Contro Fratelli tutti,
manteniamo le preferenze


di Don Benoît de Jorna, FSSPX


Editoriale della rivista francese della Fraternità: Fideliter n°261

Pubblicato sul sito della Fraternità in Francia
La Porte Latine







Il giardino dell'Eden in un dipinto di Johann Wenzel Peter (1800-1829)
conservato nella pinacoteca vaticana

La disuguaglianza è insita nella nostra natura

La caduta iniziale di Adamo avvenne prima che egli avesse dei figli nel Paradiso Terrestre. Ma resta il fatto che, se avesse avuto diversi figli prima del peccato originale, allora i suoi figli non sarebbero stati uguali.
San Tommaso, teologo del felice Medio Evo, si preoccupa di trattare in modo specifico questa questione, e la sua conclusione è di una stupefacente attualità.
Egli dice che: nell’ipotesi che abbiamo fatto, sia nelle loro anime sia nei loro corpi gli uomini sarebbero stati disuguali. Senza che questa disuguaglianza, naturalmente, sia attribuibile a qualche peccato personale di uno di loro, alcuni avrebbero fatto più progressi di altri, o alcuni sarebbero stati più intelligenti di altri, o più vigorosi.
Il santo domenicano spiega addirittura che se tutte le signore fossero state belle, alcune sarebbero state più belle senza scatenare la minima gelosia! Infine, se Adamo ed Eva avessero avuto dei figli prima di ascoltare il serpente, affinché la razza umana si propagasse, questi figli sarebbero stati di sesso diverso (ci sarebbero stati uomini e donne), con le disuguaglianze inerenti alla distinzione dei sessi.

Per dirla in breve, le disuguaglianze appena menzionate, che incontriamo quando Caino è stato concepito dopo il peccato originale, sarebbero state le stesse nell’ipotesi opposta.


La disuguaglianza tra gli uomini viene dalla natura e non dal peccato originale.

Questo che vuol dire? Che la disuguaglianza non è una conseguenza del peccato originale, ma essa è insita nella nostra natura. Così, una certa dipendenza degli uni dagli altri è del tutto naturale. Non vi è niente da immaginare. Lo stato attuale della nostra natura mostra troppo questa disuguaglianza  e questa mutua dipendenza.

Tutte le nostre relazioni sociali presuppongono una disuguaglianza tra di noi. Un padre condivide la sua esperienza con suo figlio, che ne è privo, e gli insegna a vivere; un maestro illumina le intelligenze ignoranti dei suoi discepoli. Un artigiano mostra al suo compagno il modo giusto di fare un lavoro. E questi principi evidenti sono espressi in molti modi diversi. Quale padre non differenzia i suoi principi educativi secondo la personalità di ciascuno dei suoi figli? Quale insegnante non cerca di comunicare il suo sapere secondo la capacità dei suoi alunni? Il Buon Dio ha dotato ciascuno di noi di un’anima individuale e, per riflettere le sue infinite perfezioni, esse sono diverse e disuguali, nonostante l’uguaglianza della natura umana che noi tutti possediamo.

Dandoci la grazia, il Buon Dio non potrebbe distruggere l’ordine naturale che Lui stesso ha voluto e determinato: la grazia non toglie la natura, ma la perfeziona. Ecco perché la carità, questa amicizia divina che Egli mantiene con noi, non esclude questa diversità e persino questa disuguaglianza.
San Tommaso, sempre illuminante, afferma il fondamento: «L’amore della carità tende a Dio come al principio della beatitudine, sulla cui comunicazione si fonda l’amicizia della carità. Ne consegue che nelle cose che si amano con l’amore di carità, ci deve essere un certo ordine da osservare secondo la relazione con il primo principio di questo amore, che è Dio». Per questo, dice ancora il santo, sebbene ogni uomo sia il nostro prossimo, alcuni uomini ci sono più amabili di altri, il che non significa che ci sono più «simpatici», ma che quegli uomini che sono più vicini a Dio, essendo migliori, meritano da noi più amore. Ecco perché il nostro amore per Dio dovrebbe farci amare i santi più dei nostri cari - quando non sono santi!


La carità deve rispettare la natura, quindi la sua disuguaglianza: essa ha delle preferenze.


Tuttavia, dobbiamo amare coloro che sono vicini a noi per natura, e amarli meglio nella misura in cui ci sono più vicini. Con la carità, Nostro Signore ci ama intimamente; questa relazione intima di carità si estende tra questi due estremi: Gesù Cristo e noi stessi; e questa è la ragione della diversità dei nostri amori; amiamo di più quelli che sono più vicini a Dio, ma anche quelli che sono più vicini a noi. San Tommaso si dilunga sulla diversità di questi amori: quello del padre per il figlio, quello del figlio per la madre, quello del marito per la moglie. L’egualitarismo ideologico moderno, quello del buon selvaggio di Rousseau, è penetrato nelle mentalità, comprese quelle degli ecclesiastici romani.
L’enciclica Fratelli tutti non fa più alcuna delle distinzioni, per quanto fondamentali, che la ragione e la fede avevano messo in luce. Non solo essa riduce tutti gli esseri, uomini e cose, a un minimo comune denominatore, ma svilisce l’ordine soprannaturale con la confusione. Essa decostruisce l’ordine di eccellenza della carità, religiosamente elaborato dalla Tradizione secondo l’Apostolo nella sua prima lettera a Timoteo (5, 8): «Se qualcuno non si prende cura dei suoi, e specialmente di quelli della sua famiglia, costui ha rinnegato la fede ed è peggio di un infedele».
Per non essere confusi, manteniamo la nostra comprensione dei principi della nostra fede, come dice ancora San Paolo al suo caro discepolo (I Timoteo 4, 7-8 e 16): «Rifiuta invece le favole profane, roba da vecchierelle. Esercitati nella pietà … Vigila su te stesso e sul tuo insegnamento e sii perseverante: così facendo salverai te stesso e coloro che ti ascoltano.





settembre 2021

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