Kazakistan: verso una religione mondiale ?


Articolo della FSSPX

Pubblicato sul Sito Informazioni della Fraternità
in due parti: prima parte - seconda parte


Il viaggio di Papa Francesco in Kazakistan, del 14 e 15 settembre 2022, per partecipare al
 Congresso dei capi spirituali delle religioni mondiali e tradizionali,  ha suscitato commenti severi, ma lucidi, da parte di diversi vaticanisti.

Prima dell’arrivo del Papa ad Astana, capitale del Kazakistan, Giuseppe Nardi, sul sito katholisches.info del 12 settembre, si chiedeva : «Fino a che punto la Chiesa può accettare un’agenda mondialista?»
E rispondeva: «Noursoultan Nazarbaïev [il Presidente kazako all’origine di questo incontro fin dal 2003] ha fatto costruire una grande piramide specialmente per i congressi. Essa deve essere il simbolo dell’unità di tutte le religioni. Papa Francesco condivide il pensiero unitario che sta alla base e che in fin dei conti aspira ad un’unica religione mondiale?»
Tutto porta a crederlo.

- Nel 2021, Francesco si è dimostrato “felice” per la creazione del parco religioso Pachamama in Argentina;
- Egli ha sottolineato con insistenza la fraternità universale di tutti gli uomini, di cui la Massoneria ha fatto la sua bandiera fin dal XVIII secolo;
- Egli sostiene la costruzione di un tempio comune delle religioni abramitiche ad Abu Dhabi;
- Egli insiste sull’affermazione che la diversità delle religioni è una ricchezza voluta da Dio;
- Egli ha dichiarato che “tutti” sono figli di Dio e che anche gli atei andranno in Cielo;
- Egli ha insegnato che quando si tratta della Madre Terra l’appartenenza religiosa non ha «alcuna importanza”;
- l’avvio di questo “pellegrinaggio della pace” è stato da un video del Papa che mette le diverse religioni su un piano di parità, degradando così Gesù Cristo.


L’ONU delle religioni

Ne La Nuova Bussola Quotidiana del 13 settembre, Stefano Fontana esamina cos’è questo Congresso dei capi spirituali delle religioni mondiali e tradizionali:
«Esso è sorto nel 2003 per iniziativa dell’allora presidente del Kazakistan e ha come obiettivi di cercare «punti di riferimento umani comuni nel mondo e nelle religioni tradizionali» e di far funzionare una «istituzione interreligiosa internazionale permanente per il dialogo delle religioni e l’adozione di decisioni concordate».
Si tratta della cosiddetta “ONU delle religioni”. 

«Il Congresso funziona tramite una Segreteria, che, come si apprende dal sito ufficiale, attua le decisioni, predispone i materiali, stende i documenti, concorda i temi chiave e, soprattutto, coordina «l’interazione con le strutture internazionali sui temi del dialogo interreligioso e intercivilizzato.
Fino ad oggi hanno funzionato 19 Segreterie. Nella attuale siedono 10 rappresentanti dell’islam, 5 del cristianesimo di cui un cattolico, 4 rappresentanti del buddismo, 1 del taoismo, 1 dello shintoismo, 1 dell’induismo, 3 di istituzioni internazionali e 5 rappresentanti della Repubblica del Kazakistan.
Come si vede, la composizione della Segreteria non offre grandi garanzie di equilibrio, i cattolici ne sono quasi del tutto assenti, e sembra funzionare più che altro per i contatti con le istituzioni. L’ONU delle religioni non può certo rimanere staccata dai consessi degli organismi internazionali, con i quali deve sintonizzarsi sui problemi della pace e dell’armonia».

E precisa:
«La Chiesa cattolica aveva inviato ai precedenti Congressi cardinali come Tomko, Etchegaray o Tauran, ma non era mai andato il papa. Giovanni Paolo II aveva visitato il Kazakistan nel 2001, ma in un viaggio pastorale che non aveva nessun nesso con il Congresso mondiale dei leader delle religioni mondiali e tradizionali. Ora, Francesco ci va, invece, proprio per questo, più per il Congresso che per il Kazakistan.
Ora, Francesco ci va, invece, proprio per questo, più per il Congresso che per il Kazakistan. Il suo viaggio è sicuramente in linea con l’enciclica Fratelli tutti, con la dichiarazione di Abu Dahbi e con la sua concezione del dialogo interreligioso.
Ma questo non può eliminare, anzi semmai alimenta, le perplessità e le domande su un investimento di immagine così importante su un consesso fragile come è appunto il Congresso e su un progetto di ONU delle religioni che ricorda più i progetti dell’internazionalismo illuminista che non i propositi dell’universalismo cattolico».




Statua di Kant a Kaliningrad


Kant nel Kazakistan

Stefano Fontana indica colui che, secondo lui, è la garanzia filosofica di questo tipo di riunioni sincretiste:
«Il più illustre pensatore che ha fornito le basi di un progetto come quello che si sta portando avanti nei Congressi in Kazakistan fu certamente Immanuel Kant. A questo scopo egli scrisse i suoi due trattati sulla Pace perpetua (1795) e sulla Religione nei limiti della sola ragione (1793).
Da buon “pietista”, Kant riduce la religione alla ragione e la fede alla morale. L’unica cosa che il credente deve fare è «comportarsi bene», tutto il resto è superstizione. E lo deve fare perché è l’unica cosa che egli possa fare.
La religione kantiana è, quindi, una religione universale, perché la ragione e la morale sono universali. Essa è anche una religione senza dogmi, perché i suoi principi sono i principi della morale che la sola ragione è capace di fissare nella coscienza».

E qui, lo scrittore italiano fa una precisazione:
«La morale naturale che anche il Congresso di cui stiamo parlando ricerca, non è la morale naturale, ma è la morale corrente, il minimo comun denominatore di quanto gli uomini (e le istituzioni internazionali) oggi considerano bene e male. Se fosse la morale naturale, allora pretenderebbe il Dio vero come compimento delle sue esigenze e non il sincretismo dei vari dèi».

E ritiene che:
«Porsi delle serie e radicali domande sulla partecipazione della Chiesa cattolica a questa nuova morale civica sincretista che non può che nascere dalla messa tra parentesi della verità o non verità delle religioni e dalla loro riduzione alla morale convenzionale delle istituzioni internazionali, mi sembra veramente un dovere morale e religioso».

Questo viaggio ha anche suscitato commenti da parte di prelati: Mons. Athanasius Schneider, vescovo ausiliare di Astana, ha commentato il discorso del Papa.



Palazzo dell'indipendenza ad Astana

Il 14 settembre il Papa ha parlato nel Palazzo dell’Indipendenza, dove si è svolto il Congresso per ragioni di spazio.
Il Papa ha pronunciato un discorso dai forti connotati sincretistici:
«le religioni non sono dei problemi, ma una parte della soluzione per una coesistenza più armoniosa.
«La ricerca della trascendenza e il sacro valore della fraternità possono infatti ispirare e illuminare le scelte da prendere nel contesto delle crisi geopolitiche, sociali, economiche, ecologiche ma, alla radice, spirituali che attraversano molte istituzioni odierne, anche le democrazie, mettendo a repentaglio la sicurezza e la concordia tra i popoli.
Abbiamo dunque bisogno di religione per rispondere alla sete di pace del mondo e alla sete di infinito che abita il cuore di ogni uomo».

In questa affermazione, la «religione» è ritenuta atta a placare “la sete di pace del mondo” e la “sete di infinito” di ogni uomo; una «religione» indistinta e non la religione di Cristo di cui il Papa è Vicario.

Insieme a questo discorso, il Papa ha pubblicato un messaggio su Twitter:
«Di fronte al mistero dell’infinito che ci domina e ci attrae, le religioni ci ricordano che siamo creature: non siamo onnipotenti, ma donne e uomini in cammino verso lo stesso scopo celeste».
Tutte le religioni offrirebbero «lo stesso scopo celeste» della religione dell’unico Salvatore, anche se con la reincarnazione, il nirvana o un paradiso popolato da voluttuose uri?

In questo contesto Mons. Athanasius Schneider, vescovo ausiliare di Astana, a reagito dicendo:
«Il Congresso cerca giustamente di promuovere il mutuo rispetto e la comprensione nel mondo odierno.
Ma vi è anche un pericolo, perché questo potrebbe dare l’impressione di un supermercato delle religioni».

Ed ha aggiunto: «In questa riunione, la Chiesa cattolica appare all’esterno una religione tra le altre (…) dal mio punto di vista si tratta di un aspetto negativo e pericoloso», poiché la missione della Chiesa è di annunciare la natura unica ed assoluta di Gesù Cristo a tutte le nazioni.

Interrogato dai giornalisti sul suo disaccordo con Papa Francesco, il vescovo kazako ha risposto: «Come vescovi, noi siamo fratelli; egli è il mio fratello maggiore, il capo della Chiesa, ma in coscienza, quando vedo che qualcosa non è corretta o è ambigua, devo dirglielo, con rispetto, fraternamente».

Manifestare il disaccordo con il Papa è il segno di «un vero amore fraterno», poiché essere vescovo non significa «comportarsi come un impiegato col suo datore di lavoro». Al contrario, «parlare quando si ritiene che vi sia un pericolo per la Chiesa, significa proporre un vero aiuto al Papa».

Si ricorderà che Mons. Schneider aveva vivamente criticato il Documento di Abu Dhabi sulla «fraternità umana per la pace nel mondo e la coesistenza comune», firmato nel 2019 da Papa Francesco e dall’egiziano Ahmed al-Tayeb, grande imam della moschea di Al-Azhar, al Cairo.

E si ricorderà anche la dichiarazione del 24 febbraio 2019 di Don Davide Pagliarani, Superiore Generale della Fraternità San Pio X, in cui denunciava con vigore «una empietà che disprezza il primo Comandamento di Dio, e che fa dire alla Saggezza di Dio, incarnata in Gesù Cristo morto per noi sulla Croce, che “il pluralismo e la diversità delle religioni” sarebbero “una saggia volontà divina”.
«Tali affermazioni si oppongono al dogma che afferma che la religione cattolica è l’unica vera religione (cfr. Syllabus, proposizione 21). Trattandosi di un dogma, ciò che vi oppone porta il nome si chiama di eresia. Dio non può contraddirsi».









novembre  2022
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