Il cattolicesimo comodo deve finire;
è tempo di prepararsi alla persecuzione

di Mons. Charles Pope, decano e pastore dell’Arcidiocesi di Washington, DC, USA


Pubblicato su National Catholic Register





Ultima preghiera dei Martiri cristiani


Siamo in guerra per le nostre anime e per le anime delle persone che amiamo. Siamo in guerra per l’anima di questa cultura e di questa nazione. E come ogni soldato, dobbiamo addestrarci a combattere bene.

C’è una crescente costernazione tra alcuni cattolici per il fatto che la Chiesa, almeno nella sua leadership, stia vivendo nel passato. Sembra che non ci sia la consapevolezza che siamo in guerra e che i cattolici abbiano bisogno di essere richiamati alla sobrietà, alla crescente separazione dalla cultura corrente, alla testimonianza coraggiosa e al martirio crescente.

Il buio è passato da un pezzo nella nostra cultura, ma nella maggior parte delle parrocchie e delle diocesi si lavora come al solito e c’è tutto tranne il sobrio allarme che è veramente necessario in tempi come questi.

La Scrittura dice: Benedetto il Signore, mia roccia,
 che addestra le mie mani alla guerra,
 le mie dita alla battaglia (Sal. 144, 1). Preparare le persone alla guerra - una guerra morale e spirituale, non una guerra con le armi - dovrebbe includere una chiara esposizione degli errori del nostro tempo e una chiara e amorevole applicazione della verità all’errore e della luce alle tenebre.

Ma c’è poca formazione evidente di questo tipo nei circoli cattolici di oggi dove, nella parrocchia media, esiste una sorta di atmosfera timida e tranquilla - una paura di affrontare questioni “controverse” per evitare che qualcuno si offenda, o che la parrocchia sia percepita come “non accogliente”.

Ma, se c’è mai stato un momento per indossare abbigliamenti comodi, non è ora.

La Chiesa degli anni 1970-1990 è stata sicuramente ben descritta come l’era del “cattolicesimo beige” (espressione coniata dal Mons. Robert Barron, e non certo a titolo di adulazione). Quelli di noi che hanno vissuto quell’epoca, specialmente negli anni ‘70, la ricordano come un periodo in cui molti cartelli parrocchiali invitavano la gente a “venire a sperimentare la nostra accogliente e calda comunità cattolica”.
Il nostro desiderio più evidente era quello di inserirci ed essere considerati “normali”. Sì, i cattolici erano proprio come tutti gli altri; e avevamo lavorato molto duramente per farlo, almeno dai primi anni ‘60, quando fu eletto John F. Kennedy. I cattolici lo avevano finalmente fatto in linea col mainstream; eravamo stati accettati dalla cultura.

L’architettura e gli interni delle chiese divennero minimalisti e non descrittivi. La musica e il linguaggio della liturgia divennero popolari. Le processioni mariane, le processioni del Corpus Domini, molte cose del cattolicesimo distintivo e multicolore scomparvero. Persino i nostri crocifissi scomparvero, per essere sostituiti da fluttuanti immagini di “Gesù risorto”. L’enfasi era sul confondersi, sul parlare di cose che facevano sentire la gente a proprio agio, e sull’affermare piuttosto che sfidare. Se ci doveva essere qualche sfida sarebbe stata su esortazioni “sicure” come non abusare dell’ambiente o inquinare, non giudicare o essere intolleranti, e così via.

Di nuovo, se c’è mai stato un tempo per indossare abbigliamenti comodi, non è ora.
E’ il buio della mezzanotte della nostra cultura post-cristiana. E mentre possiamo biasimare un certo numero di fattori per il crollo, non possiamo escludere noi stessi.
Noi che dovremmo essere la luce del mondo, con Cristo che risplende in noi, abbiamo preferito nascondere la nostra luce sotto un cesto e stare defilati. Le rovine delle nostre famiglie e della nostra cultura testimoniano il trionfo dell’errore e la soppressione della verità.

Più che mai abbiamo bisogno di spostarci verso l’essere distinti dalla cultura che abbiamo rifiutato di criticare e abbiamo chiamato alla riforma. Più che mai la nostra fede ha bisogno di brillare in modo chiaro e luminoso nelle nostre chiese e comunità.

E se un mondo ormai abituato alle grandi tenebre chiama la nostra luce dura, così sia. Se la nostra luce non brilla, non c’è nessuna luce. La nostra fede cattolica è l’unica e ultima speranza per questo mondo. Lo è sempre stata.

In poche parole, è tempo che il clero si prepari al sacrificio per se stesso e per il popolo di Dio. Cercare un compromesso con questa cultura è ormai impensabile. La nostra unica risorsa è cercare di incidere le pustole. E la cultura si lamenterà. E noi che facciamo l’incisione saremo fatti soffrire sempre di più. Ma dobbiamo essere disposti ad abbracciare e sopportare tale sofferenza sempre crescente nei mesi e negli anni a venire.

Siamo in guerra per le nostre anime e per le anime delle persone che amiamo. Siamo in guerra per l’anima di questa cultura e di questa nazione. E come ogni soldato, dobbiamo allenarci per combattere bene. Dobbiamo studiare la nostra fede ed essere più impegnati che mai. Dobbiamo anche conoscere il nostro nemico e le sue tattiche, e dobbiamo essere pronti a soffrire - e anche a perdere la vita.

Dobbiamo riattrezzarci e cogliere ogni opportunità per fare chiarezza sulla nostra fede.
I sermoni e altri momenti istruttivi devono far risonare un chiaro richiamo alla conversione personale e alla lotta per le anime e smettere di trattare con leggerezza il disprezzo peccaminoso della legge di Dio nelle nostre famiglie e comunità.

I nostri vescovi, in particolare, hanno bisogno di cambiare completamente modalità. Tutti insieme oggi sembrano più interessati a proteggere quel poco che ci è rimasto, piuttosto che a convocare il popolo cattolico alla battaglia. Anche i sacerdoti sembrano restii a convocare il popolo per qualcosa di impegnativo o scomodo. Mi viene in mente l’immagine di Pietro che cerca di tenere Cristo lontano dalla croce. Pietro disse: “Questo non sarà mai per te!”; e il Signore lo rimproverò severamente dicendo che stava pensando secondo gli uomini e non secondo Dio, ed era al servizio di Satana.

E che dire di noi? Sembra che la Chiesa non riesca nemmeno a chiedere ai fedeli di partecipare alla Messa in un Giorno Santo se è di lunedì o di sabato. Sembra che sia troppo chiedere ai fedeli di venire a Messa due giorni di seguito. Se le cose stanno così, chi li convocherà per resistere e protestare vigorosamente contro le leggi ingiuste e malvagie, anche se ciò significa pene pecuniarie o addirittura il carcere? E il martirio di sangue? Sembra improbabile che la maggior parte del clero oggi consiglierebbe di essere pronti per una cosa del genere o addirittura di predisporsi ad essere pronti noi stessi. I vescovi o i sacerdoti che lo fanno possono aspettarsi di essere chiamati sconsiderati e imprudenti in tempi timidi e comodi come questi. Si alzerà sicuramente il grido: “Non è ancora il momento per queste cose!”.

Ma se non ora, quando?

La Scrittura dice: Se la tromba emette un suono confuso, chi si preparerà al combattimento? (I Cor. 14, 8). Non possono essere solo i preti a fare questa chiamata. Anche i genitori e gli altri capi hanno bisogno di suonarla. Sì, i genitori devono preparare i loro figli per qualcosa di più di una carriera. Hanno bisogno ora di prepararli per i giorni difficili che li attendono - giorni che includeranno la persecuzione e persino il martirio se decidono di seguire Cristo senza ambiguità.

Mi sbaglio? Spero proprio di sì. Ma noi. come Chiesa, non possiamo più stare seduti con le mani in mano e sperare che le cose migliorino magicamente. Come cultura, e anche in segmenti della Chiesa, abbiamo seminato vento e ora stiamo raccogliendo tempesta.

A molti, in questi giorni, piace criticare la Chiesa del passato per un certo numero di mancanze. Ma mi chiedo come i futuri membri della Chiesa ricorderanno la Chiesa dei nostri tempi. L’editorialista Joseph Sobran, scrivendo più di 15 anni fa, si chiedeva la stessa cosa e scriveva:
«[I cattolici del futuro] non ci accuseranno certo di eccessivo zelo. Potrebbero essere scioccati dalla nostra tiepidezza, dalla nostra codardia mascherata da tolleranza, dal nostro lassismo, dalla nostra disponibilità a tollerare l’eresia, il sacrilegio, la blasfemia e l’immoralità, anche all’interno della Chiesa stessa, dalla nostra smania di ingraziarci il mondo secolare...» (Sottrarre il cristianesimo, p. 268).


Sì, me lo chiedo anch’io. Da San Pietro a Costantino ci sono stati 33 Papi. Trenta di loro furono martirizzati e due morirono in esilio. Anche innumerevoli membri del clero e laici furono martirizzati. E’ difficile immaginare che la Chiesa del decadente Occidente sia disposta a soffrire così. Sicuramente i nostri fratelli in molte parti meno ricche del mondo stanno morendo in gran numero. Ma mi chiedo: Dopo tutti questi anni di “cattolicesimo comodo”, il parrocchiano o l’ecclesiastico americano medio sarebbe disposto o capace di sopportare una tale perdita?

E’ tempo, il tempo passato, di riattrezzarsi. E’ tempo di prepararsi a persecuzioni che diventeranno più forti di mese in mese e di anno in anno. I movimenti oscuri che hanno marciato sotto le bandiere della tolleranza non hanno mai avuto intenzione di farlo. E avendo guadagnato sempre più potere, stanno cercando di criminalizzare chiunque resista alla loro visione. Nessuna tolleranza per noi. La libertà religiosa si sta erodendo, e la conformità obbligatoria è già arrivata. Le corti federali passano sempre più nelle mani di militanti giudici laici e attivisti che legiferano dal banco.

Come Chiesa, quando diremo finalmente ai burocrati che ci chiedono di conformarci a leggi malvagie?: «Non ci conformeremo. Se ci multate non pagheremo. Se cercate di confiscare i nostri edifici, faremo la massima pubblicità contro di voi, ma ancora non ci adegueremo. Se ci arrestate, andremo in prigione! Ma semplicemente non ci conformeremo alle leggi del male e non collaboreremo con il male».

In questo momento, la maggior parte di noi può immaginare a malapena che il nostro clero sia così fermo. Compromessi tranquilli e “soluzioni” piene di vane parole saranno una grande tentazione per una Chiesa mal preparata alla persecuzione.

Chiamatemi allarmista o chiamatemi idealista, ma spero che troviamo la nostra spina dorsale prima che sia troppo tardi. Di solito è un resto di fedeli che salva la situazione nella narrazione biblica. Prego solo di avere la forza di dar parte di questo resto. 
Vi unirete anche voi a me? Preghiamo e iniziamo a riorganizzarci ora. Solo la nostra fede inequivocabile può salvare noi o chiunque amiamo. Preghiamo per una fede forte e coraggiosa.


NOTIZIA




Mons. Charles Pope è attualmente decano e pastore dell’Arcidiocesi di Washington, DC, dove ha servito nel Consiglio dei Sacerdoti, nel Collegio dei Consultori e nel Consiglio del Personale Sacerdotale. Oltre a pubblicare un blog quotidiano sul sito web dell’Arcidiocesi di Washington, ha scritto in riviste pastorali, ha condotto numerosi ritiri per sacerdoti e fedeli laici, e ha anche condotto studi biblici settimanali al Congresso degli Stati Uniti e alla Casa Bianca. E’ stato nominato monsignore nel 2005.



marzo 2022
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