LE GRANDI TRUFFE

del Luciano Pranzetti






Le grandi truffe iniziano con il rovesciamento delle parole, più sotto la specie semantica che quella grammaticale. La storia della Grecia antica ci porta, quale esempio di prima mano, la scuola sofistica di cui non c’è studente liceale che non conosca la paradossale vicenda di Protagora e del suo allievo Avatlo.
Ma non useremo questa circostanza – peraltro più comica che truffaldina – per dar séguito al tema propostoci. Per “grandi truffe” intendiamo quelle che, tradito l’intimo e vero significato delle parole madri, hanno seminato dolore, odio, lagrime.

Si consideri la triade giacobina “Liberté, Égalité, Fraternité” che, a un immediato impatto intellettuale, viene assimilata al messaggio evangelico, laddove, per il primo termine, sta la pericope “La verità vi farà liberi” (Gv. 8, 32), per il secondo “Siate figli del Padre vostro celeste che fa sorgere il sole sopra i malvagi e sopra i buoni e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti” (Mt. 5, 45), per il terzo “Amerai il prossimo tuo come te stesso” (Mt.  22, 39).
Orbene, la Storia ci mostra come lo stravolgimento truffaldino dell’intimo significato della suddetta triade abbia provocato, per volontà e per mano del suo più rappresentativo figlio – Napoleone Bonaparte - tragedie, ecatombi di vittime, effuso fiumi di sangue, raccolto laghi di lacrime, poiché la rivoluzione ritiene i suoi manovratori più liberi, più uguali e meno fratelli, degli altri.

In un capitoletto di un nostro studio – di prossima pubblicazione – a corredo della locuzione  “Dormire della grossa”, riferita al terzo dei quattro sonni tipici del baco da seta, abbiamo, a proposito, rammentato al lettore l’acquaforte/acquatinta, che Francesco Goya tirò nel 1797, in cui sta rappresentato un uomo dormiente, col capo poggiato su un tavolo e, dietro costui, un vortice scuro di uccellacci, pipistrelli che pesano come incubo, e dove campeggia la scritta “El sueño de la razón produce monstruos”.
Ebbene, anche in questo caso, applicato alla dicitura sonno della ragione un significato capovolto per il quale essa, la ragione, quando dorme partorisce mostri, si è allestita un grande truffa perché, a ben vedere, i mostri – violenza, incultura, intolleranza, guerre, crimini – son tutti figli della ragione dèsta, la ragione illuminata, quella che, tanto per citare alcuni degli innumerevoli esempi, dette lume alle stragi degli irlandesi ad opera di Cromwell, che diresse il traffico degli schiavi ritenuto, dal tollerante Voltaire, necessario e utile, quella che sterminò intere autoctone etnìe nordamericane, quella che deportò milioni di kulaki in Siberia sotto la tenebrosità del sol dell’avvenire, quella che depopolò la Cambogia di Pol Pot.

Nel grande inganno della triade giacobina cadde anche Papa Giovanni Paolo II che, nel gennaio 1988, additò l’idealità della rivoluzione quale frutto del sentimento cristiano.

Al contrario, nel primo grosso sonno della Storia, si verificò il più straordinario evento del creato, l’opera sublime e magnifica che vogliamo, per intero riportare: “Ora, il Signore Iddio fece cadere un sonno profondo su Adamo, che si addormentò. E mentre dormiva, Dio prese una costola da lui e al posto di essa formò di nuovo la carne. E il Signore Iddio della costola tolta ad Adamo, formò la donna” (Gen. 2, 21/22).

La manipolazione della parola sta all’origine della grande truffa nel ruolo di annuncio di verità e di successiva giustificazione per eventi quali quelli sopra esposti.

E veniamo al concreto, considerando lo stravolgimento di un vocabolo da molto tempo inserito a formare parole composte. Parliamo del termine greco “fobìa”, derivato da “fobos” esempio indecente di come si possa attribuire, per mere ragioni ideologiche, altro significato dal proprio e con cui scatenare campagne culturali di devastante esito.
Ora, se come afferma il brocardo giustinianeo (Ist. II, 7, 3), ripreso da Dante (Vita Nuova, XIII, 4), “Nomina sunt consequentia rerum” – i nomi sono sostanza delle cose – il vocabolo Fobos reca seco il significato di: timore, paura, panico, scompiglio (Franco Montanari: Vocabolario della lingua greca,  Ed. Loescher 2004, pag. 2293).
La scienza psichiatrica ne ha adottato il volume semantico per indicare particolari patologìe, quali: acrofobìa (paura dell’altitudine), agorafobìa (paura degli spazi aperti), claustrofobìa (paura degli spazi chiusi), aracnofobìa (paura dei ragni), siderodromofobìa (paura di viaggiare in treno) ed altre ancora.

Non c’è persona che, all’udire uno di questi termini, si irrigidisca e si adiri, perché aver paura di qualcosa è un elemento istintivo più o meno giustificato. E sin qui, tutto bene. Ma, se in un discorso si pronuncia “xenofobia” – paura dello “xenos”, dello sconosciuto, dello straniero – apriti cielo! - ecco, allora scatenarsi la rivolta intellettuale, la condanna, l’ostracismo del politicamente corretto.
Eh, sì, perché – ed ecco la grande truffa! – diversamente dal significato intimo, quello che è sostanza del nome, a siffatto termine, subdolamente si attribuisce il marcato significato di “odio” che, nel caso di specie, dice “odio per lo straniero” che, con ulteriore accelerata semantica, perviene ad identificarsi come “razzismo”.

Come si può notare, la grande truffa è bella e fatta sicché, a quella sensazione di cautela, di paura e di attenzione – tre elementi presenti nei consigli che madri premurose dànno a i loro bambini di non accettare, ad esempio, caramelle da sconosciuti, da estranei, da stranieri – xenoi, appunto - s’è sostituita la categoria politica. Insomma: è naturale e comprensibile aver timore dei ragni, del chiuso e di quante altre fobìe, ma guai a temere dell’estraneo, dello sconosciuto perché, in nome di Rousseau, l’uomo è per natura buono come, infatti – bontà sua - dimostrano i milioni di casi di violenza in cui la vittima è colui/colei che si fidò dello straniero. Sicché, la fobìa per il tipo xenos si declina nella categorìa dell’odio e, quindi, del razzismo.

I soloni autocrati, che detengono il potere dell’informazione, dovrebbero sapere che, per il termine “odio” c’è il corrispettivo greco “misos”, da cui “misantropìamisoginiamisoneismo” e con cui misoxenìa”.

Ed ora, sulle plaghe dell’arcobaleno, arriva il dll Zan che, intendendo punire l’omofobia, compie la grande truffa di trasformare il “fobos” - moto di intimo dissenso e di intima inquietudine riferito a determinati costumi sociali – in “misos” – moto di avversione, disprezzo, odio per la diversità. Un altro passo verso il disegno dell’omologazione globale perseguito dalle legioni policrome che, a gran voce, rivendicano libertà di espressione e di costume, con tanti saluti al rispetto delle altrui opinioni e, soprattutto, delle parole che sono la manifestazione del pensiero.









giugno 2021
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