciascuno la sua parte, colui che la riceve la tiene con pieno potere su di essa, e così se la porta alla bocca con la sua mano» - San Leone si limita a dire: «quello che noi crediamo per la fede, lo riceviamo per la bocca» (De ieiunio septimi mensis, 3). Chi non vede la debolezza dell’argomento? Anche nel rito attuale della Messa il celebrante dice: «Che conserviamo con spirito puro, o Signore, ciò che abbiamo ricevuto con la bocca» E tuttavia egli ha toccato il Santo Sacramento con le sue mani! – Di contro, il testo di San Gregorio è più pertinente. Egli parla di un miracolo compiuto da Sant’Agapeto I (535-536). Gli si presenta un uomo zoppo e muto. Dopo aver celebrato la Messa, il Papa «lascia l’altare, prende la mano dello zoppo e davanti a tutti i presenti lo solleva da terra e lo fa tenere in piedi con le sue gambe. Poi gli mette in bocca il Corpo del Signore e la sua lingua, muta per tanto tempo, si scioglie, pronta ad articolare delle parole» (Dialoghi, III, 3). Tuttavia, questo episodio è troppo particolare per testimoniare una pratica comune. Poiché lo zoppo non poteva stare in piedi, sarebbe stato impossibile dargli la Comunione sulla mano. L’unica soluzione era di mettergliela direttamente nella bocca. Questo doveva essere l’uso abituale per i malati. Ma niente prova che lo stesso valeva per i sani.
- Più di due secoli e mezzo dopo, Giovanni Diacono (825-880) afferma che San Gregorio rifiutò la Comunione ad una signora romana a causa del suo atteggiamento irriverente «togliendo la mano dalla sua bocca (Vita S. Gregorii, II, 41). Ma la formula impiegata per dare la Comunione, che non risale a prima del IX secolo, dimostra che l’autore ha probabilmente proiettato all’epoca di San Gregorio gli usi liturgici del suo tempo. Certi pensano anche che tutto il racconto sia leggendario. Cfr. J.-A. JUNGMANN, Missarum sollemnia, t. II, Paris, Aubier, 1952, p. 305, note 2.
12 - Cfr. J.-A. JUNGMANN, Missarum sollemnia, t. III, Paris, Aubier, 1958, p. 313, in cui si menzionano, in nota (n. 43), le testimonianze di Sant’Attanasio (295-373), San Giovanni Crisostomo († 407) e San Cesario d’Arles (470-543).
13 - Cfr. J.-A. JUNGMANN, Missarum sollemnia, t. III, Paris, Aubier, 1958, p. 313, in cui si menzionano, in nota (n. 47), le testimonianze di San Cesario d’Arles (470-543) e del sinodo di Auxerre (578 o 585).
14Catechesi mistagogiche, V, 21 – Questo è l’insegnamento comune dei Padri della Chiesa. Per dei riferimenti precisi cfr. A. SCHNEIDER, Dominus est, Perpignan, Artège, 2008, II, ch. IV.
15 – Raccontando la vita di San Caedmon, frate laico (attivo fra il 657 e il 684), San Beda il Venerabile (673-735) parla della Comunione sulla mano come di una pratica ancora normale alla sua epoca: «Egli dice [San Caedmon]: “portatemi l’Eucarestia”. Dopo averla ricevuta sulla mano egli interroga i presenti se fossero tutti in pace con lui […] – I primi attestati sicuri di un uso generalizzato della Comunione sulla lingua risalgono ai primi decenni del IX secolo. « Un sinodo di Cordova (839) condannò la setta dei Cassianiti che rifiutavano di ammettere che l’Eucaristia fosse messa sulle labbra dei comunicanti (J.-A. JUNGMANN, Missarum sollemnia, t. III, Paris, Aubier, 1958, p. 314, note 52). A Rouen un concilio celebrato intorno all’878 stabilì che il sacerdote «deve distribuire l’Eucarestia ai laici e alle donne, non sulla mano, ma solo sulle labbra» (Cfr. ibidem, testo).
16 - Cf. J.-A. JUNGMANN, Missarum sollemnia, t. III, Paris, Aubier, 1958, p. 314, nota 51. – Si allega in senso contrario il canone 2 di un concilio celebrato, si dice,  à Rouen verso il  650 (testo in G. D. MANSI, Sacrorum Conciliorum nova amplissima collectio, t. X, Firenze, Zatta, 1764, col. 1199-1200 ; cfr. col. 1204-1206). Tuttavia la datazione è molto dubbia e la maggior parte degli studiosi recenti pensano che l’assemblea in questione ebbe luogo solo nel IX secolo. Cfr. M. AUGÉ, A proposito della comunione sulla mano, in « Ecclesia orans » 8 (1991) 293-304.
17 - Cfr. J.-A. JUNGMANN, Missarum sollemnia, t. II, Paris, Aubier, 1952, p. 306-307.
18 - R. BÉRAUDY, L’initiation chrétienne, in A.-G. MARTIMORT (dir.), L’Eglise en prière, Tournai, Desclée et Cie, 1961, p. 594.
19 – Tale è anche il pensiero di J.-A. JUNGMANN, Missarum sollemnia, t. III, Paris, Aubier, 1958, p. 315.
20 - Cfr. M. RIGHETTI, Manuale di storia liturgica, vol. III, Milan, Ancora, 1949, p. 425; J.-A. JUNGMANN, Missarum sollemnia, t. III, Paris, Aubier, 1958, p. 308-309.
21 – Non si deve confondere l’archeologismo con l’attaccamento alla tradizione. L’archeologista rifiuta lo sviluppo omogeneo della dottrina e della liturgia cattoliche, cioè il processo per cui la fede e il culto, pur rimanendo gli stessi nella sostanza, sono espresse in modo sempre più chiaro, più esplicito, più definito. Di contro, colui che è attaccato alla tradizione rifiuta lo sviluppo non omogeneo della dottrina e del culto, sviluppo col quale si modificano la fede e il culto nella loro sostanza o le si fa passare dal più chiaro al meno chiaro, dal più esplicito al meno esplicito, dal più definito al meno definito: è il caso delle dottrine e della liturgia del Vaticano II.
22 - K.C. JONES, Index of Leading Catholic Indicators, Roman Catholic Books, 2003.

 



maggio 2021

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