La Croix: il Vetus Ordo è “un’altra fede”, quella dei “mea culpa e riparazione perpetua”.
Che noi modernisti abbiamo superato.


Articolo di Maurizio Blondet


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La prima immagine è nostra

Dopo questo articolo abbiamo messo una notizia circa il nuovo vescovo di Totino






Un lettore mi segnala alcune idee del prete-teologo don Repole che El Papa ha nominato vescovo di Torino:
Dio e Chiesa non sono concetti sacri; nella Chiesa deve entrare la democrazia, la Chiesa deve adeguarsi ai tempi, (negazione aperta della Parola); il passato non si cancella, ma quella Chiesa è finita per sempre! Il prete non deve stare a pregare, a celebrare, deve occuparsi solo di carità!

Felice coincidenza! Il periodico francese cattolico La Croix ha scritto un articolo per non solo approvare, ma esaltare il divieto di celebrare il Vetus Ordo comminato da El Papa. Ciò perché l’accettazione della vecchia forma della liturgia promuoverebbe «una «contro-testimonianza di fede», «la religione del mea culpa e la riparazione perpetua».

«Una fede che scaturisse ancora dalla lex orandi di ieri, che ha fatto del cattolicesimo la religione di un dio perverso che fa morire suo figlio per placare la sua ira, religione del mea culpa e della riparazione perpetua, porterebbe a una contro-testimonianza di fede, a immagine disastrosa di Cristo. La riprova è l’attivazione ancora troppo frequente di indulgenze, legate tra l’altro a sacrifici di massa, redenzioni per i peccati».

Nel vecchio rito, incalza La Croix,
«Il numero dei segni della croce (47) rasenta la magia. “Il sacramento dell’Eucaristia” è sempre un “antidoto” ai peccati (Concilio di Trento 23a sessione). Il numero delle messe di riparazione per loro rasenta l’ossessione….»

Finalmente i modernisti (e il “teologo” di Torino) parlano chiaro: la loro è “un’altra fede”. Diversa da quella vigente per duemila anni dopo la Resurrezione di Gesù.
Giù la maschera: nessuna ermeneutica della continuità: due fedi separate, e la vincente è la loro. Siccome si credono vincitori come occupanti della Chiesa per qualche tempo, lo dicono chiaramente: non più “mea culpa e atti di riparazione” ossessivi!
Quella Chiesa “è finita per sempre!”, intima il kapò da KGB clericale. Comincia un’epoca di persecuzione per i sacerdoti fedeli, anche che seguono obbedienti il Novus Ordo. Devono anche professare che “Dio e Chiesa non sono concetti sacri”. Devono smettere di “stare a pregare e celebrare”…

Proprio in questo momento del totalitarismo dell’Impostura covidica, e sull’orlo di una guerra, la Chiesa dovrebbe invitare gli uomini a battersi il petto e a dare riparazione per i propri e altrui peccati.
Tacere e non chiedere né far chiedere perdono significa collaborare con l’Anticristo.
L’odio per i “mea culpa e la riparazione perpetua” – mostra così scultoreamente da quale vizio germina: dalla superbia. Il peccato di Lucifero.
L’uomo modernista non si vuol riconoscer peccatore, lui è perfetto così com’è e si rifiuta di piatire misericordia dalla Misericordia incarnata; del resto “Dio non è un concetto sacro”!
Il superboi che non vuole più saperne di “mea culpa” e di battersi il petto.
Uno degli effetti che non notano, loro, i cultori della “fede” nuova, è che Dio – che non è sacro e di cui non c’è bisogno – è un dio inutile; un dio degli epicurei; che non punisce ma nemmeno guarisce, che non perdona – c ma posto questo, perché restano nella Chiesa? Anzi l’hanno occupata espellendo gli altri?
Se Dio è inutile, a rigore ancor più inutile è la Chiesa che “non lo celebra e non lo prega”.
Infatti non è un caso, anzi è perfettamente coerente, che Bergoglio stia facendo della Chiesa una ONG ausiliaria del Grand Reset e dei Rothschild ed altri miliardari, lanciati nell’immane impresa di cambiare l’uomo artificializzandolo con inserti di chip medicalizzandolo e vax, togliendogli l’umanità e l’autonomia, ogni libertà.
Hanno occupato la Chiesa al solo scopo di impedire agli altri pentimento e conversione, e i suoi mezzi sacramentali di salvazione?
Diventa anche chiaro l’odio che questa genia di occupanti della Santa Sede ha tributato a Fatima, che non fa altro che incitare i tre bambini a “riparazione perpetua”, non tanto per i peccati loro (che non ne hanno…) per la conversione dei peccatori.




«OFFRITE COSTANTEMENTE ALL’ALTISSIMO PREGHIERE E SACRIFICI»

L’angelo nella sua seconda apparizione ai tre bambini chiede loro di offrire sacrifici in riparazione dei peccati contro Gesù:
Parole difficili da comprendere per bambini di neanche dieci anni, al punto che Lucia venne spinta a domandargli come potessero fare ciò. E la spiegazione fu immediata: «Di tutto quello che potete, offrite un sacrificio a Dio, in atto di riparazione per i peccati da cui Egli è offeso, e come supplica per la conversione dei peccatori. […] Soprattutto, accettate e sopportate con sottomissione le sofferenze che il Signore vi manderà»”.

Anche la Madonna rivolge la stessa richiesta ai pastorelli, e di fronte alla loro disponibilità promette che, nonostante le grandi sofferenze che dovranno patire, godranno del conforto della grazia di Dio:
Il 13 maggio 1917 fu la Madonna a rivolgere loro un più intenso invito: «Volete offrirvi a Dio per sopportare tutte le sofferenze che Egli vorrà mandarvi, in atto di riparazione per i peccati con cui Egli è offeso, e di supplica per la conversione dei peccatori?». E alla loro risposta positiva replicò: «Allora, dovrete soffrire molto, ma la grazia di Dio sarà il vostro conforto»”.

Sul “cancro morale” di cui questi superbi impenitenti sono affetti, sono definitive le parole del vescovo Fulton Sheen:
«Chi nega la colpa e il peccato è come gli antichi farisei che credevano che il Salvatore avesse un “complesso di colpa” perché li aveva accusati di essere sepolcri imbiancati: puliti al di fuori ma dentro pieni di ossa di morti. Quelli che ammettono di essere colpevoli sono come i pubblici peccatori e i pubblicani di cui Nostro Signore disse: “In verità vi dico che i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel Regno di Dio” (Mt 21,31).

«Coloro che credono di essere sani, ma hanno un cancro morale nascosto, sono incurabili; l’ammalato che desidera essere guarito ha invece la possibilità di guarire. Ogni rifiuto di riconoscere la colpa allontana gli uomini dall’area di amore e, inducendoli alla presunzione di sé, impedisce la guarigione.

«Le condizioni essenziali di ogni trattamento sono le seguenti: un medico non ci può guarire se non ci mettiamo nelle sue mani; e noi non ci mettiamo nelle sue mani se non sappiamo di essere ammalati. Allo stesso modo, il riconoscimento del peccato è per il peccatore una delle condizioni essenziali della sua guarigione; l’altra è il suo ardente desiderio di Dio.

«Quando desideriamo Dio, non lo desideriamo come peccatori ma come persone che amano. E’ vero che, dopo il nostro esame di coscienza, noi ci riconosciamo indegni di essere amati; ma è precisamente questo che ci fa desiderare Dio, perché Lui è l’unico che ama ciò che non è degno di essere amato.
(Fulton J. Sheen, da “La Pace dell’Anima” edizioni Fede e Cultura)

Senza mea culpa né riparazione, questa “nuova” fede attira su di sé e noi la Punizione “come con ruote di carro”, secondo il detto di Isaia


NOTiZIA




«Penso che la teologia non possa né debba rinunciare a parlare anzitutto di Gesù Cristo, di Dio, della grandezza dell’uomo e del suo destino, della Chiesa... Insomma, di quei temi che sono, da sempre, la ragione del suo esistere. Temi, peraltro, di cui anche oggi c’è grande sete: per alcuni aspetti – nella crisi di speranza che stiamo attraversando – più che in altri tempi! Il punto è che la teologia non può permettersi il lusso di un linguaggio criptico. E per farlo ha due sentieri da imboccare: essere sempre un servizio al concreto popolo di Dio e alla sua fede vivente; e mantenersi in un dialogo vivo con la cultura del mondo contemporaneo».

Roberto Repole è nato a Torino il 29 gennaio 1967, è cresciuto a Givoletto, è originario di Rapone, in Lucania.

Ha compiuto gli studi superiori presso il seminario minore conseguendo la maturità classica presso il Liceo salesiano Valsalice di Torino nel 1986.
Ha studiato filosofia e teologia nel seminario arcivescovile di Torino e ha conseguito il baccalaureato in teologia presso la sede parallela di Torino della Facoltà teologica dell’Italia settentrionale nel 1992.
Ha proseguito gli studi di teologia sistematica presso la Pontificia Università Gregoriana a Roma conseguendo la licenza nel 1998 e il dottorato nel 2001.
Il 13 giugno 1992 ha ricevuto l’ordinazione presbiterale dal cardinale Giovanni Saldarini incardinandosi, all’età di venticinque anni, come presbitero dell’arcidiocesi di Torino.
In seguito è stato vicario parrocchiale dal 1992 al 1996; docente di teologia sistematica presso la sede parallela di Torino della Facoltà teologica dell’Italia settentrionale e l’Istituto Superiore di Scienze Religiose della stessa città dal 1996; canonico della real chiesa di San Lorenzo a Torino dal 2010, presidente dell’Associazione Teologica Italiana dal 2011 al 2019; preside della sezione di Torino della Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale e collaboratore pastorale della parrocchia Santa Maria della Stella a Druento. E’ stato anche membro del consiglio di amministrazione dell’Agenzia della Santa Sede per la valutazione e la promozione della qualità delle università e facoltà ecclesiastiche (AVEPRO) dal 2016.
A livello diocesano è stato coordinatore della pastorale universitaria e membro della commissione ecumenica per cinque anni; assistente ecclesiastico diocesano del Movimento ecclesiale di impegno culturale (MEIC) e membro del consiglio presbiterale.
In occasione del quinto anniversario dell’elezione di papa Francesco, Repole è stato curatore della collana La Teologia di Papa Francesco, una serie di analisi di teologi in 11 volumi.
Il papa emerito Benedetto XVI, chiamato a scrivere un contributo, ha espresso sorpresa per l’inclusione del teologo Peter Hünermann che, secondo lui, aveva ferocemente attaccato la sua autorità di insegnamento come papa.

Il 19 febbraio 2022 papa Francesco lo ha nominato 95º arcivescovo metropolita di Torino e vescovo di Susa, unendo così in persona episcopi le due sedi; è succeduto rispettivamente a Cesare Nosiglia e Alfonso Badini Confalonieri, ritiratisi per raggiunti limiti di età.
E’ il primo nativo di Torino ad esservi nominato arcivescovo dalla nomina di Agostino Richelmy nel 1897.
Il 7 maggio prossimo riceverà l’ordinazione episcopale, nella cattedrale di San Giovanni Battista a Torino; contestualmente prenderà possesso dell’arcidiocesi. Il giorno successivo prenderà possesso della diocesi di Susa, nella cattedrale di San Giusto.






febbraio 2022
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