La guerra russa e il Messaggio di Fatima

di Roberto de Mattei

Pubblicato su Corrispondenza Romana







Il messaggio di Fatima chiave di lettura del nostro tempo

Il messaggio di Fatima è la chiave di interpretazione dei drammatici eventi degli ultimi due anni, e in particolare di quanto sta accadendo in Ucraina.

Si può comprendere che questa prospettiva sia estranea all’uomo contemporaneo immerso nel relativismo, ma ciò che più colpisce è l’accecamento di tanti cattolici, incapaci di elevarsi a quelle altezze che sono le sole a permetterci di comprendere gli eventi nelle ore drammatiche della storia. E noi, dopo la pandemia di Covid, stiamo vivendo l’ora drammatica della guerra.


Il fronte collaborazionista

I fatti sono questi: il 21 febbraio 2022, il presidente russo Vladimir Putin, in un discorso alla nazione, ha annunziato il riconoscimento dell’indipendenza delle repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk, per poi ordinare l’invio di truppe nella regione del Donbass con lo scopo di “assicurare la pace”. Il 24 febbraio, in un nuovo discorso, Putin ha dichiarato di avere autorizzato “un’operazione militare speciale” non solo nel Donbass ma anche nell’est dell’Ucraina. L’invasione russa dell’Ucraina si è presto rivelata ben più ampia e tragica del previsto provocando in tutto il mondo un clima di profonda apprensione.

Qual è stata la reazione dell’Italia e dell’Occidente davanti all’aggressione della Russia all’Ucraina? Da una parte sono esplosi sentimenti di indignazione e di solidarietà per il popolo ucraino. D’altra parte però si è sviluppato un sentimento di simpatia per l’iniziativa di Putin, che ha portato alla creazione di un fronte che definisco “collaborazionista”.

Il termine collaborazionismo indica, nel linguaggio politico, il sostegno ideologico a uno Stato straniero invasore. Questo termine è nato nella Seconda guerra mondiale per indicare la collaborazione con i nazisti nei territori da loro occupati (1).
Il collaborazionismo non è solo un atto di collaborazione: è un’ideologia, esplicita o implicita, che nel caso dell’invasione russa dell’Ucraina merita di essere analizzata in tre diverse espressioni che ha finora assunto.


Meglio sconfitti che morti?

La prima posizione è quella di chi dice, o pensa, che Putin ha assolutamente torto, ma sta vincendo e resistergli porta l’Ucraina e l’Europa a mali maggiori dell’invasione.
Secondo il giornalista italiano, Vittorio Feltri, ad esempio “Zelensky è peggio di Putin a cui ha consegnato il suo popolo impreparato affinché ne facesse una carneficina” (2); il leader ucraino doveva arrendersi e non resistere. Infatti: “Meglio sconfitti che morti”(3).

Dietro lo slogan “Meglio sconfitti che morti” c’è una filosofia di vita, che è quella di chi antepone il proprio interesse particolare ad ogni altra considerazione di ordine superiore. Non esistono valori o beni, per quanto alti, per i quali valga la pena di sacrificarsi e morire. Se bisogna preferire l’invasione russa alla resistenza contro di essa, vuol dire che la vita, una vita materiale, il più possibile tranquilla e lunga è il bene supremo ed essenziale. 

E’ questa la filosofia di vita dei pacifisti che negli anni Ottanta, quando i sovietici installavano i loro missili SS.20 contro l’Europa, si opponevano ai missili della Nato, con lo slogan “Meglio rossi che morti”.
E’ la filosofia di vita di chi, nel 1939 si chiedeva se fosse giusto “Morire per Danzica”, secondo uno slogan lanciato dal deputato socialista francese Marcel Déat (1894-1955) per sostenere che non valeva la pena rischiare la guerra per difendere la città di Danzica la cui conquista avrebbe esaurito le ambizioni di Hitler (4). Il socialista Déat fonderà poi un partito di ispirazione nazionalsocialista e rappresenterà un tipico esempio di collaborazionismo.

Se questa è la posizione che bisogna assumere, di fronte ad un aggressore, bisognerebbe cedere alle richieste di Putin, per evitare la morte e le sofferenze di un popolo, anche se dopo l’Ucraina, invadesse i Paesi Baltici e, sotto il ricatto nucleare, una parte dell’Europa occidentale. La logica è questa.

Gli uomini ucraini che non lasciano il loro paese, o vi ritornano per combattere, dopo aver messo al sicuro la propria famiglia in Occidente, esprimono con la loro scelta un’opposta filosofia di vita, abbandonata dall’Europa relativista e senza radici. La filosofia di chi è disposto a sacrificare la vita per amore della propria fede, per amore della libertà e dell’indipendenza della propria patria, per amore al proprio onore e alla propria dignità personale. 
Il vero progresso, il vero sviluppo nella vita dei popoli è intimamente legato a questo spirito di sacrificio. Da qui nascono i vertici della santità e dell’eroismo.


Putin ha le sue ragioni?

La seconda posizione collaborazionista si può formulare in questi termini: Putin ha sbagliato, ma i torti non sono solo i suoi. Oppure, il che è lo stesso: anche Putin ha le sue ragioni. Quali sono queste ragioni? Per esempio il fatto che, dopo la caduta del Muro di Berlino, l’Occidente avrebbe umiliato la Russia, circondando il suo territorio con le truppe della Nato.

Sembra un discorso ragionevole, ma se vogliamo essere ragionevoli fino in fondo dobbiamo ricordare che la Nato è nata come un sistema difensivo contro le truppe di Varsavia; che la Russia non ha vinto, ma ha perso, la guerra fredda e che la guerra fredda tra le due superpotenze nasce dalla sciagurata pace di Yalta, del febbraio 1945, quando, con il consenso dei governi occidentali, venne sancita la spartizione dell’Europa in due zone di influenza e il comunismo sovietico divenne padrone assoluto dell’Europa orientale.

La pace di Yalta, che ridefinì i confini dell’Europa dopo la Seconda guerra mondiale, fu a sua volta frutto del Trattato di Versailles che addossava alla Germania la responsabilità della Prima guerra mondiale, le imponeva pesanti sanzioni economiche e consegnava alla Polonia il corridoio di Danzica.
Dovremmo dire che Hitler aveva le sue ragioni per invadere la Polonia, perché la città di Danzica, non era meno tedesca di quanto non sia russo il Donbass?

Quali che fossero le sue ragioni, Hitler aveva un progetto altrettanto espansionistico che quello di Putin e lo storico di oggi, come l’uomo politico di ieri, non dà ragione a Neville Chamberlain che il 30 settembre 1938 tornò trionfante da Monaco, con in mano una fragile pace, ma a Winston Churchill che disse: “potevate scegliere fra il disonore e la guerra. Avete scelto il disonore e avrete la guerra”.


Putin combatte una guerra giusta? 

E’ forse per evitare questa facile obiezione che il collaborazionismo cade in una terza formulazione, più coerente, ma allo stesso tempo più aberrante delle prime due. Molto semplicemente: la guerra di Putin è una guerra giusta. E se è una guerra giusta è ingiusta la resistenza del popolo ucraino e sono ingiuste le sanzioni dell’Occidente alla Russia, perché le sanzioni si applicano a chi ha torto, non a chi ha ragione.

Perché Putin avrebbe ragione? Perché la sua sarebbe una guerra giusta? Non solo perché egli difende l’interesse nazionale del suo Paese, mortificato dall’Occidente, ma perché la sua guerra ha una dimensione etica, come ci assicura la chiesa ortodossa russa, per bocca del Patriarca di Mosca Kirill, il quale ha detto che Putin combatte contro un Occidente depravato che autorizza i Gay Pride.
Lo stesso Putin, del resto, si è spesso presentato come difensore della famiglia e dei valori tradizionali abbandonati dall’Occidente. Però, nel discorso al Valdai Club del 22 ottobre 2021, in cui ha attaccato la teoria del gender e la cancel culture, Putin ha ammesso che la Russia ha conosciuto, ben prima dell’Occidente, la degradazione morale che egli ora denuncia.
Il 7 dicembre 1917, poche settimane dopo la conquista del potere da parte dei bolscevichi, venne introdotto in Russia il divorzio; l’aborto fu legalizzato nel 1920; era la prima volta nel mondo che ciò avveniva senza alcuna restrizione. Ed è in Russia che venne attuato il passaggio dalla Rivoluzione politica alla Rivoluzione sessuale (5), con l’asilo sperimentale di Vera Schmidt (1889-1937), creato nel 1921 nel centro di Mosca, dove i bambini venivano iniziati alla sessualità precoce (6).

A frenare il divorzio, l’aborto, la Rivoluzione sessuale, non è stato Putin, ma Stalin, nel 1936, quando si rese conto che la sua politica di potenza sarebbe stata pregiudicata dal crollo della moralità in Russia. Putin è su questa linea.
Oggi la Russia è un Paese abortista e divorzista, con il più alto tasso di divorzi al mondo, anche se proibisce i Gay Pride. E quali sono i valori tradizionali a cui Putin si ispira? Sono quelli del Patriarcato di Mosca che si appoggia oggi a Putin come ieri si appoggiava a Stalin. Putin, come Stalin, si appoggia a sua volta, al Patriarcato di Mosca. Il Patriarcato di Mosca utilizza la potenza politica per difendere il primato dell’Ortodossia; lo Stato si avvale della Chiesa per consolidare il senso di identità e di patriottismo del popolo russo. 

La “missione imperiale” della Russia non corrisponde solo alle ambizioni geopolitiche di Putin, ma anche alla richiesta del Patriarca Kirill, che ha affidato a Putin la missione di realizzare la “Terza Roma” euroasiatica, sulle rovine della seconda Roma cattolica, destinata a sparire come tutto l’Occidente. 
Può un cattolico accettare questa prospettiva?

Dispiace profondamente che un eminente arcivescovo cattolico, come mons. Carlo Maria Viganò, presenti la guerra di Putin come una guerra giusta per sconfiggere l’Occidente. L’Occidente è il figlio primogenito della Chiesa, oggi sempre più sfigurato dalla Rivoluzione, ma pur sempre primogenito. Un europeo che lo rinnega, con il pretesto di combattere il Nuovo Ordine Mondiale, è come un figlio che ripudia la propria madre (7). 

Del resto il Nuovo Ordine Mondiale è una vecchia utopia che è stata sostituita da quella del Nuovo Disordine Mondiale (8). Vladimir Putin è, come George Soros, un agente del disordine mondiale. Putin come osserva l’analista internazionale Bruno Maçaes, è convinto che il caos sia la fondamentale energia di potere e, “a giusta ragione, egli può essere considerato come il Yaldabaoth, il demiurgo gnostico, Figlio del Caos e capo degli spiriti inferi” (9).  

 
La Chiesa e la caduta dell’Impero romano d’Occidente 
  
Il Nuovo Disordine Mondiale ci ricorda quello vissuto dall’Impero romano d’Occidente sotto l’urto delle invasioni barbariche. Tra le date che sono entrate nella storia, vi è il 31 dicembre 406, quando una massa di popoli germanici attraversò il fiume Reno ghiacciato, e irruppe dentro i confini dell’Impero.

Uno di questi popoli, i Vandali dilagò in Gallia, superò i Pirenei, attraverso lo stretto di Gibilterra, devastò le province dell’Africa romana.

L’Impero romano era immerso nel relativismo e nell’edonismo, come lo è oggi l’Occidente. Uno dei centri di maggior corruzione era Cartagine, la capitale dell’Africa romana, che godeva della reputazione di essere il “paradiso” degli omosessuali.
Un autore cristiano coevo, Salviano di Marsiglia (400-451), scrive che “mentre le armi dei barbari sferragliavano attorno alle mura di Cartagine, la comunità cristiana di Cartagine si dava alla pazza gioia nei circhi e si smidollava nei teatri! Fuori delle mura c’era chi veniva sgozzato, all’interno chi fornicava” (10).
I Vandali, invece, come i popoli germanici descritti da Tacito, vivevano “in riservata pudicizia, non corrotti da seduzioni di spettacoli o da eccitamenti conviviali (…). Perché là i vizi non fanno sorridere e il corrompere e l’essere corrotti non si chiama moda” (11).

Che cosa avrebbero dovuto fare i cristiani?  Aprire le porte ai Vandali?

A pochi chilometri da Cartagine era la città di Ippona, di cui era vescovo sant’Agostino, che proprio meditando sull’invasione dei barbari compose il suo capolavoro, La Città di Dio.  Governatore dell’Africa romana era il conte Bonifacio, un fedele amico di sant’Agostino, definito da Procopio di Cesarea, assieme a Ezio, “l’ultimo vero romano” (12).

Il vescovo di Ippona non incitò alla resa, ma alla resistenza contro i barbari, scrivendo a Bonifacio: “Non si cerca la pace per provocare la guerra, ma si fa la guerra per ottenere la pace. Sii dunque ispirato dalla pace in modo che, vincendo, tu possa condurre al bene della pace coloro che tu sconfiggi” (13).

Bonifacio si trincerò nella cittadella di Ippona assediata dai Vandali. Durante l’assedio, che si protrasse per 14 mesi, sant’Agostino morì, nell’agosto del 430, a settantasei anni. Fu solo quando la sua voce tacque che i Vandali conquistarono la città. La resistenza di Bonifacio permise alle truppe orientali di sbarcare in Africa e di riunire le loro forze a quelle di Bonifacio.

Negli stessi anni altri vescovi incitarono alla resistenza contro i barbari. San Nicasio si fece uccidere nella cattedrale di Reims, sant’Esuperio, vescovo di Tolosa, resisté ai Vandali fino alla sua deportazione, san Lupo difese Troyes di cui era vescovo; sant’Aniano, vescovo di Orléans, organizzò la difesa della sua città contro gli Unni permettendo alle legioni romane di Ezio di raggiungere Attila e sconfiggerlo.

I vescovi cattolici non dissero “Meglio barbari che morti”.


La causa della guerra secondo il messaggio di Fatima

Se vogliamo rimuovere la guerra dobbiamo rimuovere le cause della guerra. E la causa vera e profonda della guerra, della pandemia e della crisi economica che si delinea all’orizzonte, sono i peccati dell’umanità che ha voltato le spalle a Dio e alla sua legge. 

Nelle apparizioni di Fatima del 1917 la Madonna aveva detto che l’allontanamento da Dio dei popoli europei conduce al castigo divino della guerra.

 “Dio sta per castigare il mondo per i suoi crimini, per mezzo della guerra, della fame e delle persecuzioni alla Chiesa e al Santo Padre. Per impedirla, verrò a chiedere la consacrazione della Russia al Mio Cuore Immacolato e la Comunione riparatrice nei primi sabati. Se accetteranno le Mie richieste, la Russia si convertirà e avranno pace; se no, spargerà i suoi errori per il mondo, promuovendo guerre e persecuzioni alla Chiesa. I buoni saranno martirizzati, il Santo Padre avrà molto da soffrire, varie nazioni saranno distrutte. Finalmente, il Mio Cuore Immacolato trionferà. Il Santo Padre Mi consacrerà la Russia, che si convertirà, e sarà concesso al mondo un periodo di pace” (14).

Il messaggio di Fatima non è un generico invito alla preghiera e alla penitenza, è innanzitutto l’annuncio di un castigo e del trionfo finale nella storia della misericordia divina.


Giovanni Paolo II ha consacrato la Russia?

C’è chi pensa che la consacrazione alla Russia sia stata già fatta da Giovanni Paolo II quando il 25 marzo 1984, in piazza San Pietro, consacrò il mondo al Cuore Immacolato di Maria, con un riferimento “ai popoli di cui tu ti aspetti la nostra consacrazione e il nostro affidamento”.

Suor Lucia si disse in un primo tempo insoddisfatta di questa consacrazione in cui non era stata esplicitamente nominata la Russia, ma cambiò successivamente opinione, considerando valido l’atto di Giovanni Paolo II.

L’opinione di suor Lucia è certamente autorevole, ma è in contrasto con le più autorevoli parole della Madonna che ella stessa ci riferisce.

Il 29 agosto 1931, infatti, suor Lucia trasmise al vescovo di Leiria una terribile profezia di Nostro Signore: Essa aveva ricevuto una intima comunicazione secondo cui: “Non hanno voluto accogliere la mia richiesta. Come il re di Francia si pentiranno e lo faranno, ma sarà troppo tardi. La Russia avrà sparso i suoi errori nel mondo provocando guerre e persecuzioni alla Chiesa. Il Santo Padre dovrà soffrire molto” (15).

Sono passati 38 anni dal 25 marzo 1984. La spettacolare autodissoluzione del regime sovietico senza insurrezioni o rivolte, nel 1991, è sembrata essere, e forse è stata, un risultato parziale di quella consacrazione.
Ma la Russia non si è convertita e il comunismo non è morto. Vladimir Putin è un nazional-bolscevico che non ha rinnegato gli errori del comunismo e la Cina è una nazione ufficialmente comunista che il 7 marzo 2022, ha dichiarato che la sua amicizia con la Russia è “solida come una roccia”.

Eppure, anche tra i cattolici, c’è chi considera Putin un Kathéchon, un ostacolo alla realizzazione del Nuovo Ordine Mondiale, uno scudo contro l’anticristo che è l’Occidente, che è la Roma di Pietro. La guerra, si dice, ha prorogato lo stato di emergenza della pandemia e questo non può essere un caso.

Rispondiamo che è vero: il susseguirsi della guerra alla pandemia, con il conseguente regime di emergenza, non può essere un caso, perché il caso non esiste, ma chi regge i fili dell’universo non è il Grande Fratello di Orwell, un dio onnisciente e onnipotente come il dio cattivo degli gnostici. Chi regge l’universo e tutto ordina alla gloria di Dio, è la Divina Provvidenza. Da essa provengono i castighi che oggi flagellano l’umanità impenitente: le epidemie, le guerre e domani, una crisi economica planetaria. Tutto ciò non è propedeutico all’avvento dell’anticristo, ma è la realizzazione della profezia inascoltata di Fatima.

I vescovi ucraini hanno chiesto a papa Francesco di consacrare la Russia al Cuore Immacolato di Maria. Ci uniamo con ardore a questo appello che viene da Kiev sotto le bombe.


La nostra speranza

Nessuna luce di speranza viene da Mosca. Può una luce di speranza venire da Kiev?

A Fatima la Madonna profetizzò la conversione della Russia, ma la conversione è un ritorno alle origini e le origini della Russia risalgono alla conversione di san Vladimiro, principe di Kiev. La Russia di Kiev fu una delle prime nazioni ad entrare nella Cristianità medioevale, prima di passare sotto la dominazione dei mongoli e poi dei principi moscoviti che raccolsero l’eredità antiromana di Bisanzio.
Una parte del popolo ucraino mantenne la fede cattolica e nei concili di Firenze (1439) e di Brest (1595) ritrovò la strada di Roma. Pio XII, nell’enciclica Orientales omnes Ecclesias del 23 dicembre 1945, esorta gli ucraini ad essere perseveranti nella loro fedeltà a Roma: “Smascherate gli astuti procedimenti di coloro che promettono agli uomini vantaggi terreni e una maggiore felicità in questa vita, mentre poi perdono le loro anime”, perché “Chi tiene conto della sua vita, la perderà, e chi avrà perduto la vita per amor mio, la troverà” (Mt 10, 37ss). 

Nel V secolo i Goti, i Vandali gli Unni invasero l’Impero romano per spartirsene le spoglie. Oggi la Russia, la Cina, la Turchia e il mondo arabo vogliono impadronirsi della pingue eredità dell’Occidente, che considerano, come è stato detto, un “malato terminale” (16).

Qualcuno dirà: dove sei Stilicone che hai resistito ai Goti, dove sei Bonifacio che hai difeso l’Africa dai Vandali, dove sei Ezio che hai sconfitto gli Unni? Dove siete guerrieri cristiani che prendeste le armi per difendere un mondo che moriva?

Rispondiamo che contro il nemico che attacca abbiamo delle armi potenti. Contro la bomba nucleare del peccato, la Madonna ha messo in mano al Papa la consacrazione della Russia al Cuore Immacolato di Maria e ha messo nelle nostre mani il rosario e la devozione ai primi sabati del mese.

Ma soprattutto ha messo nel nostro cuore il desiderio del trionfo del Cuore Immacolato sulle macerie del regime di Putin, del regime comunista cinese, dei regimi islamici e di quelli dell’Occidente corrotto. Solo Lei può farlo; a noi chiede un’incrollabile fiducia che ciò accadrà, perché Lei l’ha infallibilmente promesso. Per questo la nostra resistenza continua.


NOTE

1 -  Cfr. Luigi Cajani, Brunello Mantelli, Una certa Europa: il collaborazionismo con le potenze dell’Asse 1939-1945, Annali della Fondazione Luigi Micheletti, Brescia 1994.
2 - “Libero”, 8 marzo 2021.
3 -  “Libero”, 2 marzo 2021.
4 - “L’Œuvre”, 4 maggio 1939.
5 -  Cfr. Gregory Carleton, The Sexual Revolution in Russia, University of Pittsburgh Press, Pittsburgh 2005.
6 - Vera Schmidt, Rapporto sull’asilo sperimentale di Mosca, Androeda, Roma 2016.
7 -  Julio Loredo, La conversione della Russia, in TFP Newsletter, Speciale Ucraina, 3 marzo 2022.
8 -  Roberto de Mattei, 1900-2000. Due sogni si succedono: la costruzione, la distruzione, Edizioni Fiducia, Roma 1990.
9 -  Bruno Maçães, Is Vladimir Putin preparing for war?, in “New Statesman”, 21 novembre 2021.
10 -  Salviano di Marsiglia, De Gubernatione Dei, VI, 67-68.
11 -  Tacito, De origine et situ Germanorum (Germania), 18-19.
12 -  Procopio di Cesarea, III, 3.14-15.
13 -  S. Agostino, Lettera 189 al conte Bonifacio, cit. da Jakub Grygiel, in La Chiesa insegna che la guerra può essere giusta e necessaria, in “Il Foglio”, 18 maggio 2016.
14Documentos de Fatima, a cura del padre Antonio Maria Martins S.J., Porto 1976, pp. 218-220.
15Documentos, cit., p. 464. Il riferimento è a Luigi XIV che nel 1689 non raccolse la richiesta di Gesù, trasmessagli da santa Margherita Maria Alacoque, di intronizzare solennemente e pubblicamente il Sacro Cuore, consacrando ad esso il suo regno.
16 -  Federico Rampini, “Corriere della Sera”, 21 novembre 2021.








marzo 2022
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