SANTA MESSA: MOMENTO DI BON TON

di Luciano Pranzetti





Barletta - Basilica del Santo Sepolcro


Incredibile, ma vero! ci è venuto di esclamare - echeggiando il titolo a una rubrica di una nota rivista di enigmistica – durante la Santa Messa celebrata, domenica 8 maggio, nella basilica del Santo Sepolcro di Barletta, dall’arcivescovo Mons. Leonardo D’Ascenzo e teletrasmessa su RAI 1 alle ore 11,00.

Che cosa è avvenuto? ci domanderà uno de nostri lettori incuriosito ed allarmato dall’apertura del nostro intervento. Noi rispondiamo: niente di serio, ma qualcosa di grave e, per spiegarlo, dovremo riandare a quella sera del 13 marzo 2013 quando, alla cattolicità radunata nell’abbraccio di Piazza San Pietro, venne annunciata l’elezione del nuovo Pontefice, il cardinale di Santa Romana Chiesa S. E. Jorge Mario Bergoglio che, col nome di Francesco salutò i fedeli con un banale, inopportuno, sacrilego “Buona sera” istituendo una moda che - figuriamoci! – s’è diffusa nell’universo intero e . . . in altri siti.

Ed infatti, non c’è celebrante che, a fine santa Messa, non senta l’urgenza democratica di augurare ai fedeli, dopo aver impartito la benedizione nel nome della divina Trinità, una “buona domenica” quasi che la Santissima Monotriade abbia bisogno di un rinforzino, non si sa mai.
Noi abbiamo, tempo fa, denunciato questo vezzo salottiero che, talora, creato il clima di complicità familiaresca, porta il celebrante a proferire delle vere bestialità come capitò a un canonico che, giunto al momento del Padre Nostro, pensando di confezionare chissà quale chicca, se ne uscì definendolo una “preghiera magica”. Insomma, sulla scia della rivoluzione del ’68 – preparata dal CVII – la fantasia si è insediata al potere.

Ed ecco, allora, Mons. D’Ascenzo, a fine lettura del Vangelo – Gv. 10, il buon pastore – con garbo e scioltezza, rivolto ai fedeli, dimentico del rituale “Sia lodato Gesù Cristo”, formula l’augurio di “buona domenica a tutti” e tutti, beotamente rispondendo “grazie altrettanto”.

Ora, se un arcivescovo, che dovrebbe essere “archi-epìskopos”, cioè un supersorvegliante, garante tra l’altro dell’integrità del Depositum Fidei e del corretto svolgimento della liturgia, trasforma la Santa Messa – sacrificio di Gesù – in un momento di incontro connotato da laico galateo, vuol dire che il cattivo esempio, calato dall’alto, s’è imposto quale modello a cui adeguarsi.

Il solito lettore riterrà, questo nostro intervento, sproporzionato, per una certa vis polemica, rispetto a un semplice, vago moto di amicale cordialità. Rispondiamo affermando che a Dio tutto è dovuto e che, quanto al momento – la lettura del Vangelo – la Chiesa, nella sua totalità, dopo averne ascoltato la Parola, loda il Signore per il beneficio elargitole. Cosa che non è, invece, avvenuta.
Mancanza di sacra, doverosa e somma reverenza.

E, tanto per darne un esempio: si immagini il tale XY che venga invitato dal Presidente della Repubblica a tenere una conferenza presso la sede presidenziale e si immagini che XY, in apertura del suo discorso, rivolga il suo saluto al solo pubblico. Come giudicherebbe, il nostro lettore, simile comportamento? Un atto di estrema mala educazione, irriverente e, pertanto, biasimevole. Ora, fatte le debite sproporzioni tra l’uomo-presidente e Dio-Signore, non crede sia non solo irriverente ma colpevolmente offensivo quella “buona domenica” riservata ai fedeli con palese noncuranza dell’Altro?

Insomma, quella che era la “Cena del Signore” s’è tramutata in un conviviale organizzato da una brigata di amiconi col corredo, tra l’altro, di canti sciapi e strascinati.
 
Osservazione a latere: è mai possibile che non ci riesca di ascoltare un’omelia – la cara e antica “predica” – condotta a braccio, con i toni che variano paralleli ai concetti, corredati da magistrale ars dicendi, una predica di quelle che coinvolgono e convincono? No, oggi l’omelia viene letta, come fosse un comunicato burocratico, con tono inespressivo, piatto, monotono, freddo e con ritmo lesto. Il che, aggiunto alle varianti augurali del celebrante e ai canti sciapi dei cori, dà il ritratto moderno di una Santa Messa, meno santa e più da bon ton.




Mons. Leonardo D'ascenzo




maggio 2022
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