Il capro espiatorio

Articolo ddella Fraternità San Pio X


Pubblicato sul sito francese della Fraternità
La Porte latine

ripreso da La Trompette de Saint Vincent
bollettino del Priorato Saint Vincent Ferrer









Questa espressione deriva da un rito della Legge mosaica data da Dio a Mosè e riportata nel libro del Levitico (16, 2022):
« Quando avrà finito l’aspersione per il santuario, per la tenda del convegno e per l’altare, farà accostare il capro vivo. Aronne poserà le mani sul capo del capro vivo, confesserà sopra di esso tutte le iniquità degli Israeliti, tutte le loro trasgressioni, tutti i loro peccati e li riverserà sulla testa del capro; poi, per mano di un uomo incaricato di ciò, lo manderà via nel deserto. Quel capro, portandosi addosso tutte le loro iniquità in una regione solitaria, sarà lasciato andare nel deserto».


Per il filosofo René Girard (in Le Bouc Emissaire, ed. Grasset, 1982) il capro espiatorio è l’espressione di un meccanismo intrinseco al funzionamento e allo sviluppo di tutte le società umane. Secondo Girard, le società sono spinte all’autodistruzione perché, necessariamente, in un dato momento della loro evoluzione, i membri di una società arrivano a desiderare lo stesso bene; un bene che può variare da una società all’altra, ma che ha la costante di non poter essere condiviso e diviso all’infinito. Da qui la violenza e le lotte tra individui, lotte che dovrebbero normalmente e necessariamente portare all’autodistruzione della suddetta società.

Allora, sempre secondo Girard, entra in giuoco un meccanismo sociologico che serve ad impedire la detta autodistruzione: è il meccanismo del capro espiatorio, ripreso dal racconto del Levitico.

Questo capro espiatorio umano, un individuo o un gruppo di individui, non è estratto a caso, come il capro nel Levitico. Per espellere la violenza interna della società a cui appartiene, deve infatti corrispondere a certi criteri. In primo luogo, la vittima deve essere abbastanza lontana dal gruppo (o ostracizzata da esso) per essere sacrificata senza che tutti si sentano in colpa per la violenza, e allo stesso tempo abbastanza vicina perché il gruppo si senta liberato dal sacrificio. Per le stesse ragioni, il gruppo non deve sapere che la vittima è innocente, che è creduta colpevole o, meglio ancora, che lei stessa può arrivare a sentirsi colpevole.

Il sacrificio del capro espiatorio permette sia la liberazione dell’aggressione collettiva (sfogo) sia la riunione della comunità intorno alla pace ritrovata.

In questo meccanismo del capro espiatorio vi sarebbero quattro fasi successive:

1. La fase della nascita della crisi e della violenza che ne deriva;
2. La fase della costituzione di una folla e l’emergere di un capro espiatorio (o ricerca di un colpevole);
3. La fase della designazione del capo espiatorio e della sua messa a morte simbolica o reale (espulsione dalla legge della società);
la fase del ritorno della pace sociale
4. La fase del ritorno della pace sociale (fino alla nuova crisi... dato che il bene agognato non è ancora condiviso e divisibile all’infinito).

Senza condividere la totalità delle opinioni di questo filosofo, l’interesse di questa teoria risiede nel fatto che l’autorità, quando viene usata male, cerca di conformarsi ad essa. Infatti, in caso di una grande crisi della società, la ricerca del colpevole è spesso all’ordine del giorno. L’autorità, a torto o a ragione a seconda dei casi, è facilmente designata come responsabile della situazione. In effetti, quest’ultimo può avere un ruolo significativo nella crisi emergente. Tanto più quando l’idealismo regna nella mente della gente e quando l’opposizione alla legge divina e naturale governa la società e le dà la direzione.

Un meccanismo di difesa consiste allora nell’offrire a tutto il gruppo una persona da incolpare diversa dall’autorità stessa. Da qui l’emergere di capri espiatori.

Dal punto di vista cattolico, sappiamo che, da quando Nostro Signore si è rivelato agli uomini, la società che rifiuta ostinatamente Nostro «è simile a un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde, e la sua rovina fu grande» (Matteo 7, 26-27).

Infatti, non ci si fa beffe di Dio, né della sua Legge, compresa la legge naturale, senza che un giorno o l’altro se ne subiscano le conseguenze quaggiù. Il cardinale Pio, araldo della regalità sociale di Nostro Signore nel XIX secolo, ci ha ricordato che «come le nazioni fanno a Dio, così Dio fa alle nazioni». La società ignora Dio, Gesù Cristo, la Chiesa? Ebbene, non abbiamo paura di dire che ovunque ci sia un tale ordine di cose, Dio risponderà con la pena della ritorsione. Il potere che ignora Dio sarà ignorato da Dio. Ed essere ignorati da Dio è il massimo della sfortuna, è l’abbandono e il rifiuto più assoluto.

La moderna società occidentale sta indubbiamente soffrendo i sobbalzi che annunciano la sua imminente scomparsa come risultato del suo rifiuto del regno di Gesù Cristo sulle nazioni. Questa apostasia, confermata dal rifiuto ufficiale e quasi universale di riconoscere ciò che l’Europa deve al cristianesimo, ha dato luogo a una forma di governo comunista e marxista: la Russia ha purtroppo diffuso i suoi errori, come annunciato dalla Madonna a Fatima.

La conseguenza logica è quella descritta da Nostro Signore e ricordata dal cardinale Pio: la sventura si abbatte su di noi. E la ricerca dei responsabili, dei capri espiatori, è iniziata. Secondo René Girard, questo è l’unico modo per una società morente di andare avanti, di continuare sulla stessa strada fino alla prossima crisi. Sarà così? Nessuno può prevederlo con certezza, ovviamente. Tutto è e rimane nelle mani di Dio, lo sappiamo.

L’attuale crisi sanitaria sta generando, o almeno aiutando, il processo di autodistruzione della società moderna. La colpa sta nell’apostasia in cui la società si mantiene nel tempo, rifiutando di tornare a Colui che solo può salvarla.

Noi, di fronte alla potenza del nemico, in questa lotta che alla fine ci supera, dobbiamo almeno fare tutto il possibile per rifiutare di essere capri espiatori. Non «cambiando schieramento» e unendosi alla folla che cerca i responsabili, ma denunciando le menzogne e gli errori; continuando ad agire secondo la dottrina sociale di Nostro Signore Gesù Cristo; agendo personalmente in modo virtuoso di fronte all’irreligione e all’immoralità ambientale; rifiutando di essere del mondo mentre si vive in esso. E se, sfortunatamente, Dio dovesse permettere che siamo considerati, nonostante tutto, come capri espiatori, non dubitiamo che ci darà i mezzi, a tempo debito, per continuare a vivere e santificarci in questa situazione.

Ciò che è forse un po’ più sorprendente ai nostri giorni sono gli eventi che riguardano la Chiesa, la sposa di Nostro Signore, protetta dalla Sua promessa che «le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa»; promessa che non può essere contraddetta, perché anche se «a terra e il cielo passeranno, le parole di Nostro Signore non passeranno».

Per quanto possa sembrare incredibile, anche nella Chiesa l’autorità cerca capri espiatori per discolparsi di mezzo secolo di diffusione di un veleno che inaridisce le anime e i cuori, impedendo all’acqua viva della grazia di diffondersi e santificare.

Nonostante l’illusione che alcuni nutrono ancora di una Chiesa sana e vivificante, la realtà è ben diversa e, se la Chiesa non fosse protetta dalle promesse infallibili di Cristo, è difficile vedere come potrebbe sopravvivere alla crisi attuale.

Agli occhi del Papa, la responsabilità della situazione catastrofica della Chiesa, nella misura in cui egli ammette questa situazione, che non è così evidente, non può essere dovuta all’orientamento attuale, risultante dal Concilio Vaticano II. Così, egli castiga il clericalismo, il rifiuto dell’altro, il ripiegamento su se stessi, l’attaccamento insensato ai suoi occhi a modi di pensare e riti passati e superati. I colpevoli, i capri espiatori, si trovano allora necessariamente in coloro che mantengono la dottrina perenne della Chiesa, la «Messa di sempre».

Il ritorno di questo ostracismo verso la Tradizione riuscirà a rilanciare la Chiesa post-conciliare verso un modernismo ancora maggiore e verso eresie più o meno consapevolmente espresse? Questo senza contare Gesù Cristo, il divino fondatore di questa Chiesa, e il suo attaccamento ad essa: «Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per essa, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell’acqua accompagnato dalla parola, al fine di fare apparire la Sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata» (Ef. 5, 25-27).

Se Nostro Signore permette e permetterà sempre la nascita o l’annientamento delle nazioni e dei governi, lo stesso non vale per la Chiesa.

In quest’altra battaglia, che alla fine è anche al di là di noi stessi, tanto è titanica, dobbiamo innanzitutto continuare a “credere nella Chiesa”, come ci ricordava il padre Calmel cinquant’anni fa (vedi l’articolo Credere nella Chiesa). Dobbiamo poi continuare a nutrirci dei Sacramenti e della Santa Messa in queste isole che sono i nostri priorati e le nostre cappelle.





gennaio 2022
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