Il Cardinale Marx si rivela


Articolo della Fraternità San Pio X








Lo scorso 5 maggio, il cardinale Reinhard Marx, membro del C6 – il consiglio speciale di cardinali di Papa Francesco – e arcivescovo di Monaco e di Frisinga, ha concesso un’intervista a Publik-Forum, giornale cattolico in linea, di tendenza nettamente modernista.

Tra i temi discussi, il progresso dell’ecumenismo, il cammino sinodale - che il cardinale ha lanciato - la diffidenza di Roma verso questo percorso, e gli abusi nella Chiesa. Davanti a questo pubblico selezionato, il porporato ha risposto con grande libertà.


La Chiesa non sa cosa sia

I due giornalisti che conducevano l’intervista hanno iniziano chiedendo dei «diktat di Roma» che, secondo loro, ostacolano il progresso dell’ecumenismo.

Il cardinale afferma che l’ecumenismo non può regredire e ripete i luoghi comuni: «consenso differenziato», «unità visibile nella diversità riconciliata».
O come far convivere gli opposti. Ma una frase vale la pena di essere riportata: «Non abbiamo un chiaro modello di unità a cui aspirare».

La Chiesa, che è una per essenza, la cui unità è cantata da tutti i fedeli nel Credo, non avrebbe un modello di tale unità? Come dire che il suo Fondatore, Gesù Cristo, la Saggezza incarnata, non avrebbe lasciato un modello su un elemento essenziale. Come dire che non ha fondato la Chiesa.

Rispondendo alla domanda – che è piuttosto un’affermazione – che i teologi incaricati dell’ecumenismo affermano che le differenze tra le Chiese sono state risolte in maniera consensuale, il cardinale Marx prende le distanze. Ma afferma che «le differenze possono e devono sussistere». Si tratta soprattutto di rendere una testimonianza comune.

E’ difficile comprendere come un protestante possa «testimoniare» sulla fede della Chiesa cattolica. Ma il cardinale ha una soluzione: bisogna abbandonare «la ristrettezza confessionale».
E qui ritroviamo l’amore per il vago, per il non definito, che permette a tutti di ritrovarsi in un vasto insieme indeterminato. Ma non si tratta più della Chiesa.

Infine, il porporato confessa che agli inizi del suo episcopato egli voleva «attenersi strettamente alle norme»; ma da allora «molte cose sono state ammorbidite e trasformate nell’ecumenismo». E dà un esempio: « Se qualcuno, dopo aver deciso in coscienza, prende parte all'Eucaristia cattolica o alla cena luterana, dovrò accettarlo» .

Bisogna dedurne che la coscienza individuale è superiore alle norme e al diritto della Chiesa.


Il cammino sinodale e la sfiducia di Roma

I giornalisti chiedono al cardinale Marx perché Roma è così sospettosa della Chiesa tedesca. Egli propone di porre la domanda direttamente alla Congregazione per la Dottrina della Fede.

Poi mostra fastidio e confessa la sua irritazione. Così, spiega, «riceviamo con qualche minuto di anticipo l’informazione che sarà pubblicata una lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede sulla proibizione della benedizione delle coppie omosessuali. Questo non è il modo di fare.»

E per spiegare il suo pensiero, aggiunge: « Noi vescovi non siamo il braccio armato della Congregazione per la Dottrina della Fede; anche noi vogliamo essere ascoltati.»
Se la suprema autorità vuol parlare deve prima chiedere il parere dei vescovi?

Poi completa: «Ma è chiaro per noi che il garante dell’unità è il Papa
La cosa sembra rassicurante, ma egli termina con queste parole: «La Chiesa universale è più di un’autorità romana».
Se si segue bene il suo pensiero, il Papa è garante dell’unità, ma i vescovi della Chiesa universale sarebbero al di sopra delle Congregazioni romane.

Inevitabilmente, l’argomento porta alla sinodalità. Il cardinale Marx si lancia: «Resta da capire cosa significhi realmente la Chiesa sinodale
Questo significa che egli non ne abbia idea? No. «la chiusura dello spirito della destra e della sinistra mettono in pericolo anche la cultura democratica. E anche la Chiesa»
Quindi ecco stabilito il rapporto tra democrazia moderna e sinodalità.

Una nozione evolutiva della fede

L’arcivescovo di Monaco si lamenta: «Roma dovrebbe avere la migliore facoltà teologica del mondo. (...) Tutte le istituzioni conoscono la tentazione di promuovere le persone che non le mettono a disagio. Ci deve essere - nel contesto del cattolicesimo - il libero pensiero

Almeno le cose sono state dette. Niente più tradizione. Dobbiamo poter evolvere liberamente nella teologia e nella fede, che deve evolvere essa stessa. Più avanti, il cardinale lo dice chiaramente: «Non posso sviluppare una teologia atemporale, citare Agostino o Tommaso d’Aquino senza tener conto del tempo in cui sono vissuti»
Questo è dire che la verità si evolve con il tempo, e professare un relativismo completo, un puro modernismo.

Il cardinale esplicita ancora il suo pensiero: «L’idea che una istituzione pretenda di sapere quello Dio pensa è difficilmente accettabile per l’uomo d’oggi».

Siamo alla negazione della Rivelazione fatta dal Figlio di Dio, che ci dice: «Dio nessuno l’ha mai visto:
proprio il Figlio unigenito,
 che è nel seno del Padre,
 lui lo ha rivelato».

Ecco precisamente come sappiamo quello che Dio pensa, che il Figlio di Dio, un solo Dio col Padre, è venuto a portarci la Sua Rivelazione. Egli ha dato alla Chiesa il potere di trasmetterla. Quello che pensa l’uomo di oggi non cambia nulla. E la sola maniera di compiere la missione affidata è quella di predicare la verità a queste persone fuorviate.

Che un principe della Chiesa voglia adattarsi alla mentalità moderna e mettere la verità sotto il moggio non è una novità: è precisamente tutta la storia della Chiesa a partire dal concilio Vaticano II.




maggio 2021

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