A Jenin uccisa la giornalista di Al Jazeera

Shireen Abu Akleh

Articolo del Centro Studi Federici



 La notizia è stata  ripresa e commentata da diversi siti italiani ed esteri

noi riportiamo quanto scritto dal Centro Studi Giuseppe Federici






Shireen Abu Akleh era nata il 3 gennaio 1971 a Gerusalemme da una famiglia greco-cattolica di Betlemme. Diventata giornalista, da vent’anni era una spina nel fianco del governo israeliano, in quando descriveva in modo pacato ma incisivo la situazione del popolo palestinese, e della sua componente cristiana, sui maggiori canali delle televisioni di lingua araba. I suoi reportage e inchieste sul conflitto tra gli abitanti della Palestina e il regime israeliano sono un’importante fonte di documentazione.

L’11 maggio 2022 Shireen Abu Akleh è stata uccisa da colpi di arma da fuoco durante un raid dell’esercito di Tel Aviv nel campo profughi di Jenin. Ufficialmente non è stato accertato chi abbia sparato, tuttavia “secondo le testimonianze dei colleghi, a colpire la corrispondente sarebbero stati cecchini dell’esercito israeliano”. (1)

Il giorno stesso della morte il governo dell’Autorità Nazionale Palestinese ha reso gli onori militari alla salma di Shireen Abu Akleh, che è stata poi trasportata al Saint Louis Hospital, una struttura ospedaliera cattolica di Gerusalemme est. Qui è stata allestita la camera ardente.

Il 13 maggio 2022 la bara doveva essere trasportata alla cattedrale Nostra Signora dell’Annunciazione, nella Città Vecchia, appartenente all’Arcieparchia di Gerusalemme dei melchiti. Il corteo funebre, nel breve tragitto dalla camera ardente al carro funebre, è stato assaltato dalla polizia che ha fatto un’irruzione illegale nel cortile dell’ospedale e nella struttura stessa, come testimoniano le telecamere di sicurezza.

Le scene dei poliziotti che hanno manganellato i portatori della bara, che ha rischiato di cadere a terra, hanno fatto il giro del mondo: l’esposizione della bandiera palestinese, vietata “dall’unica democrazia del Medio Oriente” a Gerusalemme, è stato il motivo delle cariche della polizia.

Non si è parlato invece del panico provocato all’interno dell’ospedale tra il personale sanitario e i pazienti in attesa del ricovero. Il medico M.Hmeidat, rimasto ferito, ha dichiarato: “Ci hanno attaccato all’improvviso e ho cercato di scappare. Tutti correvano, c’era panico. Una delle granate stordenti è esplosa vicino a me e mi ha provocato delle bruciature”. Altre dodici persone sono state ricoverete in seguito alle ferite causate dai poliziotti.

Il 15 maggio 2022, in una conferenza stampa, Jamil M. Koussa, Direttore generale St. Joseph Hospital ha dichiarato: “Non c’è stata violenza, non c’era ragione per attaccare. Quello che è successo è inaccettabile. Stiamo cercando di capire insieme al patriarca, che è il capo del Consiglio di amministrazione, e alle suore di San Giuseppe, il modo migliore per agire in sede legale contro la Polizia”.

Fanno eco le parole del Patriarcato latino: “Non si può tacere. È nostro dovere dire: ‘Fin qui. Basta’. Ce lo chiede la gente, ce lo chiede anche il nostro dovere istituzionale di essere presenti e di alzare la voce quando è necessario”.

E’ intervenuta anche la Delegazione Apostolica a Gerusalemme e in Palestina: “L’accordo fondamentale tra Santa Sede e Israele nel primo articolo chiaramente dice che lo Stato di Israele si impegna a rispettare il diritto alla libertà religiosa (sic!) e qui si tratta di una processione funebre dove questo diritto è stato violato in modo brutale”. (2)

La bara è stata accolta alla Porta di Giaffa da migliaia di palestinesi, anche non cristiani, che hanno voluto rendere omaggio alla giornalista assassinata. Nel corso dei funerali, per la prima volta nella storia di Gerusalemme, tutte le campane della città hanno suonato insieme, in segno di lutto e di protesta. (3). Dopo la cerimonia funebre all’interno della cattedrale greco-cattolica, la bara è stata portata per la tumulazione al cimitero cristiano sul Monte Sion. Qui si sono ripetute le cariche della polizia contro coloro che esibivano la bandiera palestinese.

La vicenda sembra quasi indicare che, anche nella bara, Shireen Abu Akleh abbia voluto testimoniare, come ha sempre fatto nei 20 anni di attività giornalistica, il dramma del popolo palestinese e di tutta la Terra Santa.



A Hebron ragazze palestinesi manifestano con la foto di Shireen Abu Akleh, uccisa poche ore prima, l'11 maggio 2022. (foto Wisam Hashlamoun/Flash90)



NOTE

1 - https://www.terrasanta.net/2022/05/a-jenin-uccisa-la-giornalista-di-al-jazeera-shireen-abu-akleh/
2 - Le tre dichiarazioni riportate si possono trovare ai seguenti link:
https://cmc-terrasanta.org/it/media/terra-santa-news/27080/violenza-al-st-joseph,-
condanna-della-chiesa-di-gerusalemme
https://oraprosiria.blogspot.com/2022/05/dichiarazione-dei-patriarchi-di.html
3 - Il gesto manifesta il timore dei cristiani di essere cancellati dalla città nell’indifferenza della comunità internazionale. L’auspicio è la salvaguardia della presenza cristiana nei Luoghi Santi, liberandola però dagli scismi e dalle eresie che si sono accumulati nel corso dei secoli e che hanno indebolito e offeso questa stessa presenza.  Quanto ai “conciliari”, impegnati nel forsennato dialogo ebraico-cristiano, dovrebbero interrogarsi sui frutti raccolti proprio in Terra Santa.

 




maggio 2022
AL SOMMARIO ARTICOLI DIVERSI