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Intervista al Superiore Generale in occasione del suo giubileo sacerdotale 19 giugno 2021 In
occasione del suo 25° anniversario di sacerdozio, il Distretto
italiano ha intervistato il Superiore generale, don Davide Pagliarani,
di passaggio ad Albano Laziale.
Ci lascia una interessante testimonianza sul valore del sacerdozio e la sua esperienza personale. Lei sta festeggiando il suo 25° anniversario di Sacerdozio. Come lo sta vivendo? È certamente il dono
più bello che Dio possa fare ad un uomo e la vita più
bella che un uomo possa avere. Dopo 25 anni ci si rende conto di questo
ogni giorno di più, soprattutto guardando in retrospettiva la
propria vita. Tutto ciò che è successo. Un sacerdote si
rende conto che Dio non solamente chiama al Suo servizio, ma continua a
guidarlo, come una Provvidenza del tutto particolare. Questo l'ho
sentito da subito e lo sento sempre di più.
La vocazione è una chiamata dall'Alto. Come ci si può mettere in ascolto e risponderle? Il Signore chiama sempre e
chiamerà fino alla fine dei Tempi, delle anime al Suo servizio,
nella vita sacerdotale, nella vita religiosa. Chiama in modo diverso,
la vocazione non è necessariamente qualcosa che si sente, come
una voce, come un sentimento. Certo, Dio, fa sentire l'attrazione verso
il Suo servizio, verso tutto ciò che è Sacro. È
attraverso questo modo in particolare che Dio chiama le anime. E come
ci si mette in ascolto? Direi innanzitutto cercando di vivere in stato
di grazia e poi soprattutto con la disponibilità a fare la Sua
volontà, qualunque essa sia. Queste sono le disposizioni
fondamentali semplici in fondo, per poter discernere se Dio ci chiama
al Suo servizio.
Se lo immaginava di ritrovarsi Superiore Generale della FSSPX? Qualche mese prima del Capitolo
Generale 2018, ovviamente qualche rumore mi era arrivato all'orecchio.
In precedenza, devo dire, non ci ho mai pensato. In particolare ricordo
la gioia di lavorare durante 3 anni in Asia, a Singapore. Viaggiando
molto in Asia, ricordo il desiderio di restare in quei paesi per tutta
la vita. Ricordo molto bene una volta, visitai un cimitero, con tutte
le tombe dei missionari. Un cimitero cristiano, in un paese musulmano.
E quando vidi queste tombe di missionari, ricordo benissimo il
desiderio di spendere la mia vita in quei paesi fino alla fine. Di
essere un giorno sepolto anche io, lontano dalla mia terra. Il Signore
poi, ha cambiato le carte in tavola.
Come vive questa responsabilità? Penso che una domanda di questo
tipo meriti una risposta semplice, che in fondo potrebbe deludere. In
realtà un sacerdote è un sacerdote sia che si occupi del
catechismo ai bambini più piccoli, per la prima comunione, sia
che si occupi di religiosi, di religiose, sia che si occupi di un
Priorato, di un Distretto, della formazione dei futuri sacerdoti o sia
che sia un Superiore Generale.
È lo stesso amore, la
stessa carità, che deve animare in fondo, lo stesso sacerdote.
Gli incarichi che un sacerdote può avere, restano una
realtà accidentale, contingente, che cambia, con un inizio, con
una fine. Ciò che non deve cambiare è lo zelo sacerdotale
attraverso cui il sacerdote compie il proprio ministero, le proprie
funzioni sacerdotali e le deve compiere con lo stesso spirito. Sia che
si occupi del catechismo ai bimbi, sia che sia Superiore Generale.
Cosa le piace ricordare del tempo del seminario e della sua ordinazione? Del mio seminario ricordo in
particolare l'amore per la Liturgia, la gioia di preparare le feste, le
grandi celebrazioni, gli studi interessantissimi. Il contatto con i
confratelli. È nel seminario che un futuro sacerdote impara poco
a poco a conoscere gli altri, accettarli così come sono, a
volerli bene così come sono. È attraverso questa scuola
che il sacerdote, il futuro sacerdote si prepara ad avere lo stesso
atteggiamento verso le anime che un giorno gli saranno affidate. Questo
è un bel ricordo, è un ricordo che si fa ancora
più bello con gli anni perché con gli anni che si capisce
quanto quel tipo di scuola, sia importante. Per quanto riguarda la mia
ordinazione, devo dire che il ricordo più vivo l'ho della mia
prima messa, il giorno dopo l'ordinazione. Ricordo benissimo nel
momento della Consacrazione, quando mi inchinai sopra l'Altare per
pronunciare le parole della Consacrazione per la prima volta. Ricordo
che tremavo. Ricordo, non solamente il sentimento di indegnità,
ma l'impressione, la sensazione e la certezza di non essere degno di
pronunciare quelle parole. Ricordo benissimo di averle pronunciate col
il cuore in gola. Con una punta anche di paura, di timore, verso Dio.
Poi ovviamente, la gioia di aver celebrato la mia Prima Messa, ha fatto
dimenticare quasi completamente quella paura.
Ci parli del suo apostolato in giro per il mondo. Ho tanti ricordi, tanti ricordi
vari, di varia natura. Paesi molto diversi, latitudini, longitudini
molto diverse. L'Asia, l'apostolato delle missioni, l'Italia con la sua
situazione particolare, l'Argentina, un altro paese, un altra lingua e
un altro tipo di apostolato, il seminario, la formazione dei futuri
sacerdoti. Ricordando tutto questo nel suo insieme ciò che
più mi colpisce è come ancora una volta,
indipendentemente dal luogo o dal tipo di apostolato specifico, il
sacerdote sia sempre chiamato alla stessa missione, alle stesse
finalità, utilizzando gli stessi mezzi. Dei mezzi soprannaturali
per far vivere Nostro Signore nelle anime. Cercare di farlo vivere in
se stesso, per poi comunicarlo alle anime. E questo vale per l'Asia,
l'Africa, l'Argentina. Vale per il mondo intero. Vale per il giovane
sacerdote come vale per il sacerdote anziano e per il Superiore
Generale.
In Italia crescono i fedeli e cresce l'impegno per le nostre due scuole. Quale consiglio dare affinché non si tratti solo di un plus numerico? Io penso che dobbiamo ricordarci
che la crescita del Distretto Italiano, come di qualunque altra opera
della Fraternità e come di qualunque altra opera di Chiesa
è una realtà essenzialmente soprannaturale. È Dio
che decide quando e come un opera deve svilupparsi. Ci chiede di
compiere il nostro dovere, di essere fedeli al nostro sacerdozio e poi
è Lui che decide quando è il momento di provocare
attraverso avvenimenti, elementi provvidenziali, la crescita opportuna
e necessaria. Non dobbiamo dimenticarlo. La vita della
Fraternità e quella del Distretto Italiano non può essere
assimilata alla vita di un impresa, anche se Dio ci chiede di fare
tutto il possibile. In particolare negli ultimi due anni, in Italia, si
assiste ad una reazione più cosciente verso i disastri del
Concilio. I disastri di questi ultimi anni aiutano i fedeli, le anime a
prendere coscienza della gravità della situazione e a cercare i
rimedi appropriati, ovviamente nella Tradizione della Chiesa stessa. E
poi il Covid. Dio lo sta usando per il bene delle anime. Come tutte le
prove serve anche il Covid per il bene delle anime. E bisogna dire che
tante anime hanno scoperto la Tradizione, in Italia come altrove.
Alcune cappelle, alcune comunità sono raddoppiate numericamente,
triplicate, perché? Perché durante la crisi del Covid,
per quanto possibile, i nostri sacerdoti hanno cercato di assicurare
alle anime, tutta l'assistenza che potevano assicurare. Hanno cercato
di continuare a celebrare la messa. C'è da dire che i sacerdoti
della Fraternità sono abituati, preparati. Erano preparati in un
certo senso a questa crisi perché da tanti anni sono abituati a
celebrare la messa, dove si può, come si può, ma
celebrarla comunque. E penso, questa abitudine provvidenziale ha
portato i suoi frutti.
Se potesse avere ancora cinque minuti per parlare con Mons. Lefebvre cosa gli domanderebbe? Direi soprattutto lo lascerei
parlare. Gli chiederei cosa avrebbe da dirmi, cosa avrebbe da
consigliarmi, se avesse qualche rimprovero da farmi. Senz'altro ne
avrebbe parecchi. E gli parlerei delle mie preoccupazioni che penso
corrispondano a quelle che lui aveva. In relazione soprattutto alla
formazione e alla santificazione dei sacerdoti. È la missione
della Fraternità, quella di occuparsi del sacerdozio, cercare di
garantire la formazione e la perseveranza dei sacerdoti. La
Fedeltà a ciò che hanno ricevuto. Era certamente la
preoccupazione principale di Mons. Lefebvre. Gli parlerei di questo e
cercherei di fare tesoro della minima parola, del minimo suggerimento o
osservazione che potesse uscire dalle sue labbra.
E se questi cinque minuti glieli concedesse Papa Francesco? Parlerei con Papa Francesco, dello stesso tema. Questa preoccupazione in relazione alla formazione,
alla santificazione e alla perseveranza dei sacerdoti. Però non sono convinto che ci capiremmo al volo. Un messaggio ai fedeli. Vorrei innanzitutto ringraziare i
fedeli. Se la Fraternità esiste è grazie alla Provvidenza
che l'ha suscitata, che la fa vivere, è grazie ai confratelli ma
è grazie anche ai fedeli. È impressionante la
generosità dei fedeli in tutti i sensi. Per sostenere la
Fraternità, non solo materialmente, ma soprattutto per
sostenerla moralmente. Li ringrazio sinceramente per la loro
generosità mostrata durante l'ultima Crociata del Rosario per le
vocazioni. E soprattutto ricorderei ai fedeli che non devono mai
scoraggiarsi. Più la situazione è critica più la
Provvidenza ci è vicina. Più la santità della
Chiesa sembra essere completamente eclissata, più il trionfo
della Chiesa, sarà eclatante.
Più il trionfo della
Chiesa sarà visibile, comprensibile, ad ogni uomo di buona
volontà e più questo trionfo manifesterà la natura
Divina della Chiesa stessa. È per questo che Dio permette la
crisi attuale. Permette quest'eclissi che dura da anni. Non
scoraggiatevi. Dio c'è tanto più vicino, che abbiamo
l'impressione di essere in una situazione irrimediabile. Nulla è
irrimediabile nelle mani di Dio e nulla è irrimediabile fino a
quando conserviamo la Fede.
Albano Laziale Giugno 2021 (torna
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giugno 2021 |