La coerenza di Traditionis custodes

di Giovanni Servodio







Da quando, il 16 luglio scorso, Papa Francesco ha pubblicato il motu proprio Traditionis custodes, una pioggia di scritti critici ha invaso i siti web italiani e stranieri.
E questo a buona ragione, soprattutto per la virulenza con cui Papa Francesco ha redatto e diffuso il documento, tale da lasciare intendere che lo abbia concepito con un pregiudizio antitradizionale.
Il nucleo del documento è costituito dalla reiterata intenzione di eliminare nella Chiesa la celebrazione della Santa Messa Tradizionale, passando inevitabilmente per la messa in mora del motu proprio di Benedetto XVI, Summorum Pontificum, del 7 luglio 2007.
A quattordici anni di distanza, durante i quali la celebrazione della Messa tradizionale si è diffusa in tutto il mondo cattolico, Papa Francesco ha pensato bene di porre ogni freno possibile a tale celebrazione.

Si è parlato di astio nei confronti della Messa tradizionale e dei fedeli che vi assistono, e si è addebitato tale astio a Papa Francesco e a diversi vescovi, e dal testo del motu proprio si può dire che tale opinione sia fondata.
Tuttavia, la guerra alla Messa tradizionale, come è stata chiamata, non è nata col motu proprio Traditionis custodes, essa risale al Vaticano II e a Paolo VI, il quale fece confezionare ex novo la Messa moderna e l’impose al mondo cattolico con l’esclusione della Messa tradizionale.
Papa Francesco ha solo portato alle estreme conseguenze la logica del Vaticano II, precisando che l’unica Messa della Chiesa è quella voluta da Paolo VI.

Questa precisazione non poteva non comportare l’accantonamento del Summorum Pontificum, visto che questo permette l’uso della Messa tradizionale a titolo eccezionale.
Vero è che è stato il Summorum Pontificum a permettere la diffusione della Messa tradizionale, ma è altrettanto vero che tale diffusione è avvenuta non in nome della Tradizione, ma in nome della “straordinarietà”. Benedetto XVI, infatti, ha ribadito che la Messa ordinaria della Chiesa è il novus ordo di Paolo VI, fabbricato nel 1969, mentre la Messa che risale agli Apostoli sarebbe una Messa straordinaria. Nel Summorum Pontificum si parla infatti di “forma” ordinaria, la Messa di Paolo VI, e di “forma” straordinaria, la Messa di sempre.
Il termine “forma” è indice del diverso modo di agire di Benedetto XVI rispetto a quello di Francesco; con tale termine benedetto XVI ha aggirato la realtà delle cose, poiché non di “forme” diverse si trattava e si tratta, ma di due riti diversi.
Ora, se la Messa tradizionale, accantonata a forza da Paolo VI, sarebbe “straordinaria”, va da sé che prima o dopo doveva essere nuovamente accantonata, lasciando spazio solo al novus ordo.
E’ quello che ha fatto Papa Francesco, in perfetta coerenza con quanto stabilito nel 2007 da Papa Benedetto XVI.
Non vi è dubbio che gli ultimi due Papi hanno voluto agire in continuità col Vaticano II, seppure in discontinuità con la Chiesa di sempre: a riprova che, contrariamente a quanto ha cercato di dimostrare, invano, benedetto XVI, il Vaticano II è stato una voluta svolta rispetto all’intera Tradizione della Chiesa; tale che nessuna ermeneutica può essere in grado di trasformare la discontinuità in continuità.

Tutti i fedeli che sono legati alla Messa tradizionale, potranno ancora assistervi, fino a quando essi stessi si esauriranno per limiti d’età. A quel punto la celebrazione della Messa tradizionale scomparirà. Almeno nelle intenzioni di Papa Francesco.
E i giovani che si sono avvicinati e si sentono legati alla Messa tradizionale? Per essi non c’è futuro, poiché Papa Francesco ha proibito che possano organizzarsi e far proseguire la celebrazione in questione, delegando ai vescovi il compito di vigilare in tal senso.
A sottolineare questa disposizione, il titolo del motu proprio è Traditionis custodes, cioè i vescovi sono i custodi della tradizione. Ma di quale tradizione si tratta?
Se ai vescovi è delegato il compito di fare in modo che la Messa tradizionale scompaia, Papa Francesco intende per tradizione l’uso inaugurato da Paolo VI. Della Tradizione della liturgia, che fa risalire la Messa agli Apostoli, a Papa Francesco non importa alcunché; dimostrando che per lui c’è una Chiesa di prima, che deve scomparire, e una Chiesa di dopo, quella concepita dal Vaticano II.
In questa ottica è logico che debba accantonarsi il Summorum Pontificum, dove si dice che il vetus ordo non è mai stato abrogato, perché per Papa Francesco è inconcepibile che possa continuare a vivere tutto ciò che è anteriore al Vaticano II.

La cosa buffa è che Papa Benedetto XVI è ancora vivo e riceve gli omaggi di Papa Francesco; ma anche in questo caso è solo questione di tempo: anche Papa Benedetto è ad esaurimento e Papa Francesco non vede l’ora.
Tuttavia, nonostante Papa Francesco si comporti come se non dovesse rendere l’anima a Dio, anche lui potrebbe venir meno da un giorno all’altro, soprattutto in risposta alle tante preghiere che in tal senso  recitano i fedeli stanchi di un papa che non perde occasione per demolire pezzo per pezzo la dottrina e la liturgia cattoliche.

Ora, come Papa Francesco ha voluto lasciare la sua impronta, cercando di demolire la Messa tradizionale, la stessa cosa potrebbe fare il prossimo Papa; magari ripristinando l’uso della Messa tradizionale e accantonando l’uso del novus ordo. Ma questo potrà accadere solo con l’intervento di Dio, perché a considerare la lista dei cardinali in attesa non si intravede nessuno in grado di ripristinare la Tradizione della Chiesa.
L’intervento di Dio si verificherà per il bene della Chiesa e per il suo perdurare fino alla fine del mondo, cioè il perdurare della dottrina e della liturgia che ci hanno trasmesso gli Apostoli.




agosto 2021

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