PAPA FRANCESCO:
UDIENZA ALLA STAMPA


di L. P.


Sua Santità Papa Francesco, nel discorso ai cardinali, tenuto il giorno 14 marzo, ha delineato le sue direttrici della “nuova evangelizzazione” in tre verbi:  Camminare- Costruire – Confessare Cristo.

Nel momento in cui egli, Vicario di Cristo, Successore di San Pietro  – e non, solo Vescovo di Roma, come ama definirsi – doveva offrire un’esemplare applicazione concreta del suo programma, confessare/professare Cristo davanti al mondo e ai giornalisti, nell’udienza a loro concessa il giorno 16 marzo presso l’aula Paolo VI, in quel momento egli s’è trattenuto dall’impartire “viva voce” la benedizione apostolica, preferendo darla “in silenzio”.

Sgomenta la sua giustificazione (O. R. 17/03/2013) che così recita:
Vi avevo detto che vi avrei dato di cuore la mia benedizione. Dato che molti di voi non appartengono alla Chiesa cattolica, altri non sono credenti, imparto di cuore questa benedizione, in silenzio, a ciascuno di voi, rispettando la coscienza di ognuno, ma sapendo che ciascuno di voi è figlio di Dio. Che Dio vi benedica.

C’è da rimanere increduli ed inquieti davanti a siffatta evanescenza dottrinaria che, condotta con motivazioni d’ordine politico di tipo onusiano, rimane tuttavia una fuga perché il compito, o meglio la missione , del sommo Pastore cattolico è altra e noi, con umiltà ma con pari franchezza vogliamo ricordare.

Alla radice di tale atteggiamento, ultimo tossico frutto, in ordine di tempo, sta la nefasta Dichiarazione conciliare “Dignitatis humanae” che, dopo aver provocato il movimento ecumenistico, pareggiato la dignità di tutte le religioni con Assisi 1986-2002-2011, aver promosso incontri e ibridi riti concelebrati – cattoluterani, cattoanglicani, cattomassoni  –  dopo aver legittimata e consolidata la pedagogia del “rispetto” verso le altrui fedi, in virtù della quale pedagogia Madre Teresa sempre  si guardò bene dal battezzare i bambini moribondi, oggi, con Papa Francesco,  si arriva al punto che, in Vaticano, nell’aula delle udienze, in casa propria, si tace il nome di Cristo, si sottace la S.S. Trinità.

A dirla schietta, ciò si configura come vera e palese viltà, una codardìa verniciata dal similoro della democratica sensibilità per le altre confessioni.

E l’informazione mondiale esulta per questo squisito gesto e per questa dimostrazione di “comprensione” che viene da un Papa “povero”.

Ma il cristiano sa che ciascuno deve dare il proprio contributo all’evangelizzazione in quanto il comando di Gesù è diretto a tutti coloro che credono e, che ravveduti, hanno il compito di confermare i fratelli. Se ciò vale per il minimo dei fedeli, tanto più  a tale missione è tenuto il Papa della Chiesa cattolica, il Vicario in terra di Cristo, autorità somma  e non  semplice “vescovo di Roma”.

Se molti tra i  giornalisti, presenti quel giorno in aula udienze,  erano atei, agnostici, scismatici, la missione di Francesco doveva dirigersi proprio nel verso di una loro iniziale conversione, quanto meno in termini di annuncio di Cristo. Essi sono i malati per i quali Cristo si è incarnato, è morto ed  è risorto. “Non enim veni vocare justos  sed  peccatores” – Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori - (Mt. 9,13).

Era quella l‘occasione per diffondere i semi del vangelo e di testimoniare Cristo.
Vos autem testes estis” - Di questo voi siete testimoni - (Lc. 24,48).
Ma Papa Francesco ha taciuto per un’esigenza di sensibilità, per una inopportuna dose di rispetto ed ha mancato nel non offrire, proprio a questi malati, gli elementi necessarii per una guarigione. Essi permarranno nell’errore.

Ed, allora, che cosa rappresenta tale atteggiamento se non un  rinnegare Cristo ?
Rimbombano, a tal proposito, le Sue parole : “Qui autem me negaverit coram hominibus negabo et ego eum coram Patre meo qui in coelis est” – Chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei Cieli -  (Mt. 10, 33).

E che cosa rappresenta il silenzio di Francesco se non inadempienza al comando di Cristo: “Euntes in universum mundum predicate evangelium omni creaturae- Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura - (Mc. 16, 15)?.

E cos’altro è quel silenzio se non indifferenza al diritto di Dio e attenzione a quello dell’uomo, quando, invece, il monito perentorio dell’Apostolo Pietro “Oboedire oportet Deo magis quam hominibus” - Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini - (At. 5, 29) è di segno opposto?

Stiamo assistendo a una rivoluzione che  non è  solo comportamentale ma che si caratterizza per evidenti aspetti e motivi di populismo pauperistico e bancarellaro.
Che vuol, infatti, significare quell’indossare semplici abiti, via il rocchetto e la mozzetta, esporre un pettorale o un anello di ferro? Forse che un crocifisso d’oro o l’anello piscatorio di egual prezioso metallo dovrebbero esser stimati come prodotti da quotare nella “Borsa” dei metalli preziosi?

E già qualcuno, sull’onda di analoghi movimenti politici prefigura una Chiesa “povera”, disadorna e stracciona non riflettendo che l’oro, l’argento e i marmi preziosi di una chiesa non sono la cifra o il parametro della potenza e della ricchezza della Chiesa, ma l’espressione dell’omaggio al Signore, Creatore e Padrone di tutto ciò che di prezioso il mondo possiede.

Perché mai Iddio  – si leggano  l’Esodo, il Levitico e il Deuteronomio  - si premurò di fornire a Mosè e ad Aronne le tipologie di stoffe, i colori dei paramenti, o le misure dell’arca rivestita d’oro?
C’è qualcuno che voglia, a questo proposito, rivolgere un’obiezione al Signore riguardo a un’eccessiva profusione di ricchezza?

Se siffatto ragionamento fosse giusto e fondato, dovremmo pensare che Caino, nell’offrire i frutti scadenti della sua agricoltura, avesse già prefigurato il  movimento pauperistico che si sta profilando attorno al nome di Francesco.

Oggi, infatti, tira un’aria di smantellamento totale in forza del nuovo moto umanitario pro- poveri quasi che essi siano l’essenza, la sostanza e l’urgenza unica della Chiesa.

Se non vogliamo ricordare la tanto attesa “salus animarum” – scopo di tutta l’evengelizzazione – vogliamo, però,  rammentare le parole di Gesù che, in occasione dell’osservazione “economica” di Giuda, riguardo allo spreco di profumo prezioso sparso dalla donna peccatrice sulla Sua testa e sui Suoi piedi, così parlò: “ Pauperes semper habetis  vobiscum, me autem non semper habetis” - I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me - (Gv. 12, 8)-  Perciò, non fatevene uno schermo!!

Non vorremmo che questa incipiente fisionomia ecclesiale sia il paravento dietro al quale si compiranno operazioni di erosione del dogma, di trasformazioni strutturali liturgiche, di un avvìo all’esilio delle ultime sentinelle della santa Tradizione.

Il sospetto è giustificato: nell’Angelus di domenica 17 febbraio – il suo primo Angelus – Papa Francesco ha citato un libro del cardinale  Walter Kasper, indicato come uno dei teologi più ortodossi e di profonda devozione. Se questo è l’incipit di una “vita nova” ecclesiale, c’è da rimanere esterrefatti.
Kasper è colui che ha messo in discussione, e in dubbio:
1 - la divinità di Gesù (figlio di Dio); 
2 – i miracoli raccontati dai Vangeli; 
3 – la resurrezione corporea di Gesù; 
4 – le apparizioni di Gesù risorto e l’Ascensione sua; 
5 – la divina maternità di Maria ;
6 – l’infallibilità pontificia. 
Basta?

Se questo vuol dire rivitalizzare la Chiesa c’è da aspettarsi ulteriori cedimenti.

Sorridono, intanto, Dawkins, Odifreddi, Kung, Mancuso.




marzo 2013

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