Amore della Croce

o dipendenza da profezie?


Articolo di Elia


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O Crux, ave, spes unica! Hoc Passionis tempore piis adauge gratiam reisque dele crimina
(dall’Ufficio Divino).
«Ti saluto, o Croce, unica speranza! In questo tempo di Passione, accresci la grazia ai pii e cancella i peccati ai colpevoli».


La liturgia della Settimana Santa ti offre ogni anno l’occasione di verificare se la parola della Croce ti è realmente penetrata nell’anima, fino a diventare il nocciolo della tua vita interiore, oppure è rimasta un’espressione puramente verbale o, al massimo, una mera nozione intellettuale. Secondo san Paolo essa è stoltezza per coloro che si perdono, mentre per coloro che si salvano è potenza di Dio; per questo al centro del suo annuncio c’è Cristo crocifisso, benché Egli sia scandalo per i giudei e follia per i pagani (cf. 1 Cor 1, 18.23).
Il modo in cui reagisci ai soprusi, alle avversità e agli imprevisti è rivelatore della misura in cui le tue intime disposizioni sono ancora fondamentalmente aliene a Dio o, al contrario, sono state plasmate dalla verità evangelica, la quale, purificando ed elevando il cuore, lo libera, nobilita e unisce all’eterno Amore.

Bada a non fraintendere questo discorso. La Sacra Scrittura non inculca certo un’accidiosa inerzia o un’imbelle remissività quale comoda scusa, apparentemente virtuosa, per non lottare in difesa dei propri legittimi diritti, radicati nell’ordine stabilito dal Creatore e nella dignità della persona umana. Quanti portano responsabilità verso altri, in particolare, hanno il dovere grave di provvedere loro il necessario e, di conseguenza, quello di battersi in tutti i modi leciti per raggiungere tale scopo. 
Non devi confondere le esigenze dell’ordinaria vita cristiana con ciò che Dio propone soltanto ai martiri e ai perfetti, concedendo loro al contempo le grazie di cui han bisogno per compiere la Sua volontà. Quel che il Signore ti chiede è di perseguire il tuo impegno senza lasciarti travolgere dai sentimenti propri dell’io peccatore, come l’astio, il rancore e la sete di vendetta, purgandone la tua coscienza con una costante rinuncia ad assecondarli e sostituendoli ogni volta col desiderio di veder trionfare non tanto un tuo diritto individuale, quanto la Sua giustizia.

Il tuo combattimento, in particolare, non torni a discapito della carità. A questo riguardo, non devi mai auspicare il male di nessuno, se non come mezzo per il suo ravvedimento o per la liberazione degli oppressi.
Il raffreddamento della terza virtù teologale (quella alla quale tendono tutte le altre e che più ci unisce a Dio) sarebbe la peggiore delle disgrazie, dato che renderebbe la tua anima sterile, col rischio di perdere la vita soprannaturale. Se certi pericoli, in questo campo, sono evidenti, altri sono molto più subdoli, poiché si celano dietro simulacri di santità e trascendenza che, nel migliore dei casi, sono finzioni umane e, nel peggiore, inganni diabolici.
A costo di diventare stucchevoli o impopolari, lo zelo per il bene delle anime, che vediamo tanto seriamente minacciato, ci obbliga a ribadire l’appello a guardarsi dalle false profezie, i cui danni spirituali, oltre ad essere gravissimi, colpiscono specialmente i buoni, che sfuggono alle comuni insidie del demonio.

Le vere profezie – repetita iuvant – sollecitano la conversione indicando l’inevitabile sbocco della condotta malvagia; qualora gli uomini accolgano i richiami celesti, la Provvidenza storna i castighi preannunciati, la cui minaccia è dunque condizionata.
Le predizioni catastrofiche che ingenerano soltanto angoscia e terrore non sono sicuramente di origine divina: quando è davvero Dio a parlare, l’anima che ne accoglie il messaggio, per quanto possa rimanerne scossa, prova una profonda pace mista a gratitudine, in quanto si rende conto che il Signore le si è manifestato per preservarla dalla rovina e ricondurla sulla via del bene.
Un altro chiaro indizio di falsità è l’intendere la salvezza in senso puramente materiale, come sopravvivenza fisica al cataclisma asserito, mentre essa, secondo la dottrina cristiana, è quella dell’anima: la fede non ti promette benessere e felicità in questo mondo, ma nell’altro; l’importante, quindi, è che tu viva costantemente in stato di grazia, in modo che, in qualunque maniera e momento il Signore abbia stabilito di chiamarti a Sé (cosa che ignori), tu possa ricevere il premio eterno anziché il perpetuo tormento.

L’immanentismo delle false profezie, chiuso com’è alla prospettiva ultraterrena, è intrinsecamente amorale, poiché la “salvezza” promessa non dipende dallo stato dell’anima, bensì dalla realizzazione di semplici condizioni esteriori, come il trovarsi fisicamente in un luogo prefissato o l’aver eseguito determinati atti cui sarebbe legata un’efficacia decisiva. Qui si sconfina indubbiamente nella magia, tipico contrassegno delle opere diaboliche; chiunque abbia una fede genuina rifugge spontaneamente da tali contraffazioni del sacro, che rendono superflue la ricezione dei Sacramenti, l’osservanza dei Comandamenti e la pratica delle virtù… in una parola, tutta la vita cristiana.
L’effetto più evidente di questa deriva è l’egoismo assoluto di chi è ossessionato unicamente dalla sopravvivenza propria e, al massimo, della sua famiglia: il mondo intero può andare in malora e l’umanità essere in gran parte sterminata, purché riesca a scampare io con i miei cari; ma chi scegliere, se i posti son limitati? La carità ti fa dare la precedenza al prossimo; qui, invece, il prossimo si arrangi e crepi, se non rientra nel numero degli eletti: peggio per lui, se non ha adempiuto in tempo le indicazioni “celesti”.

Eccoti così agli esatti antipodi della Croce, convinto però di essere un bravo cristiano perché snoccioli rosari e moltiplichi novene in maniera compulsiva, per volontarismo forzato, senza un briciolo di amore per Dio, ma con cuore interessato e meschino, tanto che, in assenza degli effetti desiderati, finisci col mollare la preghiera e, talvolta, finanche la pratica religiosa…
L’anima, raggelata dalla paura e soffocata dall’egocentrismo, respinge ottusamente ogni caritatevole richiamo ad abbandonare la via mortifera che ha imboccato: la mente, ormai deformata nell’intendimento, non recepisce più nient’altro che avvisi di imminenti disastri, dei quali va avidamente in cerca con fame insaziabile per trovare conferma alle proprie convinzioni.
Chi non condivide la tua fede nelle “profezie” è un miscredente destinato a dannarsi; se, in famiglia, qualcuno si astiene dal correre ai ripari, l’unione si spacca in nome di una paranoica ossessione. Inutile dire quanto il diavolo goda di tali risultati e si adoperi per trarne il maggior male possibile; di ciò, tuttavia, tu non ti avvedi affatto, preso come sei dalla febbrile attesa di un’ipotetica sciagura.

Ben diversa è la sana previdenza suggerita dal buon senso e illuminata dalla fede nella Provvidenza, con la quale il cristiano collabora facendo sì ciò che è in suo potere, ma sapendo che ogni singolo avvenimento, grande o piccolo che sia, è da Essa regolato con infinita sapienza in vista della sua salvezza eterna.
A ciò non si oppone affatto il prendere qualche ragionevole precauzione sulla base di informazioni ritenute attendibili, purché l’anima si mantenga nell’abbandono fiducioso al Padre celeste e lasci a Lui la gestione del futuro, che non spetta di certo all’uomo. La pretesa di controllare l’avvenire conduce al volersi mettere al posto del Creatore; è questo l’esito più dannoso del credito concesso a messaggi di dubbia origine soprannaturale. Prestar fede a qualcosa che non viene da Dio, oltretutto, è almeno materialmente una forma di idolatria, in quanto si rende a ciò che non è Suo il culto dovuto esclusivamente a Lui, ma può diventarlo anche formalmente, dopo espliciti e ripetuti richiami. Vuoi dunque ritrovarti in peccato mortale per pura ostinazione?

Per la salvezza (quella dell’anima) è pienamente sufficiente ciò che il Signore ha lasciato alla Chiesa: la Rivelazione pubblica, contenuta nella Scrittura e nella Tradizione, interpretate dal Magistero; i Sacramenti quali mezzi ordinari della grazia santificante; i Comandamenti da osservare, con l’ausilio della grazia, nel progressivo perfezionamento delle virtù.
Le rivelazioni private riconosciute dalla competente autorità ecclesiastica hanno una funzione puramente accessoria, in quanto non fanno altro che ribadire l’uno o l’altro di questi elementi, esortando alla conversione e alla penitenza; il resto è un diversivo che ti distoglie dal tuo vero compito di santificarti crescendo nella carità.
Le croci che la Provvidenza dispone sul tuo cammino servono a farti espiare i peccati (in modo da abbreviare la pena del Purgatorio) e ad aumentare la grazia abituale (dal cui grado dipende la gloria del Paradiso), oltre ad essere occasione di numerose grazie attuali, se le accogli in spirito di amorosa accettazione. Per mezzo di esse, inoltre, puoi cooperare alla salvezza di altre anime ottenendo loro l’applicazione dei frutti della Redenzione, così come tu stesso ti assimili sempre più al tuo amato Salvatore.
È un programma meraviglioso, purché tu voglia attuarlo con umiltà e perseveranza.





aprile 2022
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