Un parco sul Monte degli Ulivi, dietro front israeliano

Articolo di Terra Santa Net



Pubblicato su Terra Santa Net

e sul Centro Studi Giuseppe Federici

Qui abbiamo dato notizia della protesta delle Chiese per l’ampliamento del parco





Panoramica del Monte degli Ulivi a Gerusalemme, con la basilica dell'Agonia [Getsemani] e (a destra) il declivio del grande cimitero ebraico. (foto Rostislav Ageev/Shutterstock.com)


L'Autorità israeliana per i Parchi e la Natura rinuncia ad espandere il Parco nazionale delle mura di Gerusalemme dopo la ferma protesta dei capi delle Chiese che denunciano ben altri interessi in gioco.

(c.l./g.s.) – L’Autorità israeliana per la Natura e i Parchi quest’oggi (21 febbraio 2022) ha annunciato di non volere dare attuazione al progetto di ampliare il Parco delle Mura di Gerusalemme, espandendone i confini fino alle pendici del Monte degli Ulivi. Si tratta di un ripiegamento (temporaneo?) dovuto alla ferma protesta indirizzata alla ministra per l’Ambiente israeliana Tamar Zandberg il 18 febbraio scorso dal patriarca greco-ortodosso di Gerusalemme, Theophilos III, dal custode di Terra Santa, fra Francesco Patton, e dal patriarca armeno di Gerusalemme, Nourhan Manougian.

Del progetto di ampliamento si parla da tempo, ma nei giorni scorsi era filtrata l’intenzione di presentarlo il prossimo 2 marzo alla Commissione di pianificazione urbanistica della municipalità di Gerusalemme per un via libera preliminare.

Il Parco si estenderebbe anche su terreni, immobili e santuari di proprietà delle varie Chiese, in un’area molto cara ai pellegrini cristiani di tutto il mondo e ciò ha indotto le tre autorità ecclesiastiche a reagire.

«Si tratta – hanno scritto senza mezzi termini i firmatari della lettera – di un provvedimento brutale che costituisce un attacco diretto e premeditato contro i cristiani di Terra Santa e contro le Chiese e i loro antichi diritti, internazionalmente garantiti, nella Città Santa». La lettera alla ministra è rimbalzata sui media israeliani e il quotidiano digitale The Times of Israel l’ha riprodotta integralmente il 20 febbraio.

Per dare maggior peso al loro intervento, il custode francescano di Terra Santa e i due patriarchi hanno inoltrato una copia per conoscenza della missiva anche ai consoli generali a Gerusalemme di Francia, Turchia, Italia, Grecia, Spagna, Regno Unito, Belgio e Svezia, nonché al rappresentante pontificio, il nunzio Adolfo Tito Yllana.

Il Monte degli Ulivi parco nazionale israeliano?

È vero che sulle pendici occidentali del monte c’è un cimitero ebraico in uso da oltre tremila anni, ma il rilievo è anche uno dei luoghi più sacri della cristianità. Quello che fu scenario di eventi importanti della vita di Gesù ospita una dozzina di santuari e luoghi di culto cristiani che, in assenza di restrizioni imposte dalla pandemia, «sono visitati ogni anno da milioni di pellegrini», ricordano i capi delle Chiese. Altre porzioni della montagna interessate dal progettato ampliamento – che includerebbe anche parti della valle del Cedron e della valle di Ben Hinnom (Geenna) – appartengono a proprietari privati palestinesi.

L’Autorità per la Natura e i Parchi afferma che il suo progetto mira a preservare il paesaggio naturale e culturale di quelle aree e non comprometterebbe le proprietà ecclesiastiche eventualmente incorporate nel parco nazionale. I media israeliani osservano però che le autorità israeliane si garantirebbero così la possibilità di un’ampia gamma di azioni, tra cui la realizzazione di sopralluoghi, il rilascio di autorizzazioni per lavori e progetti di valorizzazione, restauro e conservazione.

«Obiezione inequivocabile» delle Chiese

I tre firmatari della lettera congiunta hanno espresso la «più profonda preoccupazione», insieme ad un’«inequivocabile obiezione» al piano di ampliamento del Parco delle mura.

E si rammaricano che l’Autorità per i Parchi «giochi un ruolo ostile nei confronti delle Chiese e della presenza cristiana in Terra Santa», prestandosi ad interessi altrui. «Con il pretesto di proteggere gli spazi verdi, il piano sembra servire a un’agenda ideologica che nega lo status e i diritti dei cristiani a Gerusalemme», hanno osservato gli ecclesiastici nella loro lettera, nella quale aggiungono: «Benché il progetto sia presentato ufficialmente dall’INPA [l’acronimo che indica l’Autorità – ndr], sembra che sia stato proposto e orchestrato, avanzato e promosso da entità il cui unico scopo apparente è confiscare e nazionalizzare uno dei luoghi più sacri per la cristianità e alterarne la natura».

Un’agenda ideologica

Il riferimento diretto è a quei gruppi nazionalisti che stanno lavorando per aumentare la presenza di residenti ebrei nei quartieri di Gerusalemme Est e soprattutto nelle aree cristiane della città vecchia di Gerusalemme. Manovre che i capi delle Chiese di Terra Santa hanno già denunciato anche in una dichiarazione comune dello scorso dicembre.

Più in generale, questi gruppi mirano a ridurre la presenza di non ebrei a Gerusalemme Est, come sta accadendo nei quartieri di Sheikh Jarrah e Silwan a nord e a sud della città vecchia. In una dichiarazione congiunta rilasciata a The Times of Israel, le organizzazioni per i diritti umani Bimkom, Emek Shaveh, Ir Amim e Peace Now si sono affrettate a sottolineare che «c’è un collegamento diretto tra ciò che è in corso a Sheikh Jarrah e questo piano di ampliamento dell’INPA».

Il Parco nazionale in questione è stato inaugurato negli anni Settanta. Attornia le mura di Gerusalemme vecchia – senza includerle – e la città di David (nel quartiere a maggioranza araba di Silwan). Quando se ne tracciarono i confini, «si evitò accuratamente di includere gran parte del Monte degli Ulivi», riporta The Times of Israel. Le autorità contemplarono una «fase due» per espandere il parco nazionale, ma poi decisero di soprassedere in considerazione del carattere sensibile dei terreni che si andava ad incorporare. A distanza di mezzo secolo la «fase due» torna all’ordine del giorno.

Oggi riferisce, il quotidiano Haaretz, il parco si estende per poco meno di 110 ettari. Il progettato ampiamento dei confini ne aggiungerebbe altri 27.




Secondo il Times of Israel il piano non priverebbe i cristiani delle loro proprietà, ma concederebbe al governo israeliano autorità sull’area e le terre dei palestinesi, oltre ai siti religiosi che comprendono anche la Basilica del Getsemani.



Basilica del Getsemani.


 




febbraio 2022
AL SOMMARIO ARTICOLI DIVERSI