Simposio sul sacerdozio a Roma:
un altro passo verso il baratro?


Articolo di Matteo D'Amico


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Il 5 febbraio è giunta la notizia che dal 17 al 19 febbraio si terrà in Vaticano (Aula “Paolo VI”) un simposio internazionale dal titolo “Per una teologia fondamentale del sacerdozio” coordinato dal card. Marc Oullet, prefetto della Congregazione per i vescovi, con l’ausilio del Centro di Ricerca e di Antropologia delle Vocazioni.

Oullet ha condannato l’idea di sacerdozio come “potere”, riprendendo un’idea fissa di Bergoglio, ovvero che gli abusi nascono da una visione “clericale”, mondanizzata e di potere del ruolo di sacerdote.

Il simposio si svolgerà sullo sfondo del sempre risorgente caso degli abusi sessuali dei sacerdoti (che si omette di dire che sono per lo più abusi compiuti da sacerdoti omosessuali verso adolescenti o giovani e non casi di “pedofilia”, come in genere intitolano i giornali).

Si noti anche che recentemente in Germania più di 120 religiosi e religiose hanno fatto “outing”, dichiarando pubblicamente la loro omosessualità e chiedendo alla Chiesa di rivedere la sua posizione sul tema.

Fra i temi che sono emersi nella conferenza stampa di presentazione del Simposio troviamo, in modo del tutto prevedibile, il problema della formazione dei seminaristi (nell’illusione di poter ridurre un problema morale e spirituale a un problema di formazione).

Altri temi che verranno toccati sono quelli dei “Viri probati”, ovvero membri della parrocchia sposati e di sicura fede che qualcuno vorrebbe poter ordinare sacerdoti; il tema del diaconato femminile,  il tema dell’obbligo di celibato per i sacerdoti.
Sia chiaro sono tutti vecchi cavalli di battaglia modernisti (oltre che tratti che contraddistinguono praticamente tutte le sette eretiche della storia) e sono temi che agitano la Chiesa cattolica a partire dal Concilio Vaticano II; inoltre sono temi messi in luce durante il Sinodo dell’Amazzonia, dove molti - e in particolare i vescovi tedeschi - si aspettavano qualche gesto di rottura più deciso da parte di Bergoglio, gesto che poi non ci fu.

Naturalmente Oullet non poteva evitare un appello al Vaticano II, concilio che aveva posto tutte le premesse per risolvere il problema del sacerdozio, anche se purtroppo non è stato capito e attuato pienamente:

Nella Chiesa cattolica il Concilio Vaticano II ha rimesso in primo piano il sacerdozio dei battezzati e questo sempre è il risultato delle polemiche e delle divisioni della Chiesa. Noi siamo rimasti col ministero sacerdotale, i protestanti con il sacerdozio battesimale e bisognava riconciliare e integrare le prospettive: questo è stato fatto dal Concilio ma  non è ancora entrato profondamente nella vita e nella pastorale della chiesa. Ci vuole un lavoro ulteriore e il simposio servirà a approfondire la questione”.

Si noti come l’accento viene posto sul “sacerdozio battesimale” di tutti i fedeli, letto come tema chiave, positivo, del protestantesimo, e si consideri la temerarietà di un cardinale che osa pensare che la Chiesa debba imparare qualcosa dalle sette protestanti per capire meglio il sacerdozio, dove l’idea cattolica di Messa e di Sacerdozio era proprio ciò che Lutero odiava di più!

Ricordiamo che mentre a Roma si aspetta il citato Simposio, la chiesa tedesca sta ormai entrando in uno stato di scisma formale, con i suoi vertici, rappresentasti da uomini come il cardinal Marx, che ormai non hanno più limiti, né alcun pudore  nel manifestare il loro pensiero eterodosso, chiedendo di abolire il celibato (Il cardinale Marx vuole dare ai sacerdoti la possibilità di sposarsi – FSSPX.Actualités / FSSPX.News), o di accettare sacerdoti omosessuali (Il cardinale Marx difende l’ordinazione dei gay – FSSPX.Actualités / FSSPX.News).
Inoltre il fronte più “progressista” dentro la Chiesa, sta premendo in modo sempre più sfacciato perché la Chiesa modifichi la sua morale sessuale e, in particolare, cessi di considerare  un grave disordine l’omosessualità, accettandola come legittima manifestazione affettiva.
Ebbene, di fronte a questo quadro catastrofico occorre fare alcune osservazioni di fondo: i gravissimi problemi morali che affliggono il clero cattolico (omosessualità, abusi, nicolaismo, etc.) non si risolvono abolendo il celibato, né rafforzando la formazione psicologica dei chierici, né rendendo più severi i protocolli giuridici di segnalazione e intervento sui casi più critici, ma tornando alla pienezza della fede, abbandonando le secche del modernismo, riconoscendo i danni spaventosi fatti dal Concilio Vaticano II.  La crisi è innanzitutto una crisi di fede, e il crollo della condotta morale dei chierici è il sintomo e la conseguenza inevitabile della crisi della fede.

In secondo luogo il sacerdote è in crisi perché non sa più cos’è, chi è, quale dovrebbe essere il suo compito: occorre tornare alla dottrina di sempre sul sacerdozio, riformare i seminari e i percorsi di formazione tornando alla Tradizione post-tridentina, smantellare il folle castello di carte dell’ecumenismo e insegnare ai giovani chierici  come la loro identità si radichi in quella della Chiesa cattolica, unica arca di salvezza. 
Se il sacerdote comprende che dal suo operato e dalla sua santità personale passa in gran parte la possibilità della salvezza eterna delle anime a lui affidate, molti dubbi e turbamenti affettivi scompaiono come nebbia al sole.

In terzo luogo occorre abrogare la riforma liturgica di Paolo VI, perché ha dato vita a una Messa  “protestantizzante”, che impedisce ogni vera adorazione di Dio, rendendo impossibile un vero raccoglimento spirituale e ostacolando  gravemente la santificazione dei sacerdoti. E’ urgente tornare alla Messa di sempre, al rito come definito da San Pio V, permettendo ai seminaristi di crescere  attorno all’altare, dove possono comprendere come si rinnovi il Santo Sacrificio del Golgota, fonte di ogni grazia e di ogni santità.

La crisi del sacerdozio non finirà fino a che non si tornerà alla dottrina di sempre e alla Messa di sempre; qualunque altra riforma potrà servire solo a rimandare il problema un po’ più in là e a renderlo più grave.




febbraio 2022
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