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Cancellate gli eroi e le grandi imprese Articolo di Marcello Veneziani
![]() Siamo nani sulle spalle di giganti ma la cosa meschina è che i pigmei martellano la testa dei giganti e li vituperano, mentre sono seduti in alto grazie a loro. L’Italia sarebbe solo un’espressione geografica, per dirla con Metternich, se non ci fossero stati i giganti a fondarla, innalzarla e lasciare tracce indelebili nelle opere e nelle imprese, nelle città e nell’arte, nella storia e nella letteratura. Da decenni, ormai, la guerra alla storia ha assunto la piega più infame: non la revisione storica per cogliere i lati in ombra dei grandi – geni, condottieri, scopritori ed eroi - ma la rimozione a priori, la cancellazione, sulla base di un’etichetta che suona come un marchio d’infamia a priori: razzista, nazifascista, criminale di guerra. Accuse che nel caso specifico di Balbo sono peraltro infondate, ma non è del caso Balbo che stiamo ragionando. Applicare quei criteri retroattivi alla storia, ai miti e agli eroi significa eliminare ogni storia e ogni traccia di eroismo, lasciando al più solo le vittime, ma solo quelle dalla parte politicamente corretta. Finora ci ha salvati, paradossalmente, l’ignoranza e l’incoerenza degli inquisitori e dei questurini: se conoscessero le biografie dei condottieri di tutti i tempi, da Alessandro Magno a Napoleone, passando per i nostri Cesari e per qualunque altro condottiero, li cancellerebbero come spietati criminali di guerra; con relativa rimozione dei loro nomi dalla storia e dalla toponomastica. Ma la censura fa salti, si accanisce solo col Novecento o retrocede agli antichi a casaccio, random, solo perché qualcuno ha estrapolato, magari da wikipedia, una frase razzista, un pensiero misogino, un’espressione sessista. Il problema è ancora più radicale e sconfortante: è l’incapacità di cogliere e rispettare la grandezza, la bellezza, l’eroismo, le grandi imprese non solo sportive ma a rischio di vita (come furono le trasvolate di Balbo, che ebbero dei caduti); le grandi opere di fondazione, i solchi e le eredità che lasciano. Non abbiamo più mente né occhi per vedere la grandezza, per rispettarla, se non per ammirarla, o quantomeno per riconoscerla, anche obtorto collo; non riusciamo a uscire dal metro piccino dei precetti presenti e sulla base di quelli siamo pronti a bandire chiunque. Il criterio è uguale a chi abbatte le statue di Cristoforo Colombo o di chi denigra Dante o Shakespeare perché scrissero cose incompatibili col lessico stupido dei nostri giorni e con i suoi pregiudizi. L’opera di demolizione degli eroi e dei grandi segue due strade, e non saprei dire quale sia la peggiore. La prima si riassume in quella stupida frase estrapolata da Bertolt Brecht: Beati i popoli che non hanno bisogno di eroi. Ovvero le masse sono le uniche forze che contano nella storia; non i geni, non i condottieri, non gli eroi o i santi. Questa visione antieroica è un residuo tardivo della mentalità comunista, collettivista e livellatrice, che coincide di fatto con l’abolizione della storia. Ma c’è pure una seconda operazione molto praticata in questi tempi: ed è la sostituzione degli eroi cancellati con una produzione di finti eroi, di palloni gonfiati, se non di veri e propri antieroi, eco-sostenibili, cioè compatibili con l’epoca. Terroristi, violenti o tossici che diventano martiri ed esempi, ma anche martiri senza martirio, nullità elevate a modelli, mediocri personaggi innalzati al rango di statisti e di grandi e poi celebrati come eroi d’Italia, d’Europa, dell’Umanità. Il risultato di entrambe le vie è la decadenza, il degrado verticale della società, l’incapacità di distinguere la luce dall’ombra, il grande dal meschino, il merito dal demerito, l’eccellenza dall’ordinarietà. Con l’effetto aggiunto di mortificare e disincentivare ogni ricerca di elevazione, di miglioramento, di riconoscimento. Non serve a nulla la tua impresa, la tua opera, le tue fatiche, i tuoi studi e i tuoi risultati; il metro della storia segue criteri ideologici in cui non c’è spazio per l’eccellenza, la qualità, l’altezza. Per i pigmei tutto sa di pigmeo. Ma ciò che rende ulteriormente patologica questa mania di cancellazione è il contesto a cui si riferisce, l’Italia. Se la cancellazione si accanisce in America, è una pagina infame ma si tratta di un paese povero di storia e di tradizioni. Ma se la cancellazione riguarda un paese antico come l’Italia, la cui vera ricchezza e grandezza è legata proprio alla sua storia e alle grandi imprese, allora il danno è letale. L’Italia non spicca per potenza economica, tecnologica o militare né per potenza demografica o vastità territoriale: la sua eccellenza è proprio legata a quelle vette e ai loro lasciti, alle tracce di storia. Se le cancelliamo, cancelliamo pure noi. Se poi lo scopo finale è sostituire gli italiani con i migranti, meglio se africani, allora tutto coincide. Risparmiateci almeno la retorica: non parlate più di cultura, di civiltà, di patria e nemmeno di progresso. Non ne avete il diritto perché state lavorando per la loro definitiva distruzione. Balbo solcava i cieli, i barbari pigmei strisciano nel sottosuolo. (torna
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marzo 2022 |