IN MORTE DI FRANCO BATTIATO


di L. P.




Franco Battiato con uno dei suoi dipinti che raffigura un Derviscio



Addio a Franco Battiato: ESSERE SPECIALE.
Con questo solenne titolo – Corriere della Sera, 19 maggio 2021 – l’autore, il dott. Aldo Cazzullo, anticipa quello che verrà scritto nell’articolo in memoria del cantante Franco Battiato, deceduto il 18 di maggio, alla età di 76 anni. Noi non avremmo avuto motivo né sentito urgenza di commentare la notizia se non fossimo stati destati dai cori che, dai quattro punti cardinali, si susseguirono a gara nel magnificare e onorare il personaggio con accenti carichi di commossi èmpiti, di lodi lunghe e di vibranti attestati di ammirazione.

Una vita da genio, un Maestro, un Mistico, un Asceta, un Filosofo, un coltissimo inimitabile musicista davanti alla cui morte percosso e attonito sta il mondo. Si è, così, ripetuta l’intera scenografia, messa su in occasione della scomparsa del principe Filippo di Edimburgo, allorché al pianto universale si unì l’applauso massmediatico con cui si esaltarono le sue virtù e si tacque il resto.
  
Di Battiato, non entreremo nel merito delle sue canzoni dacché la nostra attenzione, da sempre rivolta alla “grande musica” comunemente definita “classica”, non si è spesa granché per quella definita “leggera” - fatto salvo il patrimonio della linea melodica italiana precedente il ’68. Tanto più che il cantautore siciliano ritmò alcune sue composizioni mescolando dodecafonia e musica elettronica, sistemi che abbiamo analizzato nel nostro “Gnosi e musica nel ‘900 – Ed. Sacra Fraternitas Aurigarum, Roma, 20011. Semmai potremmo accennare ai testi da cui trarre una valutazione del suo stile e dei contenuti. Ma non in questa occasione.
In possesso di sicura informazione, parleremo, invece, della sua personalità, delle sue esperienze, della sua complessiva figura e di quanto abbia lasciato in eredità culturale, delle sue letture che lo accreditano quale artista di raffinata scienza, e delle coordinate spirituali, quelle che lo collocano nel pantheon dei grandi mistici.

Premessa: la prospettiva da cui guarderemo, annotando, gli aspetti relativi alla spiritualità del defunto è, naturalmente quella cattolica onde non suscitare il sospetto di aprioristica critica. Per ciò che concerne la ricognizione sulla cifra laica della sua cultura, ci avvarremo della nostra personale preparazione e scienza.

Ora, da quanto ci è dato di leggere e di capire, quella di Battiato si raggruma nelle pagine di Aurobindo e Gurdjieff, ben poca cosa dal momento che questi autori spopolano le bancarelle dei mercatini rionali, ma per una certa stampa basta aver letto quei nomi, con l’aggiunta di un pizzico di Guénon, di Steiner, per destare ammirazione e considerazione.
Se poi il nostro si manifesta quale lettore del “Libro tibetano dei morti “(Bardo Thödol), si dichiara ammiratore di Rajneesh, ci informa di aver visitato Konya, la città dei dervish, di aver meditato il misticismo sufi e il buddismo, ecco scrosciare le cascate dell’applauso con l’avvìo del processo di canonizzazione.
Ma non c’è, nella descrizione del suo cammino di formazione – almeno stando all’articolo citato - traccia di Aristotele, di Omero, di Virgilio, di Dante, di Plutarco, di Cicerone, di Seneca di quanti, cioè, sono necessari a chi ambisce all’acquisizione di una solida cultura. 

Al postutto, una discesa nell’esoterismo di comune libresca esperienza, guarnita di oscura, lusinghevole verbosità a cui non è da attribuire un qual che sia anche minimo riconoscimento di eccellenza o di rara profondità, convinti, come siamo, della dimensione luciferina di tale territorio speculativo.

La spiritualità di Battiato, narra il giornalista, non è riducibile a una religione ché lui, avviato oramai sul sentiero di un gelatinoso sincretismo – centone della moderna New Age - crede nella reincarnazione, nel samsara – il ciclo delle rinascite.
Il cattolicesimo nega la reincarnazione, ma è un’impostura posteriore” sentenzia.
Eh sì, perché a prova di questa sua affermazione, si dice convinto che Origene (sic), i primi cristiani e – perché no? – San Francesco, San Filippo Neri, San Giovanni della Croce, Santa Teresa d’Avila ne fossero consapevoli al pari di Pitagora, Empedocle, Archimede. . .
Se fossimo stati presenti all’intervista, durante la quale uscì siffatta bischera e offensiva affermazione, gli avremmo chiesto dove e quando quei santi confessarono un loro personale consenso a questa tetra teorìa perché non è stato mai trovato, negli scritti o nelle testimonianze terze, niente che lo autorizzasse ad attribuire loro tale panzana.

Una visione, questa, che ben si inserisce nello “spirito di Assisi”, il nuovo corso ecumenistico, inaugurato da Giovanni Paolo II, il Papa che bacia il Corano, che ne legge una pagina al giorno, che a Madras si fa ungere la fronte da una sacerdotessa di Kali con un . . . crisma (!) composto di aromi e di sterco di vacca, che partecipa a riti notturni con gli sciamani del Benin.
In tutta questa nebbiosa atmosfera di presunta mistica e di velleitaria ascesi, ove risuonano i mantra o i 99 attributi di Allah, non c’è orma, vestigio alcuno di San Tommaso d’Aquino, di Sant’Agostino, di San Bernardo, di Sant’Ignazio. In compenso abbondano le interviste a guru, santoni e maestri “tra cui Michelle Thomasson, moglie di Henri, l’uomo della sua iniziazione”.
  
Battiato: un vagabondo dello spirito, un dilettante dell’esperienza spirituale che, al pari di Guénon, non trova il suo “ubi consistam” ammantando questa incapacità ad ancorarsi a una certezza con la nobile copertura della ricerca, uno che crede nell’esistenza degli angeli – e fin qui tutto regolare – ma anche in altre divinità intermedie “al di sotto del Dio comune alle varie religioni”.
I suoi generosi, empatici ammiccamenti all’Islam, determinate sue testimonianze – come si può verificare nel colloquio tenuto con Franco Pulcini (1) – sono annuncio di vera e propria apostasìa, che suscitarono, e tuttora suscitano, moti di adesione e di imitazione nelle coscienze di tanti giovani. 

Un nostro carissimo e dotto amico, nel chiosare il nostro intervento “Acchiappacitrulli: il mondo alla rovescia” – apparso su questo sito – ci ricordava il detto “De mortuis nihil nisi bonum” – dei morti niente si dica che non sia buono (Diogene Laerzio: Vite dei Filosofi I, 68 - Ed. TEA, 1991, pag. 26), come per rammentare che la “pietas” in simili circostanze, deve prevalere su qual che sia altro sentimento. Certamente, e ci riempie, infatti, di cristiana gioia l’apprendere che il nostro Franco, assistito da un sacerdote, sia, negli ultimi tempi della sua esistenza, specialmente nell’estremo di sua vita, rientrato nella casa del Padre - da cui s’era allontanato – riconciliato alla vera religione.
Non vorremmo, però, che si sia trattato di uno dei tanti preti che, nella sequela del verbo CVII (Nostra Aetate), si astengono dall’azione evangelica di conversione (s. Mc. 16, 15/16) ritenendo, come riteneva Madre Teresa da Calcutta (2), essere buona cosa lasciare che il morente – di qualsiasi confessione – termini il suo viaggio nel rispetto della sua legge.

Pertanto, rinfoderata la spada della critica, con caldi e sinceri sentimenti fraterni, noi speriamo tanto che Battiato abbia lasciato questo mondo secondo la legge di Gesù.


NOTE

1 -  Franco Battiato-Franco Pulcini: Tecnica mista su tappeto, Edt Milano 1992
2 - Madre Teresa: la gioia di vivere – Ed. Mondadori 2010, 17 novembre/8 dicembre.