Benedetto XVI e la “ingravescente aetate”

di Belvecchio




28 febbraio 2013 - Benedetto XVI legge la rinuncia al pontificato


Il 19 aprile 2005 venne elevato al Soglio Pontificio il cardinale Joseph Ratzinger,
che prese il nome di Benedetto XVI. Inaspettatamente, il 28 febbraio 2013, dopo 7 anni e 315 giorni, Benedetto XVI rinunciò al pontificato; ma invece di ritirarsi volle rimanere in Vaticano e pretese di conservare il titolo del tutto inusuale di Papa “emerito”, con tanto di veste talare bianca. Contemporaneamente decise di vivere nel monastero Mater Ecclesiae, nei giardini vaticani.
Dopo l’elezione del suo successore, il cardinale Jorge Mario Bergoglio, che prese il nome di Francesco, l’ex Papa ha avuto modo di mostrarsi più volte in pubblico come fosse ancora Papa, instaurando di fatto una diarchia che continua ad alimentare discussioni e prese di posizione diverse.
Molti commentatori, scontenti dell’andamento del nuovo Papa che continua a dare colpi di maglio alla dottrina e alla liturgia cattoliche, si sono sforzati e si sforzano di considerare, anche su basi canoniche, che la rinuncia di Benedetto XVI sia invalida e che quindi sia illecita e illegittima l’elezione di Francesco.

La diarchia instaurata di fatto da Benedetto XVI ha assunto connotazioni eclatanti in occasione di alcuni importanti avvenimenti riguardanti l’intera vita della Chiesa:
Benedetto XVI era presente nei concistori del 2014 e del 2015, insieme a Francesco: due Papi per nominare i nuovi cardinali.
Nel concistoro dell’agosto 2002 questa presenza è mancata, ma l’affermazione ufficiale della diarchia è continuata con la visita che i nuovi cardinali, accompagnati da Francesco, hanno reso a Benedetto XVI nel monastero Mater Ecclesiae, subito dopo l’imposizione del berretto rosso e prima dei consueti ossequii a nuovi cardinali; i quali hanno ricevuto la benedizione di Benedetto XVI e sono subito ritornati al palazzo apostolico per completare l’iter cerimoniale.

Come si deduce facilmente, la mancata presenza di Benedetto XVI alla cerimonia del concistoro sarà stata causata quasi certamente dal suo stato di salute; così che torna in mente la “ingravescente aetate” del 2013, riapparsa solo oggi nel 2022.

Papa Ratzinger ha compiuto 95 anni il 16 aprile ed è logico ritenere che la sua salute venga sempre meno, cosa che non si può dire del 2013, come è stato dimostrato dalle uscite dell’ex Papa in questi nove anni.

Ma allora, se non fu proprio la “ingravescente aetate” ad indurre Benedetto XVI
alla rinuncia al papato, cosa lo portò a compiere un atto così inusuale?
Anche qui, molti commentatori parlano di pressioni internazionali per togliere di mezzo un papa che per certi circoli di potere era per molti versi scomodo; mentre altri parlano di pressioni esercitate da prelati della gerarchia.
In entrambi i casi, le pressioni non avrebbero dovuto permettere a Benedetto XVI di “dimettersi” da Papa, pena l’invalidità della sua rinuncia; quindi è lecito ritenere che la rinuncia sia stata voluta consapevolmente da un papa che intendeva sottrarsi alle possibili conseguenze del suo rimanere sul Soglio Pontificio.
Un atto poco eroico e molto meschino, che rivela l’indole di Benedetto XVI, da lui stesso presentata pubblicamente nel corso dell’omelia della Messa per l’inizio del pontificato, il 24 aprile del 2005, in cui disse: «Pregate per me, perché io non fugga, per paura, davanti ai lupi».

Tuttavia, non bisogna sottovalutare la valenza dell’intelligenza di Benedetto XVI, accanto a questa indole tremebonda; ed è questa valenza che aiuta a comprendere la vera intenzione dell’allora Papa nel decidere di “dimettersi”.
Benedetto XVI conosceva benissimo i progetti dei prelati circa l’azione dirigenziale che avrebbe dovuto svolgere il nuovo  Papa eletto. Egli stesso fu eletto in concorrenza con il suo confratello il cardinale Bergoglio. I progetti dei prelati miravano ad imprimere alla conduzione della Chiesa un’accelerazione progressista, per portare alle estreme conseguenze la rivoluzione iniziata col concilio Vaticano II; e la persona più idonea per la bisogna era proprio il cardinale Bergoglio. Una parte dei cardinali, però, memori del lavoro svolto in Concilio dal “perito” Joseph Ratzinger, pensavano di portarlo fino al pontificato e poi spingerlo nella direzione da loro voluta sulla base della sua indole tremebonda. Questa corrente di pensiero ebbe la meglio e Ratzinger divenne Papa al posto di Bergoglio.

Il pontificato del nuovo eletto Benedetto XVI si avviò con la messa in luce di un altro elemento costitutivo della mentalità di Ratzinger: la sua tendenza a voler conciliare elementi contrapposti. Il suo discorso programmatico alla Curia romana del 22 dicembre 2005, in cui espose la sua teoria sulla interpretazione costruttiva dei documenti del concilio Vaticano II, che chiamò “ermeneutica della riforma”, “ermeneutica del rinnovamento nella continuità dell’unico soggetto Chiesa”, ebbe la pretesa di conciliare la rivoluzione conciliare con la millenaria tradizione dottrinale della Chiesa. Ratzinger parlò di “rinnovamento” possibile in continuità con l’“unico soggetto Chiesa”, intendendo che la Chiesa è sempre una, ma che è possibile rinnovarla senza provocare lo sdoppiamento del sua essere una.
Ancora oggi si dibatte su questa teoria di Ratzinger senza che si sia giunti ad una seria definizione del suo reale significato. Se la Chiesa è una e sarà una fino alla fine del mondo, ogni eventuale rinnovamento potrà riguardare solo certe particolari espressioni della sua dottrina, che deve rimanere immutata, come più semplicemente si dice parlando del dovere dei vescovi e dei Papi di conservare “intatto” il depositum fidei, la fede che è stata affidata alla Chiesa da Cristo stesso.
Il concilio Vaticano II pretese di adattare il deposito della fede, che è uno, con le mutevoli concezioni del mondo; e Ratzinger fu uno dei fautori di questo adattamento e tale rimase anche dopo la sua elezione a Papa, da qui l’equivoca “ermeneutica del cambiamento nella continuità”.
Ma questo non bastava per realizzare i progetti rivoluzionari della gerarchia.

Quando, nel 2007, Benedetto XVI pubblicò il motu proprio Summorum Pontificum, la sua equivocità si rivelò ulteriormente.
Il cardinale Ratzinger conservava in un angolo del suo cuore il dispiacere di non aver potuto risolvere la questione del rifiuto della rivoluzione del Vaticano II, posto in essere da Mons. Lefebvre. Già con il protocollo di accordo del 1988, preparato dal Cardinale Ratzinger e firmato da Monsignor Lefebvre, si era manifestata l’equivocità delle formulazioni di Ratzinger, al punto che Monsignor Lefebvre denunciò il giorno successivo l’intero accordo che aveva firmato il giorno prima: nella notte aveva riflettuto sul contenuto dell’accordo ed era giunto alla conclusione che contenesse più trappole che soluzioni.
Ratzinger ne rimase dispiaciuto, soprattutto perché convinto che le sue formule equivoche non potessero essere non condivise.
Nel 2007, col Summorum Pontificum, si rinnovò la tecnica equivoca: per un verso venne affermato che il rituale della Messa antica, usato per secoli dalla Chiesa, non era mai stato abrogato, perché non abrogabile; per l’altro si confermò che il nuovo rituale della Messa, pubblicato da Paolo VI nel 1969 e comportante l’abrogazione del rituale antico, era l’unico rituale romano.
Ratzinger provvide a riparare la patente equivocità inventando una nuova formula: non si doveva parlare di due Messe, di due rituali diversi tra loro e per molti versi contrastanti, ma si doveva parlare di due forme della stessa Messa; il che era una sorta di contraddizione in termini. E con il nuovo strumento della “forma” provvide a stabilire che la Messa antica, detta non abrogata, doveva essere considerata come una “forma straordinaria” a fronte della “forma ordinaria” rappresentata dalla nuova Messa.
Di fatto si giunse alla conclusione che l’unica Messa della Chiesa era quella nuova, a fianco della quale poteva sussistere in via eccezionale, “straordinaria”, la Messa antica, soprattutto per coloro che ancora si ostinavano a volerla considerare la Messa di sempre della Chiesa.
Partito dall’idea di recuperare il patrimonio liturgico della Chiesa, Ratzinger finì col porre la Messa di sempre in un cantuccio, come fosse una “reliquia” del passato degna solo di rispetto.
Ma anche questo non bastava per realizzare i progetti rivoluzionari della gerarchia.

Nel quadro di quanto esposto per sommi capi fin qui, si può dire che non fu la “ingravescente aetate” a condurre Benedetto XVI a rinunciare al pontificato, ma fu la constatazione che la sua azione di governo non aveva portato a quella accelerazione progressista per portare alle estreme conseguenze la rivoluzione iniziata col concilio Vaticano II, come auspicato dalla gerarchia e dallo stesso Benedetto XVI.
Coma si poteva rimediare?

Benedetto XVI sapeva che la gerarchia era pronta a rimediare all’errore commesso nel 2005 con la sua elezione al Soglio Pontificio, e sapeva che c’era ancora in ballo il cardinale Bergoglio, pronto a portare avanti la spinta rivoluzionaria del Vaticano II in campo dottrinale e liturgico. Ma l’unico modo per permettere che Bergoglio diventasse Papa era rinunciare al papato. E anche qui mise in essere un’altra delle sue manovre equivoche, inventandosi una rinuncia così pasticciata che ancora oggi se ne discute e che certamente darà del filo da torcere anche ai futuri canonisti.
Tuttavia, l’idea di essere Papa aveva messo radici nell’animo di Benedetto XVI e, del par suo, non si diede per vinto e, anche a costo di creare un precedente inaudito nella vita della Chiesa, senza capo né coda, si inventò la trovata del “Papa emerito”, che sarebbe rimasto in Vaticano vestito di bianco a fianco del nuovo Papa. E tale bisogno di sentirsi sempre Papa lo ha spinto a mostrarsi appena possibile in pubblico per il compiacimento suo e dei suoi sostenitori.

Tutto il lavoro portato avanti da Benedetto XVI non si è rivelato vano: oggi possiamo godere, o dispiacerci, di un Bergoglio-Francesco che a tappe forzate continua a realizzare il progetto di affossare la Chiesa, finché Dio vorrà, secondo i disegni del Vaticano II e della gerarchia che lo ha eletto.




7 ottobre 2019
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settembre 2022
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