Le “parole morte” dell’uomo moderno

di Fabio Trevisan



Pubblicato il 4 novembre 2021 sul sito
Ricognizioni


 






“Tra molti secoli, tristi e lenti, io so che i pagani ritorneranno. Essi non verranno su navi da guerra, non devasteranno col fuoco… non con lo spirito dei cacciatori o con la feroce destrezza del guerriero, ma mettendo a posto ogni cosa con parole morte”

La citazione riassume la visione finale di re Alfred, il grande condottiero cristiano che nel IX secolo sconfisse i pagani Danesi e preservò il Wessex, regione del Sud dell’Inghilterra, dall’imbarbarimento.
Gilbert Keith Chesterton nel 1911 racchiuse le gesta di quell’epopea cristiana in quello straordinario poema epico dal titolo, “La ballata del cavallo bianco”, e questo presentimento finale avveniva dopo la vittoria, o presunta tale.

Mi sono sempre chiesto a cosa alludesse Re Alfred-Chesterton quando sottolineava l’assenza di significato delle “parole morte”. E, soprattutto, le “parole morte” evocate 110 anni fa a cosa corrispondono oggi?
In soccorso a questi miei interrogativi, che reputo possano essere attualizzabili, Chesterton chiarì negli anni ’20 con grande intuizione e penetrazione intellettuale il dilemma: “La caratteristica dello stile ateo è di scegliere istintivamente la parola che suggerisce che le cose sono cose morte; che le cose non hanno un’anima”.

Le “parole morte” suggerivano che le cose erano morte, erano prive cioè di un’anima. Era lo stile materialista e ateo degli eugenisti di allora e dei pagani odierni, come rammentava Re Alfred nella sua lungimirante visione: “Voi guarderete alle vostre spalle ammirando e desiderando un giorno come quelli di Alfred, in cui, almeno, i pagani erano uomini”.
Almeno i pagani erano uomini! Il monito di Alfred era rivolto ai vittoriosi cristiani, così come Chesterton lo indirizzava alla borghesia del suo tempo.

Alessandro Gnocchi ne aveva parlato poco tempo fa, quando evocava “l’abolizione dell’uomo” nello scritto del 1943 di Clive Staples Lewis. Il grande scrittore delle Cronache di Narnia per certi versi recuperò le drammatiche visioni alfrediane-chestertoniane anche in un altro libro dal titolo eloquente, “Quell’orribile forza” del 1945, in cui avvertiva, come in una terribile visione, della “maledizione di Babele”, nella quale gli uomini non sarebbero stati più capaci di elaborare frasi di senso compiuto, balbettando “parole morte” senza logica e costrutto.

Ogni parola, al contrario, va soppesata non solo perché rivela l’anima di ogni persona ma anche l’anima delle cose, nel senso di un profondo realismo che pone la conoscenza umana a contatto con le cose. Ora, questo stile ateo e materialista non solo si è sempre più sviluppato in seno alla nostra società, ma ha proliferato in tutti gli ambiti, tanto che si possono rilevare “parole morte” nella politica, nella finanza, nei giornali e persino nella Chiesa.

L’incessante stillicidio di “parole morte” rivela, come nell’intuizione chestertoniana in cui i pagani erano almeno uomini, la presenza di ometti nella politica, nella finanza, nei giornali e anche nella Chiesa. Credo sia opportuno sottolineare come la presenza di ometti non più uomini e delle “parole morte” che li caratterizzano non invochino la tentazione di Nietzsche e del suo “Superuomo” o “Oltreuomo”, dato l’esito irreversibile e tragico della sua condizione umana, ossia l’approdo finale alla pazzia.

Piuttosto se ne dovrebbe constatare l’analogia nelle conclusioni e nelle premesse: la follia nietzscheana corrisponde alla follia dell’uomo moderno, così come i “biglietti folli e aforistici” di Nietzsche corrispondono alle “parole morte” senz’anima pronunciate dal globalista, dall’ambientalista, quando ricorrono a termini come “sostenibilità”, “resilienza” e così via.
Espressioni dure come quelle nietzscheane, penso a “trasvalutazione di tutti i valori”, “amor fati” e così via rivelano la stessa inconsistenza di fondo, il medesimo distacco dal reale e dalla ragione. L’esito di questa dissoluzione dell’umano è ancora rintracciabile nelle violenze inaudite dell’uomo moderno contro l’Uomo, contro l’umana ragione e contro Dio che si è fatto uomo, basti pensare alle ideologie anti-umane “gender” o alle battaglie contro la vita (aborto, eutanasia, eugenetica) rivendicate attraverso parole morte come “autodeterminazione”, “diritti”, “altre famiglie” e così via.

Le “parole morte” dell’uomo moderno non solo nascondono uno stile ateo e materialistico, ma rivelano l’inconsistenza umana dei folli protagonisti della nostra epoca: dai banchieri che si fanno governanti ai capitalisti che ostentano la loro falsa filantropia, dai generali che conducono armate per il green pass a Papi che difendono la carità del vaccino. In tutto questo crogiuolo di disumanità e follia si possono rinvenire, nelle parole visionarie ma vive di Alfred, chi metterà tutto a posto con le “parole morte”: “Sì, questo sarà il loro segno: il segno del fuoco che si spegne e l’Uomo trasformato in uno sciocco, che non sa chi è il suo signore… da questo segno li riconoscerete, dalla rovina e dal buio che portano; da masse di uomini devoti al Nulla, diventati schiavi senza un padrone”.



novembre 2021
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