Affidare o consacrare al Cuore Immacolato di Maria?

di Gederson Falcometa



       


Durante la pandemia, i vescovi italiani vollero fare una consacrazione dell’Italia alla Madonna. Sorse allora una polemica: se usare il verbo dedicare, affidare o consacrare.

Secondo l’articolo “Affidamento o consacrazione, nelle scritture la risposta”, in Vaticano è prevalente la tesi esposta nel 1963 dal gesuita padre Juan Alfaro (1914-1993), secondo il quale «una consacrazione propriamente detta si fa solo a una persona divina perché la consacrazione è un atto di latria, il cui termine finale può essere unicamente Iddio» e che la consacrazione alla Madonna deve essere considerata in senso largo, o improprio, «come riconoscimento della nostra dipendenza da lei, come affermazione della sua dignità suprema fra le persone create».

Secondo l’articolo “Affidamento o consacrazione? Padre De Fiores spiegava…”, Giovanni Paolo II fu il primo ad usare il termine “affidamento” e lo fece intenzionalmente perché il termine offre due vantaggi: «permette di superare “una certa ambiguità” della parola consacrazione, la quale evoca “un contenuto così profondo che sembra corrispondere unicamente ai rapporti che abbiamo con Dio”; inoltre l’affidamento si adatta meglio a esprimere “quelle forme di consacrazione che riguardano gli altri”, evidenziando immediatamente che si tratta di atti di solidarietà e carità».

Dai testi citati si comprende che vi è una certa reticenza ad usare ad usare il termine “consacrazione”, preferendo usare quello di “affidamento”.
Sulla questione è intervenuto a chiarimento Padre Giulio Meiattini, OSB, che nell’articolo “Affidamento e consacrazione al Cuore Immacolato di Maria – La lezione di San Giovanni Paolo II” scrive:
«Come si vede, in quella circostanza del 25 marzo 1984, che avrebbe avuto una serie di conseguenze immense per la storia europea e mondiale (come sa chi guarda gli eventi nella luce della fede e dei segni mandati da Dio), Giovanni Paolo II accostò i due termini in modo sistematico e intenzionale, come complementari, non equivalenti e non alternativi. In altri termini, anche se era in corso una discussione fra teologi, non solo non volle rinunciare all’espressione più forte, “consacrazione”, ma vi insistette, anche se la volle accostare sempre a quella di affidamento. Proprio perché i due termini non dicono esattamente la stessa cosa, la parola più impegnativa, e teologicamente più delicata, “consacrazione”, non fu mai omessa. Questo dovrebbe far pensare!

«Nel medesimo testo, anche parlando di Pio XII, il papa afferma che il suo predecessore, quarant’anni prima, “ha affidato e consacrato al tuo Cuore Immacolato tutto il mondo”».

Solo che la consacrazione del 1942 non fu un atto solenne e non avvenne con sullo sfondo la detta questione teologica. Mentre invece nella consacrazione solenne del 1952,  Pio XII, nella lettera apostolica Sacro vergente anno, dice solo “consacriamo”.

Su questo problema fondamentale per la consacrazione della Russia e per tutte le consacrazioni mariane, Padre Meiattini afferma: «L’ipotesi che la teologia recente abbia compreso meglio il termine “consacrazione”, e per questo motivo ne ridimensioni l’uso in campo mariologico, come suggerisce lo scritto di De Fiores, o addirittura legittimamente lo scoraggi, è una lettura possibile. Ma ce n’è un’altra, da non escludere: che la teologia possa comprendere ancora meglio il posto e il ruolo di Maria nel piano di salvezza, tanto da ritenere come del tutto plausibile la consacrazione a lei riferita, sia pur in forma analogica (ma non metaforica) a quella nei confronti di Dio».
 
Ora, un approfondimento della comprensione dei dogmi cattolici, presuppone il principio di identità e di non contraddizione, per cui, in questo caso, concedere alla Madonna ciò che è dovuto solo a Dio, costituirebbe un peccato di idolatria. In questo modo, non si ha una migliore comprensione del ruolo della Madonna (o del termine consacrazione), ma si ha un’implicita affermazione che prima di questa nuova comprensione la Chiesa fosse nel peccato.

Inoltre, sappiamo bene che col concilio Vaticano II vi fu di fatto un ridimensionamento mariologico, che avvenne per motivazioni ecumeniche, per compiacere i protestanti. Apparentemente, questa “nuova comprensione” del termine consacrazione segue questa logica.
Così, nell’ultimo paragrafo dell’articolo di Padre Meiattini non poteva mancare il tentativo di difendere la Madonna da un’inesattezza teologica (come può la Madonna chiedere qualcosa dovuto solo a Dio?).
«Segnalo, infine, che anche le parole della Vergine a santa Bernadette Soubirous [a Lourdes] apparirono fin dall’inizio sorprendenti e problematiche per la teologia. Affermare “Io sono l’Immacolata Concezione” invece che “l’Immacolata concepita”, come si sa, suonò strano e suscitò comprensibilmente delle difficoltà. Contrariamente a quanto asserisce De Fiores,  io sono propenso a credere che la Vergine, anche a Fatima, non sia stata teologicamente imprecisa, per una presunta ma non dimostrabile accondiscendenza al milieu della devozione allora diffusa, quando parlò di “consacrazione” al suo Cuore Immacolato».

In effetti, le consacrazioni alla Madonna esistono da secoli, e questo tipo di domande non sono mai emerse. La parola consacrazione non è ambigua, il suo significato è chiaro, ciò che la rende ambigua è l’improprio accostamento con la parola dedicazione. Si tratta del metodo usato negli ultimi 60 anni: si dice una cosa e se ne vuole intendere un’altra, perfino opposta.

 


maggio 2022
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