La DIVINITÀ della CHIESA di CRISTO


di Don Curzio Nitoglia





 



Introduzione

Nel Vangeli (libri storicamente e filologicamente attendibili) leggiamo che Gesù Cristo (personaggio storico realmente esistito) ha istituito una religione o una Chiesa, affinché tutti gli uomini potessero praticare la vera religione e salvarsi l’anima nell’unica vera Chiesa fondata dall’unico Redentore del genere umano. 

Perciò, la vera religione non esiste solo in astratto, in teoria o nei libri dei preti, ma essa è qualcosa di reale, che deve poter essere praticata in concreto da ogni uomo che lo voglia.

Tuttavia dal XVI secolo ci vengono presentate varie “chiese” o “società religiose”, ognuna delle quali pretende di essere quella vera, ossia quella fondata da Gesù Cristo.

Tuttavia, costatiamo facilmente che queste diverse “forme di religiosità” hanno tra di loro delle grandi differenze o addirittura contraddittorietà tra la dottrina (morale e sacramenti) dell’una e quella delle altre. Perciò, è impossibile che tutte siano la vera religione; così che la vera religione è una sola, a esclusione di tutte le altre, poiché la verità è una sola e due proposizioni contraddittorie non possono essere entrambe vere.  

Allora bisogna ricercare (scrutando i quattro Vangeli alla luce della Tradizione) quale sia la vera società spirituale fondata da Gesù Cristo, in cui si possa praticare la vera religione. Insomma, qual è la vera Chiesa di Cristo?


L’istituzione della Chiesa da parte di Gesù Cristo

L’uomo è per natura un animale sociale o socievole e non solivago e silvestre, cioè ha bisogno di vivere in una società (famiglia, Stato e Chiesa) per provvedere alle sue necessità fisiche, materiali, temporali e pure spirituali.

Gesù ha agito rispettando la natura umana conformemente alla sua essenza. Infatti, siccome, l’uomo per sua natura è un animale socievole, Egli ha fondato una società spirituale in cui praticare la vera religione. Essa si chiama Chiesa cattolico/romana.

Maggiore – Gesù 1°) ha convocato Apostoli e discepoli «Vedendo due fratelli, Simone - detto Pietro - e Andrea e disse loro: “Venite dietro me, vi renderò pescatori di uomini”» (Mt., IV, 19); ossia ha posto la «causa materiale» di una società. 2°) Li ha organizzati o unificati, ponendo la «causa formale» di essa, mediante il triplice legame: a) di fede «chi crederà sarà salvato, chi non crederà sarà condannato» (Mc., XVI, 15); b) di culto «andate e battezzate nel nome del Padre…» (Mt., XVIII, 19); c) di autorità o di giurisdizione «tutto ciò che legherete sulla terra sarà legato anche in cielo…» (Mt., XVIII, 19). 3°) Gesù ha dato loro una «causa finale», la gloria di Dio e la salvezza delle anime «chi crederà sarà salvo» (Mc., XVI, 16); infine 4°) lui stesso li ha posti gerarchicamente sotto una guida o un’autorità suprema, dicendo: «Tu sei Pietro e su questa pietra fonderò la mia Chiesa» (Mt., XVI, 18) e inoltre: «Pasci i miei agnelli e le mie pecorelle» (Gv., XXI, 15-17) (1).

Minore – Insomma, Gesù ha posto le quattro cause (materiale, formale, efficiente e finale) che fondano una società, unendo in un sol corpo i suoi discepoli, organizzandoli in vista di un fine e ponendoli sotto un’autorità, fornendoli di mezzi di sopravvivenza soprannaturale: i sacramenti, il credo e i 10 Comandamenti. 
Ora, chi pone le quattro cause di una società, fonda la suddetta società.

Conclusione - Quindi, Gesù ha fondato una società, perché chi pone le quattro cause di essa la fonda ipso facto


L’istituzione divina della Chiesa di romana

Gesù chiede ai suoi Apostoli (Mt., XVI, 17): «Chi dicono gli uomini che sia il Figlio dell’uomo? […] Voi cosa dite che io sia? Rispose Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. Allora, Gesù gli disse: “Beato sei tu, Simone figlio di Giovanni”. […]. Io ti dico che “tu sei Pietro, e, su questa pietra io fonderò la mia Chiesa”».

Poi Gesù ha dato agli altri Apostoli la missione di predicare la sua dottrina: “Andate e predicate il Vangelo” (Mc., XVI, 15), di amministrare i sacramenti: “Battezzando nel Nome del Padre…” (Mc., XVI, 16) e di governare i fedeli dirigendoli sino al Paradiso: “Chi disprezza voi disprezza me” (Lc., X, 16). Infine ha dato a Pietro il Primato di giurisdizione su tutti gli altri Apostoli: “Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle” (Gv. XXI, 15 ss.), Primato che gli aveva promesso a Cesarea di Filippo (Mt, XVI, 18).

Perciò è chiaro che secondo i Vangeli Gesù ha fondato una società, in cui praticare la vera religione di modo che chi disprezza tale Chiesa, disprezza pure il suo Fondatore.


Come riconoscere la vera Chiesa di Cristo?

Gesù ha fornito la sua Chiesa di quattro “Note” (dal verbo latino “noscere / riconoscere”) permanenti. Perciò, partendo da esse tutti gli uomini possono facilmente riconoscere la Chiesa fondata da Cristo e discernerla dalle sue contraffazioni, facilmente e in maniera certa.

Queste “Note”, sono “caratteristiche visibili” e non sono dei “codici” esoterici o criptici riconoscibili solo da un “piccolo resto” di eletti; neppure delle “tesi metafisiche” alle quali arriverebbero soltanto i filosofi e i teologi di professione o da coloro che fanno finta di esserlo e di averle capite.

Il credo niceno/costantinopolitano (anno 381) professa che la Chiesa è “una, santa, cattolica e apostolica”. Perciò, solo la Chiesa che possiede queste quattro note è quella fondata da Gesù Cristo, le altre sono una sua contraffazione, ossia sono sette ereticali o scismatiche. 

Cerchiamo di studiare - una per una - queste quattro note e vedere quale Chiesa le possegga.


L’unità

La Chiesa serve a farci praticare la vera religione per riunire (religione viene dal verbo latino “religare / riunire”) l’uomo a Dio. Siccome l’uomo è un animale socievole, anche la religione deve essere praticata in una società o Chiesa.

Nella Santa Scrittura si legge che la Chiesa di Cristo è “un edificio” (Mt., XVI, 18); “un regno” (Mt., XVI, 19); “un ovile” (Gv., X, 6); “un corpo” (Rom., XII, 4-6).
Insomma l’unità e l’unicità della Chiesa sono divinamente rivelate.

Ora tale unità riguarda: 1°) la dottrina: infatti, san Paolo insegna: “Un solo Signore, una sola dottrina, un solo battesimo” (Efes., IV, 5); 2°) il governo: Gesù ha paragonato la sua Chiesa a un regno (Mt., XVI, 19) in cui tutti gli individui dipendono da un capo. Infatti, senza unità di governo nessuna società può sussistere, ma si cade immancabilmente nell’anarchia; 3°) i sacramenti: istituiti da Gesù per santificare le anime nel numero di sette che nessuno può cambiare: il Battesimo (Gv., III, 5); la Cresima (Atti, VIII, 14); l’Eucarestia (Gv., VI, 1-72); la Confessione (Gv., XX, 21-23); l’Estrema Unzione (Giac., V, 13-15); l’Ordine Sacro (Lc., XXII, 19); il Matrimonio (Mt., XIX, 4-9).

Ora l’unità di questi tre elementi si trova solo nella Chiesa romana. Infatti, la Chiesa romana ha sempre avuto lo stesso credo apostolico/niceno/costantinopolitano, ha sempre avuto i medesimi sette sacramenti istituiti da Gesù ed ha avuto sempre il medesimo capo visibile supremo, il Papa.

Invece, le altre “chiese” dette cristiane non hanno 1°) l’unità di fede, poiché ammettono il “libero esame”, secondo cui ogni fedele può interpretare la S. Scrittura come crede lui; 2°) l’unità sacramentale: infatti, chi ammette solo due sacramenti, chi invece cinque; 3°) l’unità di governo, avendo abrogato la gerarchia, chi solo il Papato e chi il sacerdozio e l’episcopato.


La santità

Siccome la Chiesa è “l’unione di Cristo con l’uomo, in forma sociale” deve essere “santa” poiché riunisce l’uomo a Dio. Ora, tutto ciò che sta in contatto con Dio è santo, così la Chiesa deve essere santa, essendo santificata dal contatto con Dio.

San Paolo insegna che “Cristo ha amato la Chiesa e ha dato Se stesso per Lei, al fine di santificarladi prepararsela come sposa immacolata” (Efes. I, 4).

In senso specifico, la Chiesa è santa perché sono santi 1°) la sua causa efficiente, ossia il suo Capo invisibile: Gesù Cristo; la sua anima che la vivifica: lo Spirito Santo; il suo collo, che unisce il Capo (Cristo) alle membra (i fedeli), ossia: la Madonna.

Inoltre, è santa 2°) la sua dottrina (che è divinamente rivelata), i suoi Comandamenti per condurci in Paradiso (datici da Dio come Legge naturale, poi rivelati a Mosè che, infine, fu perfezionato da Gesù Cristo) e i suoi sacramenti (che producono la grazia santificante, essendo canale di santità).

Infine, sono santi 3°) alcuni dei suoi membri, anche se fanno parte di essa pure molti peccatori.

Insomma, la Chiesa è santa quanto alle cause estrinseche: efficiente e finale; mentre è umana quanto alla sua causa intrinseca: materiale, Pastori e fedeli. Ora, anche quanto alla causa materiale, la Chiesa conta numerosi santi tra le sue membra.

Invece, il principio e fondamento della religiosità delle “chiese” luterane separate da Roma è il “pecca fortiter sed fortius crede”, principio che, invece, rappresenta la negazione della santità e della vita virtuosa.


La cattolicità

La cattolicità o universalità, dal punto di vista apologetico, vale in senso negativo; ossia, restano escluse tutte le “chiese” che non sono universali ma nazionali (Anglicani, Gallicani, Vecchi cattolici…).


L’apostolicità

La Chiesa è detta apostolica perché è fondata sugli Apostoli scelti da Gesù e governata dai loro successori (Papa e vescovi).

Tuttavia, occorre distinguere una duplice apostolicità: 1°) di dottrina, trasmettere la stessa dottrina insegnata dagli Apostoli, senza mutazioni sostanziali. 2°) Di successione o cronologica, i Pastori (Papa e vescovi) di oggi debbono essere i successori degli Apostoli in una catena, mai interrotta, che va da Pietro e dagli altri undici Apostoli sino alla fine del mondo.

Per quanto riguarda le “chiese” protestanti esse non hanno l’Apostolicità; mentre, le “Chiese” dette ortodosse (slave e greche) hanno una successione materiale, quanto al potere d’Ordine; ma non formale, quanto alla giurisdizione, rifiutando il Primato di Pietro da cui viene ogni giurisdizione ai vescovi.

Inoltre, se le “chiese” ortodosse vantano la successione cronologica dagli Apostoli, solo la Chiesa di Roma può vantare la discendenza ininterrotta del suo vescovo da Pietro. Perciò, solo la Chiesa cattolico/romana è, non soltanto materialmente (quanto all’Ordine), ma anche formalmente (quanto alla giurisdizione) apostolica.


Conclusione

Nessuna “chiesa”, al di fuori di quella romana, può essere la Chiesa fondata da Cristo, perché non ha le quattro “note” che distinguono la vera Chiesa. Perciò, tutte le “chiese” separate da Roma sono false e non sono la vera Chiesa fondata da Gesù Cristo.

La Chiesa di Cristo non è soltanto puramente spirituale, invisibile, interiore o pneumatica. Questa è la dottrina ereticale dei protestanti, che presentano la Chiesa come “Società dei soli Santi”, in cui s’incontrano le anime che professano la stessa fede in Cristo al di sopra di ogni struttura visibile.

Certamente la Chiesa di Cristo è un mistero soprannaturale o “mistico” che viene da Dio e porta in Cielo (Ef., V, 32), ma non esclude che sia anche visibile; ossia, essa è anche un “corpo” (Ef., V, 32), cioè ha i suoi componenti umani (capi e sudditi), i suoi mezzi (magistero, impero e santificazione); infatti gli uomini non sono angeli. Quindi la Chiesa di Cristo dev’essere visibile e non puramente spirituale. Il Verbo s’è incarnato, la Chiesa è incarnata.

Secondo la definizione di S. Roberto Bellarmino e ripresa dal magistero ecclesiastico della Chiesa come «Società dei fedeli battezzati, che hanno la stessa fede, partecipano agli stessi sacramenti e sono sottomessi ai legittimi pastori e specialmente al Pontefice romano», si deve concludere che la Chiesa è visibile; altrimenti, bisogna rinunciare al concetto di Chiesa come società di uomini militanti e credenti in Cristo.

Ora, ogni società composta di uomini mancherebbe della sua causa formale se non avesse un’autorità (2) , che mette in ordine la causa materiale (i fedeli) e la dà l’unità. Infatti 1°) gli uomini si sbandano senza un’autorità e 2°) la società è costituita da più uomini, che scelgono di unirsi sotto un’autorità per conseguire il loro fine comune. Quindi senza l’autorità non v’è società.

Quando Gesù sceglie i Dodici Apostoli e li mette a capo della sua Chiesa, stabilisce che uno solo tra di essi avrà il primato di giurisdizione o di governo su tutti (episcopato monarchico) e promette che tale potere si trasmetterà d’epoca in epoca sino alla fine del mondo: “Io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo” (Mt., XXVIII, 18).

Il capo della Chiesa militante è un uomo esistente in atto, in carne e ossa e non soltanto virtualmente, egli è visibile a tutti (perciò non può essere solo in potenza o materialiter; in questo caso non sarebbe visibile, ma deve essere Papa formaliter), è Pietro e nel corso dei secoli i suoi successori, ossia i Pontefici romani.

La Chiesa è un gregge, una società che non solo dev’essere governata o diretta, ma è anche una scuola che dev’essere istruita sulla verità che Gesù ha rivelato. Ora una scuola è inconcepibile senza un maestro che insegna e degli allievi che imparino. Il maestro non è un libro, ma un uomo esistente in atto, in carne e ossa, che spiega il libro e risponde alle domande degli allievi. Quindi, oltre la Rivelazione divina (S. Scrittura e Tradizione divino/apostolica) vi deve essere un magistero che interpreti e spieghi la Rivelazione. Questo magistero non dovrà aggiungere nulla di proprio, ma trasmettere, approfondire e difendere il Deposito rivelato sino alla fine del mondo. Solo tramite la catena ininterrotta dei vescovi (episcopato subordinato) e dei Papi (episcopato monarchico) successori degli Apostoli e di Pietro noi possiamo ricongiungerci a Cristo e alla sua Chiesa.

Inoltre, la Chiesa dispensa la vita spirituale e soprannaturale, meritataci e ottenutaci dal Sacrificio di Cristo, tramite il potere di santificare o sacerdozio, che Gesù ha consegnato (assieme al governo e al magistero) agli Apostoli sotto la guida di Pietro.

Senza vita soprannaturale il magistero e il governo non avrebbero ragion d’essere poiché il fine della Chiesa è la salvezza delle anime: “Salus animarum, suprema lex Ecclesiae”. Quindi, se la Chiesa insegna una verità e governa le anime, è per condurle in Paradiso mediante la grazia o vita soprannaturale, che è inizio della gloria del Cielo.

Dunque, nonostante la debolezza dell’elemento umano a cui Gesù ha affidato il potere d’insegnare, governare e santificare, esso - quanto alla sostanza - perdurerà sempre nella Chiesa universale (cattolica quanto al tempo e allo spazio).

Sempre e in tutto il mondo (non solo dove si trovano i club e i centri di un movimento cultural/religioso) dovrà sussistere un potere di santificare tutte le anime mediante i sacramenti. Se, per assurdo, la maggior parte delle anime di quasi tutto il mondo, per lungo tempo, senza loro colpa non potesse essere santificata dai sacramenti “le porte degli inferi” avrebbero prevalso sulla Chiesa visibile e gerarchica come Gesù l’ha fondata, essendo i sacramenti uno dei tre elementi (assieme al credo e ai comandamenti) che assicurano la divinità e santità della Chiesa. Dunque i frutti del Sacrificio della Croce dovranno essere applicati da vescovi e da sacerdoti in carne ed ossa sino alla fine del mondo, nel mondo intero, a tutte le anime battezzate che li desiderano e che non vi pongono impedimenti.

Infatti, è specialmente nei sacramenti che si costata e si tocca quasi con mano l’aspetto esteriore e visibile della Chiesa. Materia e forma, grazia e natura, visibile e invisibile, nei sacramenti sono essenzialmente uniti. La stessa composizione la si ritrova nella persona del Verbo incarnato (vero Dio e vero uomo) e nella Chiesa (Corpo mistico) ed è stata negata 1°) dai docetisti secondo i quali Gesù è solo Dio e sembra essere uomo ma non lo è; 2°)  dai protestanti, secondo cui la Chiesa è puramente spirituale.

«Il sacramento dell’Ordine consacra con un rito esterno i capi e i dirigenti della Chiesa presso i quali risiede ogni potere di santificazione e di governo. Senza di essi non avremmo la Presenza reale di Cristo, cioè la fonte della santificazione delle anime: Dio non abiterebbe più sulla terra. Senza il sacerdozio non è concepibile la Chiesa sia come società mistica di redenti (tramite il potere di santificare), sia come società giuridico/religiosa e umana (tramite il magistero e il governo). Infatti, sia il sacerdozio che il magistero e che il governo della Chiesa sono nelle mani dei successori di Pietro (i Papi) e degli Apostoli (i vescovi). La Chiesa comincia e culmina “dal” e “nel” sacerdozio. Senza il sacerdozio, non esiste la Chiesa» (3).

La Chiesa è gerarchica; tuttavia, non è solo docente, santificante e governante (Papa e vescovi); ma anche discente, santificata e governata (sacerdoti e fedeli). Infatti, una sacra gerarchia senza fedeli sarebbe come un re senza sudditi, come un capo senza corpo. Inoltre, i fedeli senza gerarchia sarebbero come un corpo senza il cervello o un gregge sbandato e senza il pastore.

San Paolo insegna: «Molte sono le membra, ma uno solo è il corpo. Né l’occhio può dire alla mano: “Non ho bisogno di te”; né la testa ai piedi […]. Anzi quelle membra che sembrano più umili sono le più necessarie. […]. Dio ha composto il corpo affinché non vi fosse disunione in esso, ma anzi le varie membra avessero cura le une delle altre. Quindi, se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro sta bene, tutte le altre gioiscono con lui» (1 Cor., XII, 4-20). 

Il Papa è il capo, ma non è tutto il corpo; i vescovi sono il cuore ma non sono tutto il corpo e nemmeno il capo che governa anche il cuore. Il sommo Pontificato monarchico (Pietro capo della Chiesa) e l’episcopato subordinato (i vescovi sub Petro) sono essenziali alla Chiesa come Gesù l’ha voluta, ma anche i fedeli lo sono, pur se in maniera meno nobile dei Pastori.

Se la Chiesa è stata istituita per portare la Redenzione a tutti gli uomini di tutti i tempi sino alla fine del mondo non può che essere visibile in atto, con una gerarchia visibile formalmente, con un popolo di fedeli, visibile a tutti, con dei sacramenti visibili, con una fede e una morale che siano visibili e conoscibili a tutti e non ai soli “metafisici” o “eletti”.

Ora, è proprio l’aspetto visibile e umano della Chiesa che può essere offuscato accidentalmente e pro tempore, ma non può essere distrutto completamente dal male e dall’errore.

Invece, non può essere compromessa - neppure accidentalmente - la sua origine, Gesù Cristo; il suo fine, il Cielo e i suoi divini elementi, il credo, i comandamenti e i sacramenti.

Si può fare un paragone con il peccato originale, esso non ha distrutto la natura umana, ma l’ha ferita. Invece secondo Lutero l’avrebbe distrutta. Così la Chiesa, nel suo elemento umano, non può essere distrutta secondo la dottrina cattolica, ma può essere ferita. Occorre evitare i due estremi: 1°) la Chiesa solamente spirituale (a capo di una Chiesa virtuale) perché ogni gerarchia sarebbe essenzialmente perversa (luteranesimo); 2°) la Chiesa totalmente immacolata anche nella sua componente umana, poiché la gerarchia è quasi divina e sarebbe infallibile anche quando il Pastore supremo parla come dottore privato oppure senza definire e obbligare a credere.

Purtroppo, talvolta la mondanità, il vizio e anche la mancanza di chiarezza dottrinale nel non reprimere fermamente un errore, nel tollerarne qualcun altro o anche l’eccezionale possibilità di errori positivi nel magistero non infallibile (4) possono attaccare i membri della Chiesa discente e docente.

Tuttavia, la sostanza della Chiesa e il suo elemento divino (5) , non potranno mai essere corrotti totalmente dall’errore e dal male. L’essenza divina della Chiesa resta intatta, essa non può fallire nella sua missione di salvare le anime che credono, sperano e amano.

Il Papa ha il primato di giurisdizione (nel governo e nel magistero) sulla Chiesa universale perché è il legittimo successore di Pietro su cui Gesù ha fondato la sua Chiesa (CIC, 1917, can. 218, § 1).

Ora, siccome san Pietro è morto a Roma e ne era il vescovo, il Papa, in quanto successore di Pietro, è vescovo di Roma e di tutti i vescovi del mondo intero. Il primato di Pietro, la sua venuta e morte a Roma, la successione petrina sulla cattedra di Roma sono tre elementi della medesima dottrina (6).

Il magistero si è pronunciato più volte su questo tema (Concilio di Costantinopoli IV dell’869-870; Conc. di Lione II del 1274; Conc. di Firenze del 1438-1445; Conc. di Trento del 1545-1563), il Concilio Vaticano I (1869-1870) nella Costituzione Pastor Aeternus ha definito che il Pastore Eterno, per rendere perenne l’opera della Redenzione, fondò la Chiesa; e, per assicurarle l’unità, la stabilità e a durata, le mise a capo l’Apostolo Pietro, istituendo in lui il principio perenne e il fondamento visibile della detta unità (7). Quindi, si deve credere, come verità di fede, che 1°) san Pietro fu costituito immediatamente da Gesù Cristo Principe degli Apostoli e capo visibile di tutta la Chiesa militante, con un primato non solo di onore, ma di vera e propria giurisdizione; 2°) dovendo perpetuarsi nei secoli l’opera della Redenzione, per volontà divina, san Pietro ebbe e avrà nei secoli dei successori per esercitare la potestà di giurisdizione su tutta la Chiesa, nella persona del romano Pontefice (8)  (DB 1821 ss.).


NOTE

1 - Vedi nota numero 2

2 -  Secondo alcuni filosofi e teologi scolastici, la «causa formale» della società civile è l’autorità; invece, secondo altri (e forse più esattamente) essa sarebbe l’unione dei suoi membri («causa materiale»), che assumendo diritti e doveri reciproci («causa formale»), sotto un’autorità («proprietà» o «accidente necessario», che deriva immediatamente e immancabilmente dalla natura della società) si dispongono socialmente a cogliere il loro fine; ossia, il benessere comune temporale subordinato a quello spirituale.

3 -  R. SPIAZZI (a cura di), Enciclopedia del Cristianesimo, Roma, Paoline, 1958, vol. III, La Chiesa, p. 48.

4 -  Cfr. ARNALDO XAVIER VIDIGAL DA SILVEIRA, Qual è l’autorità dottrinale dei documenti pontifici e conciliari?, in “Cristianità”, n. 9, 1975; ID., È lecita la resistenza a decisioni dell’Autorità ecclesiastica?, in “Cristianità”, n. 10, 1975; ID., Può esservi l’errore nei documenti del magistero ecclesiastico?, in “Cristianità”, n. 13, 1975.

5 -    Il principio è Gesù Cristo; il fine è il Cielo e i mezzi sono i sacramenti, il credo e i comandamenti.

6 -    Cfr. A. PIOLANTI, Dizionario di teologia dommatica, Roma, Studium, IV ed., 1957, p. 318, voce “Pontefice Romano”.

7 -  Quindi, senza il Papa la Chiesa non sarebbe perenne, poiché le mancherebbe il principio di detta perennità e neppure visibile, perché non avrebbe il fondamento della visibilità. Infatti, senza principio non c’è séguito e senza fondamento non v’è costruzione. Dunque, si vede la Chiesa la ove si vede il successore di Pietro in carne ed ossa e non virtualmente: “Ubi Petrus, ibi Ecclesia” (S. Agostino).
8 Sino alla fine del mondo vi saranno in atto dei Papi per governare la Chiesa universale, cioè per esercitare la potestà di giurisdizione. Ora, per esercitare la potestà di giurisdizione bisogna avercela in atto (“agere sequitur esse / l’azione presuppone l’esistenza”, non il divenire o la potenza), poiché solo il Papa in atto ha la potestà di giurisdizione in atto. Quindi, il Papato deve essere in atto e non in potenza. Il Papa - per divina istituzione - ottiene la pienezza del suo potere supremo di giurisdizione sùbito dopo aver accettato l’elezione canonica, direttamente da Dio; ossia, quando da Papa in potenza o materialiter (l’eletto che non ha ancora accettato) diventa Papa in atto o formaliter con l’accettazione dell’elezione canonica. Il Papato materiale o virtuale non esistendo in atto e non potendo agire (insegnare, governare e santificare) non può essere fondamento della visibilità, dell’unità, della stabilità e della perpetuità della Chiesa. Non si può costruire qualcosa sulla potenzialità e il divenire, ma sull’essere in atto. Per esempio, un seme di rosa piantato in terra è una rosa in potenza, ma non profuma in atto; il cardinale Giuseppe Sarto, che fu eletto Papa ma, non avendo accettato l’elezione per due volte, era solo Papa materiale, non poteva ancora governare la Chiesa e reprimere il modernismo, non essendo Papa in atto o formalmente. «La supremazia conferita a Pietro non era un privilegio personale, perché essendo la Chiesa “un edificio, un regno, un ovile duraturo fino alla fine del mondo”; sempre aveva bisogno del suo fondamento, del suo clavigero, del suo pastore; quindi, il primato doveva perpetuarsi nei secoli e S. Pietro vivere nel suo successore» (A. PIOLANTI, Dizionario di teologia dommatica, Roma, Studium, IV ed., 1957, p. 317, voce “Pontefice Romano”).









novembre 2022
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