Guerra in Ucraina: alcune prospettive cattoliche


Articolo della Fraternità San Pio X



A sinistra: bandiera della Nato, a destra: bandiera della Russia.


La guerra russo-ucraina è stata rivestita di connotazioni religiose. Il conflitto è presentato come un confronto tra due visioni del mondo: quella dell’“Occidente” e dei “diritti dell’uomo” da un lato, e quella dell’“integrità morale” dell’Ortodossia russa dall’altro.

Ma come stanno le cose veramente? Il conflitto in Ucraina è prima di tutto un confronto tra due attori geopolitici: la Nato e la Russia. La caduta del muro di Berlino e dell’URSS è stata seguita da tre decenni di egemonia anglo-americana, dovuta alla debolezza della Russia.

Oggi, prima col conflitto in Siria e adesso con il rifiuto di una nuova avanzata dell’influenza americana in Ucraina, sembra che il potere russo abbia deciso di riprendere le sue posizioni.


Le due parti in causa

L’“Occidente” ha influenzato, anche all’interno della Chiesa, una visione del mondo profondamente opposta alla visione cristiana, dissolvendo ciò che poteva rimanere della civiltà e della morale. Degli uomini di Chiesa hanno fatto eco a questa visione liberale e, recentemente, esplicitamente panteista, col pretesto ecologico.

Dall’altra parte, la Russia è sembrata rivestirsi di elementi tradizionali, non accettando la visione ultraliberale in campo morale, e cercando nel suo passato una sorta di identità, in assenza dell’ideologia comunista che la cementasse.

Una parte di questa identità russa perduta è la Chiesa detta ortodossa, largamente sostenuta dal Kremlino come strumento del regno, anche se l’influenza sociale di questa gerarchia è molto povera. In più, la Russia non nasconde il suo sostegno al potere cinese, persecutore dei cristiani.

Da un punto di vista cattolico, la presenza di due grandi potenze, anche se entrambe anticattoliche, è senza dubbio preferibile alla potenza schiacciante di una sola.
Due potenze che si affrontano, fintanto che non si affrontano fino ad una guerra distruttrice, si limitano mutualmente e non possono perseguire pianamente i loro obiettivi.


Il Papa: quante divisioni ha?

«Quante divisioni ha il Papa?» avrebbe chiesto Stalin a Yalta di fronte alle esigenze di ordine europeo di Pio XII. In questo conflitto il Vaticano sembra stare per la pace e per una soluzione rapida, il che sarebbe la cosa più ragionevole per tutti.

Tuttavia, non mancano gli interventi che ricordano come la Santa Sede faccia eco all’“Occidente” e alla sua visione. Il movimento Laudato si’, per esempio, ha invitato le persone a “digiunare” dal gas durante la Quaresima, con uno scopo sia ecologico sia anti-russo. Dalle stazioni alle sanzioni quaresimali...

Secondo Vatican news:

«il movimento Laudato si’ – già GCCM, Global Catholic Climate Movement – […] ha proposto di “digiunare” dal gas, uno dei protagonisti del conflitto segnato dal sangue degli innocenti e da interessi economici molto forti. Precedentemente, l’organizzazione aveva promosso il digiuno dalla plastica e da altre sostanze inquinanti la terra. Ma oggi, dire no ai combustibili fossili, al saccheggio e ai conflitti significa chiamare l’intera famiglia umana alla corresponsabilità.

«Mentre aspettiamo le scelte “verdi” dei governi europei e di altri: accelerare gli investimenti nelle rinnovabili e nell’idrogeno; mentre aspettiamo che l’UE cambi il quadro dell’approvvigionamento di gas naturale, tagli il cordone ombelicale con la Russia e riduca la sua dipendenza, ognuno di noi può fare la differenza.»

Il messaggio fa eco sia al mantra ecologico sia ad una visione verde della politica americana, che ha sempre voluto separare la Russia dall’Europa. Per l’Europa, dunque, la dipendenza dal gas russo sarebbe un male da combattere.
Mentre è legittimo discutere di un tale problema, la Santa Sede sembra prendere qui una posizione netta, che è decisiva per la struttura geopolitica dei due imperi in guerra.


L’omelia di Kirill e la divisione del mondo ortodosso

Di contro, l’omelia del vescovo scismatico Kirill di Mosca, “patriarca” auto proclamato, ha suscitato un eccessivo entusiasmo in certi ambienti. Il 7 marzo egli ha fatto sue le ragioni politiche della guerra avanzate dal Kremlino: la persecuzione ucraina nel Donbass, che va avanti dal 2014, ed ha presentato la spedizione russa come una sorta di guerra santa contro l’“Occidente” pervertito.

L’analisi di Kirill è giusta in sé:

«Oggi è imposta una prova di fedeltà a questo potere mondiale, una sorta di lasciapassare per quel mondo “felice”, un mondo di consumo eccessivo, un mondo di apparente “libertà”.

«Sai cos’è questo test? La prova è molto semplice e allo stesso tempo terrificante: si tratta di una sfilata dell’orgoglio gay. […] E le parate dell’orgoglio gay hanno lo scopo di dimostrare che il peccato è una variante del comportamento umano. Ecco perché per entrare nel club di quei paesi bisogna fare una parata dell’orgoglio gay. […] Quindi si intende imporre con la forza il peccato condannato dalla legge di Dio, il che significa imporre con la forza la negazione di Dio e della sua verità sulle persone. […] Oggi c’è una vera e propria guerra intorno a questo argomento».

Ma l’autore è un negatore della Chiesa di Gesù Cristo, che non è altro che la Santa Chiesa romana. Kirill nega la verità di Dio al pari degli organizzatori del gay pride, ed è ancora più pericoloso perché sembra migliore di questi. A questo proposito, è ovviamente possibile riconoscere che ciò che gli eretici - o gli scismatici - dicono o fanno è buono quando lo è.

Ma non possono essere lodati secondo il canone 2316: «chiunque spontaneamente e consapevolmente aiuta la diffusione dell'eresia in qualsiasi modo è sospettato di eresia». Lodare gli eretici significa presentare sotto una luce favorevole persone che non dovrebbero essere lodate, a fortiori se si tratta di dirigenti. Questo significa mettere le persone semplici in pericolo di apostasia o di confusione.

In più, la posizione di Kirill indica il dramma teologico della Chiesa ortodossa. Per questo errore, non esiste un principio di unità dato da Dio per il governo della Chiesa, quindi gli ortodossi si dividono secondo le necessità politiche e nazionali - non per scisma, come può accadere tra i cattolici.

Così, vi è una Chiesa “ortodossa” ucraina fedele a Mosca e un’altra autocefala – con l’accordo del patriarca Bartolomeo di Costantinopoli  che intrattiene stretti legami con il Dipartimento di Stato americano e non ha esitato a rompere con Mosca per delle ragioni puramente politiche. Ma quale principio teologico potrebbe garantire loro l’unità della Chiesa?


La consacrazione della Russia

In questo contesto, Papa Francesco ha annunciato la consacrazione della Russia e dell’Ucraina al Cuore Immacolato di Maria, che verrà fatta da lui stesso a Roma e da un suo delegato a Fatima. Egli ha anche invitato tutti i vescovi ad unirsi a lui.

In questo articolo non esaminiamo la corrispondenza di questo atto con quello richiesto dalla Vergine a Fatima, ma ci domandiamo perché il Papa consideri oggi possibile, o augurabile, un atto rimandato da lungo tempo o realizzato in maniera poco chiara dai suoi predecessori e da lui stesso. L’urgenza della guerra è sufficiente a spiegare questa presa di posizione?

Uno degli ostacoli a lungo considerati ineludibili alla consacrazione esplicita della Russia è stato quello ecumenico: se il «Papa di Roma» avesse consacrato la Russia, questo sarebbe stato considerato un affronto dal clero moscovita, che si ritiene custode della giurisdizione sul suolo russo. Peraltro, non si sa su quale criterio teologico, perché per loro non esiste fonte di giurisdizione canonica. Inoltre, nel 1993, la Santa Sede si è esplicitamente impegnata, attraverso gli accordi di Balamand, a non svolgere alcuna attività di evangelizzazione sul territorio della “Chiesa russa”.

Oggi, dopo la dichiarazione di Kirill in favore della guerra, questa prudenza non sembra più necessaria: il patriarcato di Mosca, per la sua posizione a sostegno di Putin, si è in qualche modo escluso dalle cortesie ecumeniche.


Un equilibrio cattolico

Nella situazione della guerra attuale, da un lato certe personalità del mondo cattolico hanno sostenuto la posizione anticattolica dell’“Occidente” – con deboli sfumature – e dall’altro dei prelati e degli universitari hanno esaltato senza distinzione la Santa Russia, arrivando fino ad invocare  la “Terza Roma” per aiutare la prima in crisi.

L’espressione “Terza Roma” per parlare di Mosca in senso positivo è da evitare, perché questa espressione è utilizzata dagli ortodossi per indicare la loro pretesa di rimpiazzare il trono di San Pietro. La guerra attuale è un confronto tra potenze non cattoliche: tra un “Occidente” dai tratti anticattolici e una Russia che si ammanta di una patina di ortodossia scismatica.

Così, considerare la spedizione russa come una “guerra santa” appare come una esagerazione della propaganda scismatica, che non è credibile. Può essere gradevole e buono sentire la denuncia della perversione anticristiana dell’“Occidente”, purché non si dimentichi da quale perversione secolare della fede e dell’ecclesiologia viene l’avvertimento.

Nel dopoguerra, di fronte al pericolo del comunismo, una parte del mondo cattolico e della gerarchia si è talmente allineata sul fronte americano e liberale, che in seguito ha accettato senza difficoltà, al Concilio, la nuova dottrina sulla libertà religiosa. Oggi, di fronte all’“Occidente” pervertito non bisogna fare lo stesso errore alla rovescia.

In verità, spetta ai cattolici, da tempo privi di referenze geopolitiche proprie, volgersi verso il Cielo, ricordando quello che Pio XII avrebbe esclamato alla morte di Stalin: «Ora vedrà quante divisioni abbiamo lassù!».




marzo 2022
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