Il vacuo nichilismo del festival di Sanremo

Articolo di Tommaso Scandroglio


Pubblicato su Corrispondenza Romana






Sbadiglio e disgusto. Il sig. Rossi ha sbadigliato quando l’altro giorno, in apertura del Festival di Sanremo, Achille Lauro ha recitato, pardon, ha cantato Domenica. Più orecchiabile e più memorabile della melodia (?) di Domenica è quella che si ascolta negli ascensori degli hotel. In merito al testo è come se non esistesse perché le parole seguono un principio aleatorio, sono “parole in libertà” per dirla con Marinetti. Ma è appunto una trovata futurista di più di cento anni fa. Una cosa vista e stravista.

Ovviamente, dato che il sig. Lauro De Marinis, il vero nome del cantante, non può far affidamento su doti artistiche, tenta di emergere buttandola sulla provocazione, perché sono tutti bravi a provocare, ma pochi sono bravi ad essere artisti.
Insomma lo spazio vuoto lasciato dall’arte viene riempito da scontate volgarità ed ennesimi atti sacrileghi che andrebbero snobbati perché è noto che la polemica è succedaneo del successo.  E qui scatta il disgusto prima accennato e che riguarda il cattolico, esemplare ormai raro tanto quanto le doti canore sul palco dell’Ariston.
De Marinis negli anni ci ha provato in tutti i modi per dissipare i miasmi di noia che si levano dalle sue canzonette. Il bacio gay con Fiorello (capirai che trovata) e la corona di spine sulla testa nello scorso Festival, poi ovviamente il Nostro si presenta sempre in costume semi-adamitico e in modo compulsivo continua ad accarezzarsi lascivo l’inguine (e qui il sig. Rossi continua a sbadigliare). Forse il tentativo lodevole è quello di distrarre l’ascoltatore dalla musica e dal testo delle sue canzoni.

Quest’anno lo stereotipo si è ripetuto a favore del tedio di quasi 11 milioni di italiani. Non solo il Nostro ha scelto come titolo della canzone la Domenica, il giorno del Signore, ma al termine del brano ha preso anche una conchiglia battesimale e si è “battezzato”. Ovviamente il gesto c’entrava con il pezzo, come i talebani con la pace nel mondo. Ma si sa, se sputi in faccia a ciò che è sacro per la Chiesa cattolica avrai i tuoi 5 minuti di celebrità, se sputi in faccia a ciò che è sacro per l’Islam avrai sempre i tuoi 5 minuti di celebrità però postuma.

A rompere la monotonia sanremese ci ha pensato però Mons. Antonio Suetta, vescovo di Sanremo Ventimiglia, che ha pubblicato un comunicato che dovrebbe essere appeso nella camera da letto di ogni vescovo nel orbe terracqueo:
«La penosa esibizione del primo cantante ancora una volta ha deriso e profanato i segni sacri della fede cattolica evocando il gesto del Battesimo in un contesto insulso e dissacrante. […] Non stupisce peraltro che la drammatica povertà artistica ricorra costantemente a mezzi di fortuna per far parlare del personaggio e della manifestazione nel suo complesso. Indeciso se intervenire o meno, dapprima ho pensato che fosse conveniente non dare ulteriore evidenza a tanto indecoroso scempio, ma poi ho ritenuto che sia più necessario dare voce a tante persone credenti, umili e buone, offese nei valori più cari per protestare contro attacchi continui e ignobili alla fede; ho ritenuto doveroso denunciare ancora una volta come il servizio pubblico non possa e non debba permettere situazioni del genere, sperando ancora che, a livello istituzionale, qualcuno intervenga; ho ritenuto affermare con chiarezza che non ci si può dichiarare cattolici credenti e poi avvallare ed organizzare simili esibizioni […]. Sono consapevole che la mia contestazione troverà scarsa eco nel mondo mediatico dominato dal pensiero unico, ma sono ancora più certo che raggiungerà cuori puliti e coraggiosi, capaci di reagire nella quotidianità della vita ad aggressioni così dilaganti e velenose. Soprattutto sono convinto di dover compiere il mio dovere di pastore affinché il popolo cristiano, affidato anche alla mia cura, non patisca scandalo da un silenzio interpretato come indifferenza o, peggio ancora, acquiescenza.

Vero è, come dice il proverbio, che ‘raglio d’asino non sale al cielo’, ma stimo opportuno sollecitare le coscienze ad una seria riflessione e i credenti al dovere della riparazione nella preghiera, nella buona testimonianza della vita e nella coraggiosa denuncia».

In questa gara per arrivare ultimi in quanto ad originalità e primi in quanto a banalità ecco scendere in campo anche Victoria dei Maneskin, il gruppo che ha vinto Sanremo nel 2021 e presente all’Ariston anche quest’anno. La bassista posta una foto su Instagram in bikini: su un triangolo del reggiseno c’è la parola “Padre” in inglese, sull’altro la parola “Figlio” e sugli slip “Spirito Santo”.

Il sentimento di accesa repulsa per questo ulteriore gesto blasfemo si accompagnano ad altri sentimenti che vanno tra l’uggia e la monotonia. Sa tutto di vecchio e stantio, cose che sono il calco pure sbiadito dello spirito sessantottino che voleva essere rivoluzionario e anticonformista a tutti i costi. Ma in una società dove tutti sono rivoluzionari e anticonformisti i veri rivoluzionari e anticonformisti sono i cattolici vecchia maniera: quelli che pregano ogni giorno magari con il rosario, che vanno a Messa, che non convivono, che sono fedeli alla moglie e al marito.
Si dirà che Lauro e Victoria hanno ricevuto migliaia di like per le loro trovate. Ciò conferma che i giovani sono lucerne spente, sono vecchi e polverosi dentro, galleggiano in uno stagno di noia e appena una rana gracida sembra un avvenimento.
Lauro, Maneskin e i loro emuli sono prodotti commerciali seriali e quindi per nulla originali, sono espressioni di sedimentate abitudini anarcoidi, sono prevedibili cliché di una contemporaneità che sta affogando in uno stolido e vacuo nichilismo dove la stupidità non produce nemmeno più eco, sono luoghi comuni della musica, sono voci che non cantano, bensì gridano in un deserto esistenziale, sono comparse inconsistenti di un sistema mediatico che fomenta un’incessante e disperata frenesia. E coloro che si eccitano per le loro genialate sono fantasmi anch’essi. Quindi, come suggerito da Mons. Suetta, preghiamo e ripariamo con opere buone questi atti di blasfemia, ma soprattutto lasciamo che «i morti seppelliscano i loro morti».


febbraio 2022
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