L’ORRIDA MODERNA ARTE CATTOLICA

parte seconda

di Luciano Pranzetti


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Parlammo, tempo addietro – 25 dicembre 2020 - del degrado formale, estetico e concettuale che caratterizza l’arte sacra cattolica contemporanea, immersa nella maleodorante palude dell’astrattismo minimale, dello sperimentalismo soggettivo intellettualoide e dello schematismo compositivo, linee guida con cui i vari “artisti” (!) giustificano, ad libitum, lo straniamento della forma umana ridotta a un enigma grafico da decodificare. Portammo, a prova del nostro discorso, quali esempî probanti e di evidenza indiscussa, i mosaici (si fa per dire) del gesuita Ivo Rupnik e il “Presepe Menhir abruzzese” collocato in Piazza San Pietro.

Nel presente intervento prenderemo in esame tre opere, raffiguranti Gesù crocifisso, di cui esporremo il nostro parere in accosto alla definizione che, di Gesù, dà il salmo 44, dove, al verso 3, Egli viene celebrato come “speciosus forma prae filiis hominum” - il più bello tra i figli degli uomini. Bellezza che non vien meno nel crogiolo della sua Passione e morte, anzi, esaltata e resa maggiormente dolce ed austera proprio dai tormenti subìti, nella carne e nello spirito, principiando da quel sudore misto d’acqua e sangue – ematoidrosi – versato nel Getsemani e concludendo con quel grido lanciato dalla croce sul mondo (Mt. 27, 50).

V’è, infatti, nella pace immota della morte, la ricomposizione dei tratti del volto su cui, specialmente in coloro che lasciano questo mondo pacificati col Signore, aleggia un diffuso, lieve alone di luce. Ora, se tale mirabile manifestazione di bellezza caratterizza l’uomo, non è forse ancor più mirabile in Colui che è la Bellezza stessa in infinito eccesso?
 
Ciò premesso, vediamoli, questi tre esempi che, nella contraffazione della forma portata all’estremo da un raffazzonato tratto del disegno, pur distanti per luogo e distinti per autore, evidenziano un raccordo, un legame che dice come la creatività artistica del sacro segua, ormai, l’indirizzo estetico predominante dell’anamorfosi sghemba a vantaggio di una cultura sempre più laicista e dissacrante, con la presunzione di essere arte.

La benemerita emittente tv2000 – CEI – scandisce puntualmente, nella scaletta dei programmi, alcuni momenti di incontro spirituale a cui, da tempo, noi assidui telefedeli, assistiamo e, precisamente: ore 7,00 Santa Messa – ore 15,00 Coroncina alla Misericordia di Gesù – ore 18,00 Rosario in diretta da Lourdes.

1 - Per quanto concerne la Santa Messa v’è di dire che la ripresa televisiva, in diretta, si svolge ogni mattina, trasmessa a rotazione da diverse chiese per la durata, ciascuna, di uno-due mesi. Ora, dovendo soffermarci sopra uno dei tre orridi lavori, di cui al presente intervento, diciamo che esso è stato visibile per tutto il periodo maggio-giugno e prima parte di luglio 2021.





Siamo nel Santuario di Collevalenza, località dove fiorì la santità di Madre Speranza. Una monumentale testimonianza di fede, meta di numerosi, continui pellegrinaggi, ove ci si può bagnare in un’acqua dalle virtù salutari che ricordano quella di Lourdes. L’ambiente interno, spazioso, oscillante tra un verecondo stile aperto e una sensazione di antico silenzio monastico, invita al raccoglimento.

Ma c’è un qualcosa che stride con il contesto decoroso e confligge con l’intrinseca, sublime funzione che dovrebbe assolvere. Parliamo, cioè, di una vetrata, inserita in una struttura organizzata con anelli di cemento (?) inscritti in singoli riquadri. Questa vetrata rappresenta una croce su cui l’osservatore dovrebbe contemplare Gesù Crocifisso. Nell’impasto dei colori, un pantone fosco con pochi spazi da cui filtra una cilestrina luce strozzata e pallida, emerge faticosamente alla vista una figura che, data la geometria della Croce, vuol rappresentare il Redentore. Ma, mentre l‘occhio dell’osservatore riesce a distinguere il perimetro e il campo cromatico della Croce, non così per il santissimo Corpo del Crocifisso, annegato com’è in una mescidanza di colori scuri – viola, rosso, marrone, ocra, nero – un guazzabuglio dove il Santo Volto si indovina per via di una macchia tonda che si scompone, svanendo in tanti spezzoni sì da rendere l’idea di un qualcosa di indistinto e in via di corruzione. Un’iconografia che indulge su un disegno dai tratti schematici, sovrapposti, affastellati e privi di garbo, espressione di una cultura estetica di netta marca gnostica che, consapevolmente o no, offre, di Gesù Crocifisso, la raffigurazione di una totale decadenza fisica e spirituale cancellando, in tal modo, la Bellezza divina a vantaggio di un informalismo il cui esito immediato – lo affermiamo chiaramente e senza remore – è l’oscuramento, nella coscienza del fedele, della divina bellezza del Redentore esponendo la visione di un uomo degradato. E se non è questo, mi si dica per quale ragione l’arte sacra cattolica insiste su un’estetica che fa della bruttezza la caratteristica prima di nostro Signore. Dove sono le Commissioni Diocesane delegate all’ Arte Sacra?   






2
– Ore 15,00: recita della “Coroncina alla Misericordia di Gesù” che si tiene, in questo periodo, nel Santuario di Nostra Signora delle Grazie e di Santa Maria Goretti, in Nettuno. L’ambiente interno esprime una cultura architettonica che fa del cemento armato il materiale di più adatto a costruzioni di impronta moderna. L’ambiente interno, pur appesantito da travi orizzontali ribassati, che delimitano due navate laterali, si presenta, specie nella parte absidale, decoroso e consentaneo al raccoglimento Ma non è questo l’argomento di cui parleremo poiché, nel corso della recita, la nostra compresa partecipazione è, più volte, distolta dall’inquadratura della telecamera in cui appare una Croce da cui pende un Cristo – non sappiamo se di bronzo o di gesso – rivestito a foglia d’oro. E non è, poi, tale particolare che turba e disturba il senso di reverente commozione, anche se, siffatta patinatura aurea non si distingue per congruo ed opportuno decoro.

Il particolare che ci ha indotto ad intervenire con il presente servizio è il volto di Cristo, le cui forme, appena abbozzate, non solo non ne permettono la lettura della naturale anatomia ma ne stravolgono anche gli indizi talché, a chi lo guardi, dànno l’impressione di una testa avvolta da una spessa guaina in cellofan a mo’ di imballaggio, dai tratti, che dovrebbero indicare la bocca e gli occhi, ridotti a sottili tagli che trasmettono una sensazione di fredda, ferina inquietudine. Un volto, insomma, da cui l’occhio del fedele rifugge quasi subito, connotato com’è da una facies appuntita quasi in atteggiamento sdegnato e collerico.

Oh, quanto diverso da quel Gesù apparso a santa Faustina Kowalska, la cui infinita e luminosa bellezza del volto risplende nella penetrante mitezza dello sguardo, nella serena e lieve apertura delle labbra, il tutto nell’armoniosa composizione della mano destra benedicente e dell’altra nell’atto di mostrare la ferita del petto da cui sgorga, abbondante, un flusso di luce!






3 – Ore 18,00: in diretta da Lourdes, il Santo Rosario. Puntuale appuntamento quotidiano a cui, da anni, partecipiamo, in famiglia. Bene; inizia la trasmissione con una panoramica dell’ambiente in cui si muovono gli officianti di turno, dopo di che comincia il rito. Inquadrata la parte alta della grotta, dove nel vano roccioso sta la statua della Vergine, la telecamera riprende l’officiante che guida la recita, la folla dei fedeli che rispondono per, poi, compiere alcune altre riprese. In una di queste, la regìa manda in onda, per più volte, l’immagine di un crocifisso. Come si può vedere, tràttasi di un’opera la cui cifra parla di essenzialità compositiva e di sbrigativa esecuzione così come dimostra la stessa Croce costituita da semplici assi metallici.  Ora, pur con siffatte coordinate, il Corpo del Redentore, in quanto a resa ultima, non dà motivo di biasimo o di censura ché, sebbene appaia evidente un lavoro di larghe passate di sgorbia, piedi, tronco e braccia rientrano nella canonicità estetica o, quanto meno, sono riconducibili all’anatomia.

Ciò che, invece, lo rende decisamente banale è quel modulo stilizzato e grossolano che nell’intenzione dello scultore dovrebbe rappresentare la corona di spine ma che, così come eseguito, a mo’ di greca o di bandana e col raccordo della calotta cranica, suscita nell’osservatore l’immagine di una testa bardata da un casco da motociclista in contrasto col resto del Corpo che, come si è detto poc’anzi, rientra nell’accettabile ordine formale. Altro esempio di una cultura, purtroppo egemone, che, quale malefica metastasi si è diffusa nel cattolicesimo senza che l’autorità preposta sia mai intervenuta a troncarne la continua ramificazione.

Insomma, non comprendiamo perché mai si debbano, per l’arredo sacro di una chiesa o di altro luogo deputato a funzioni sacre, accettare ed accogliere opere, che di sacro poco o niente contengono ed esprimono, involute, come sono, in cerebralismi estetici la cui matrice genetica è la presunzione di “cogliere” l’idea-essenza del raffigurato. E come la si coglie? Nel modulo dell’astrattismo, dell’informale, operazione che proprio in quanto astratta, non “coglie” per niente la realtà attuale rimandando all’osservatore un che da decodificare. Sicché il fedele che se ne sta preso, e compreso, nel tentativo di risolvere il rebus, perde il contatto con la realtà divina.

Abbiam detto che “non comprendiamo”, ma, in verità, sappiamo bene la ragione che sta a capo di siffatta corrente estetica: un piano che mira ad abbruttire tutto ciò che è, nella Santa Chiesa Cattolica, sacro segno e che, studiato già da secoli, è riuscito a diventare norma da quando il nefasto CVII ha spalancato le sue sacre porte al “mondo” con l’ultimo esempio, quale testimone di questa volontà eversiva, il documento “Traditionis custodes” con il quale Papa Bergoglio ha messo una pietra tombale sul VETUS ORDO MISSAE. 







agosto 2021
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