Inversione delle opere d’arte cattoliche

di Belvecchio






Il supplemento di dicembre 2021 de L’Osservatore Romano, “Donne Chiesa mondo”, intitolato “A proposito di Padri”, presenta in copertina una strana scultura che raffigura un uomo che tiene in braccio una donna. Diciamo strana perché si tratta di una scultura ove è evidenziata la nudità, non si sa bene perché, ma è facile pensare ad una sorta di concessione alla moda odierna che si compiace del nudo maschile.

La scultura proposta, opera di Jacopo Cardillo, detto Jago, si trova esposta nella Basilica di Santa Maria in Montesano a Roma; essa proviene dal laboratorio dello scultore, posto in una chiesa sconsacrata a Napoli: Sant’Aspreno ai Crociferi, concessa dal Fec (Fondo edifici di Culto) del Ministero dell'Interno, con l’interessamento della Curia napoletana e di Don Antonio Loffredo, parroco del rione Sanità, dove si trova la chiesa.




LA PIETA' DI MICHELANGELO


La scultura in questione è intitolata “pietà”, e intende richiamarsi alla “Pietà di Michelangelo”, presente in Vaticano.
E’ proprio questo richiamo che manifesta la volontà di invertire in modo blasfemo l’opera cattolica di Michelangelo. Quest’ultima rappresenta plasticamente la pietà della Vergine per il Figlio appena deposto dalla Croce, una pietà ben più che naturale, sfociante dal soprannaturale trasporto della Madre di Dio per il Figlio di Dio appena immolatosi sulla Croce per il riscatto delle anime umane.
E tale inversione è ancor più blasfemamente evidenziata dalla figura maschile nuda - al posto della Vergine – che tiene in braccio una donna nuda – al posto di Cristo morto.





La pietà di Cardillo


Nell’approntare la “sua pietà” lo scultore napoletano si è limitato a considerare la pietà umana e ha finito col raffigurare il dolore di un uomo per la morte di una donna, forse la figlia. Tuttavia, l’inversione è palese e suggerisce un parallelo improponibile fra la pietà della Vergine e quella di un uomo. Tale voluta “umanizzazione” rivela la volontà di ridurre il dolore soprannaturale a mero dolore naturale.

Perché questo richiamo ad un’opera d’arte cattolica?
Lo scultore non è nuovo a tale espediente: un’altra sua opera nota in Italia e all’estero è “Il figlio velato”, che si richiama al “Cristo velato” di Giuseppe Sanmartino, conservato nella cappella Sansevero di Napoli.
Togliere l’aura di cattolicità a famose opere cattoliche realizzate da scultori cattolici sembra essere un’idea costante dello scultore; ed è l’imitazione che tradisce questa sua istanza: quasi una rivisitazione umana di ciò che suggerisce significati soprannaturali.

Non nascondiamo il talento scultoreo dell’autore, ma questo non può giustificare quelle che appaiono essere le sue intenzioni dissacratorie.

Con la reclamizzazione della “pietà” di Cardillo sulla copertina del supplemento de L’Osservatore Romano, quest’ultimo dimostra di condividere tali intenzioni, confermando l’andazzo umanizzante della nuova Chiesa conciliare che a partire dal Vaticano II predica e pratica la religione dell’uomo al posto della religione di Dio.




IL “CRISTO VELATO” DI SANMARTINO





Il “figlio velato” di Cardillo



dicembre 2021


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