TESSERE PER UN MOSAICO
DEL DOPO BENEDETTO XVI

Sarà Papa emerito
ovvero
Vende la vigna e ci vuole raccogliere l'uva



Commento alla nota diffusa dal Vaticano il 26 febbraio sull'appellativo che conserverà il cardinale Ratzinger dopo la rinuncia al Papato
Nota di Vatican News
Nota di Radio Vaticana


Questo si legge nella nota diffusa dal Vaticano il 26 febbraio 2013

Benedetto XVI si potrà chiamare “Papa emerito o Romano Pontefice emerito”. Lo ha precisato oggi padre Federico Lombardi nel briefing con i giornalisti in Sala Stampa Vaticana. … Il Papa conserverà il nome di “Sua Santità Benedetto XVI” ed indosserà l'abito talare bianco semplice, senza la mantellina che copre le spalle.

Le presentazioni individuali finali, i cosiddetti "baciamano" o brevi saluti al Papa al termine dell'Udienza, saranno sostituti dall'incontro che Benedetto XVI avrà nella Sala Clementina con alcune autorità presenti a Roma
 
Padre Lombardi ha spiegato inoltre che Benedetto XVI non utilizzerà più “L’Anello del pescatore” che sarà annullato come il sigillo di piombo del pontificato.



Questo testo, ufficiale, sancisce alcune cose curiose.

Prima cosa importantissima, Papa Ratzinger ha completato una delle riforme volute dal Vaticano II: la parità tra vescovi e papi.
Lo chiameremo “Papa emerito” o “Romano Pontefice emerito”, dice Padre Lombardi, esattamente come accade per i vescovi delle diocesi che, per una intelligentissima intuizione di Paolo VI, a 75 anni rassegnano le dimissioni.
D’altronde, il Papa è il vescovo di Roma… quindi… Quindi anche Roma è diventata una diocesi qualsiasi, non più la sede di Pietro, ma la sede di un vescovo qualunque.
Nessuna offesa per i vescovi, ovviamente, neanche per quelli “qualunque”.
Il fatto è che il vescovo, sia per la sua ordinazione, sia per la sua giurisdizione, è un successore degli Apostoli, così che accade una cosa strana: lo sdoppiamento dello stesso successore: un successore “attivo” e un successore “a riposo” o “inattivo”, cioè un vescovo che fa il vescovo e un altro vescovo, al suo fianco… o di lato… o di dietro…, che non si capisce bene che cosa faccia.
Da adesso, lo stesso sarà per il Papa.
Un enorme pasticcio!
Ovviamente, se tutto questo lo si guarda nell’ottica dell’organizzazione di una Pro Loco, ecco che ogni cosa va a posto.
Chissà se gli Apostoli abbiano mai pensato ad un epilogo del genere!

Seconda cosa. “Papa” o “Romano Pontefice” emerito, dice Padre Lombardi, “decisione… presa in accordo con lo stesso Pontefice”, cioè con Papa Ratzinger.
Ebbene, che ne sarà dell’appellativo per eccellenza del Papa: che ne sarà del Vicario di Cristo?
Già, perché dal 28 febbraio prossimo, in terra ci saranno due “vicari di Cristo”.
Non sembri irriverente… qui le cose sono serie… ma non si può passare sotto gamba questo elemento essenziale del pontificato: il Papa è il rappresentante in terra del vero Capo della Chiesa: Cristo.
Si possono fare tutte le disquisizioni che si vogliono, ma una cosa è certa: Papa Ratzinger ha deciso che ci saranno due “vicario di Cristo”, lui, “Romano pontefice” emerito, e l’altro, una volta eletto dai cardinali, “Romano Pontefice” regnante.
Decenza avrebbe voluto che, una volta operata la “gran rinuncia”, il cardinale Ratzinger se ne tornasse a casa sua a fare il cardinale in pensione, come esige la logica elementare. E invece no, non solo rimane a Roma, non si capisce bene a fare cosa, ma vuole che lo si continui a chiamare “Romano Pontefice”.
Ha proprio ragione il vecchio proverbio: Vende la vigna e ci vuole raccogliere l'uva.

Terza cosa. Il ridicolo, poi, sopraggiunge quando Padre Lombardi precisa che il Papa conserverà il nome di “Sua Santità Benedetto XVI”.
Ora, l’appellativo di Sua Santità è riservato al Papa in forza del sacro vicariato, ma se il Papa rinuncia all’essere papa e Vicario di Cristo, come può pretendere che si possa, o debba, chiamarlo Sua Santità!?
Solo una motivazione può stare alla base di questa eccentrica decisone: che Ratzinger consideri l’appellativo di Sua Santità un modo di dire, una sorta di titolo onorifico, un orpello. Per di più un titolo onorifico che, una volta assegnato, non è legato tanto alla funzione, quanto alla persona. Esattamente come uno che, avendo fatto una volta il presidente della Savoia Calcio, finisce con l’essere chiamato presidente per tutta la vita, così per una forma di cortesia.

Se a questo si aggiunge che conserverà anche il nome di “Benedetto XVI”, si tocca l’assurdo. Benedetto XVI è il nuovo nome scelto dal cardinale Ratzinger una volta eletto papa, il che significa che in maniera simbolica il cardinale Ratzinger è morto al mondo, sostituito da Benedetto XVI fino alla morte.
Lo stesso accade con un qualsiasi laico che, votatosi al totale servizio a Dio, diventa “frate Celestino” o “sorella Celeste”.
Il cambio del nome è il segno della scelta con la quale si è inteso cambiare in un certo modo il proprio essere, non solo il proprio stato. Non si tratta di una mutazione ontologica, come con l’ordinazione, ma di una scelta esistenziale personale. E il cardinale Ratzinger, accettando l’elevazione al Soglio Pontificio, operò una scelta esistenziale definitiva, abbandonò il suo essere Joseph Ratzinger per diventare Benedetto XVI.
Ora, pur decidendo di tornare indietro e di rinnegare quella scelta, a suo tempo operata per ubbidire alla volontà di Dio, il cardinale Ratzinger ritiene di mantenere il nome che non gli compete più e al quale ha volontariamente rinunciato.

Terza cosa. Padre Lombardi precisa che Benedetto XVI non utilizzerà più “L’Anello del pescatore” che sarà annullato come il sigillo di piombo del pontificato.
La cosa appare inevitabile e coerente, ma la distruzione dell’anello e del sigillo implicherebbe la distruzione del Papa che li portava (compito un tempo riservato alla morte), poiché  è indubbio che se si distrugge un simbolo è perché è venuta meno la motivazione del suo uso. E invece no, qui si distrugge il simbolo del papato di Benedetto XVI, ma senza che sia venuto meno tale papato: Ratzinger continuerà ad essere un “Romano Pontefice”… com’è possibile una tale impossibilità?
Nella collezione della neo-Chiesa conciliare mancava davvero questo “Romano Pontefice” che non è “Romano Pontefice”.
Neanche i sedevacantisti avevano osato spingersi a tanto, Ratzinger ha superato in contraddizione anche i sedevacantisti.

Quarta cosa. Dice Padre Lombardi, che il 27 febbraio ci sarà l’udienza generale, ma al termine di essa non ci saranno i “cosiddetti baciamano” o brevi saluti al Papa.
Ora, il termine “baciamano”, seppure preceduto da “cosiddetti”, introduce un’idea tutta umana e superficiale del “bacio dell’anello”, così che anche questo elemento altamente simbolico è stato demolito.
In realtà, ai Successori degli Apostoli e massimamente al Papa, non si baciano mai le mani, perché le mani sono degli uomini, e a nessun fedele cattolico corre l’obbligo di baciare la mano di un altro uomo. Anche nell’uso popolare del baciamano al sacerdote, non si bacia la mano dell’uomo, ma, come accade giustamente subito dopo l’ordinazione, si bacia la mano consacrata con l’Ordine sacro: si bacia la fiamma dello Spirito Santo che è sceso a fare di un uomo un consacrato e un ordinato.
Nei vescovi, che sono i detentori della pienezza dell’Ordine, questo elemento è materialmente e perennemente rappresentato dall’anello, che è il segno tangibile della potenza di Dio trasmessa ad un uomo perché egli, dal momento dell’ordinazione episcopale, sarà colui che in terra eserciterà il potere di “sciogliere e legare”, espressamente trasmessogli da Nostro Signore.
Al cospetto di un vescovo, investito di tale potere divino, il fedele si inginocchia, come davanti a Nostro Signore, e gli bacia l’anello, bacia cioè il segno tangibile della potenza di Dio in terra.
Lo stesso, a fortiori, vale per il Papa. Non si bacia la mano del Papa, ma l’anello pontificale, il segno proprio del Vicario di Cristo, il facitore di ponti tra la terra e il Cielo, per volontà di Dio e per intervento dello Spirito Santo.
Il portavoce del Vaticano che parla di “baciamano”, così facendo rivela che anche questo elemento, altamente simbolico ed espressivo di tutta una dottrina, è stato declassato a mero gesto umano di rispetto per una “persona importante”, esattamente come si usava fare in Sicilia con l’espressione di saluto “baciamo le mani!”. Espressione atta ad esprimere un rispetto sociale, in quanto estensione di un ben altro rispetto: quello del figlio che baciava le mani del proprio padre che lo aveva generato ed educato e le mani della propria madre che lo aveva partorito e cresciuto.

Prima la “rinuncia”, presentata come chiamata di Dio alla preghiera, in aperta contraddizione con la chiamata di Dio al papato. Poi il mantenimento del “titolo” relativo a ciò a cui si è rinunciato. Quindi il mantenimento di un nome che non è più il suo. Insomma, un papa rinunciatario che però non vuole rinunciare ad essere papa.

Sarà facile da capire, ma non per noi che siamo duri di comprendonio.

Christe eleison!



febbraio 2013

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