CI RISIAMO!

Cena in chiesa

di Luciano Pranzetti




Basilica di Santa Maria in Trastevere - Roma


Ci risiamo! E, così, come da nefanda tradizione, il giorno di Natale, la veneranda basilica di Santa Maria in Trastevere si trasformerà in un ristorante affollato e chiassoso. La cosa è nota: la Comunità di Sant’Egidio ha, da alcuni anni, preso l’iniziativa di organizzare, all’interno del sacro recinto, un pranzo natalizio a pro’ dei poveri, occupando la navata per allestirvi una tavolata all’insegna della solidarietà.
E siccome siffatta “pensata” è stata pubblicizzata e descritta dai massmedia quale gesto di somma carità cristiana – diretta eco alla condizione di estrema povertà in cui nasce Gesù – alcuna voce contraria della Gerarchia non essendosi levata, molte altre chiese si sono, negli scorsi anni, accodate, e puntualmente, questo prossimo Natale, replicheranno l’impresa trasformando le chiese, a seconda dello spazio e di una particolare disponibilità – quella della pecunia che, secondo l’imperatore Vespasiano “non olet” - chi in ristorante, chi in trattoria, chi in locanda, chi in osteria e chi in bettola.




Chiesa di San Nicola l'Arena - Catania


Domenica, 25 dicembre, Dies Natalis di N. S. Gesù, le tv faranno a gara per trasmettere, in diretta da Santa Maria in Trastevere, le fasi della sacrilega messinscena, con sontuoso apparato di interviste ai vip della situazione – cardinali, vescovi, notabili laici, rappresentanti della Comunità Egidiana – e con ampie carrellate su distinte signore, ingioiellate allo spasimo e fattesi “umili inservienti” dei poveri, seduti a desco. Non mancherà – ne siamo più che sicuri – il sorriso di mons. Paglia che illustrerà l’alta finalità di tale rappresentazione intesa quale “agape fraterna”.




Il cardinale Sepe serve a tavola in una chiesa di Napoli


Inframmezzate a questi squarci di “gran gala” non mancheranno – oh la miseria umana! – debolezze corporali di quanti anziani, afflitti da incontinenza aerofagica, sgraveranno l’intestino tentando, poverini, di dominare lo strepito o si produrranno in soffocate eruttazioni o in gorgoglianti borborigmi. Senza contare l’odor di cucina che si appasta con l’afrore che esala da corpi sudaticci. E tutto questo bel contorno che esala e vagola quale sostituto dell’incenso.
Sono questi, i tratti veristi di una “oscenografia” spacciata per operazione di carità, che dànno la dimensione del sacrilegio.




La porchetta è cotta sul posto … in chiesa


Di questo vogliamo parlare, citando due notissimi passi della Scrittura, argomenti che dicono della intangibile sacralità della chiesa quale luogo destinato al solo ed esclusivo culto e alla preghiera.




Sogno di Giacobbe


1)  In Genesi, XXVIII,10/17 – si legge di Giacobbe, in viaggio verso la Mesopotamia, il quale, durante una delle tante soste, dormiente sognò una scala, piantata in terra e con la sommità nel cielo, su cui scendevano e salivano gli angeli di Dio. Svegliatosi, realizzò essere il luogo, dove aveva dormito, dominio del Signore tanto da esclamare “Quam terribilis locus iste! Non est hic aliud nisi domus Dei” - Quanto terribile è questo luogo. Altro non è se non la casa di Dio – traduzione corrispondente al testo greco dei LXX che così recita: “òs phoberòs ò tòpos oùk éstin toùto all’hè òikos theoù” dove l’aggettivo phoberòs vuol dire: spaventoso, temibile, terribile – termini che connotano il concetto di sacralità per cui Giacobbe chiamò quel luogo ‘Bethel’ che, in voce ebraica, significa ‘Casa di Dio’.        




Gesù ribalta i tavoli dei mercanti nel Tempio




Gesù scaccia i mercanti dal Tempio

2) Mt. 21, 12/13 – “Gesù entrò poi nel tempio e scacciò tutti quelli che vi trovò a comprare e a vendere; rovesciò i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe e disse loro “La scrittura dice: la mia casa sarà chiamata casa di preghiera, ma voi ne fate una spelonca di ladri”.

I due passi dicono chiaramente, e in maniera perentoria, in che deve consistere l’essenza e la funzione di un luogo di culto quale si considera una “chiesa”, luogo dove, nel Tabernacolo, dimora, nella sua reale natura, – Corpo, Sangue, Anima, Divinità - N. S. G. C. Eucaristia.

Giacobbe sognò gli angeli che salivano e scendevano su una scala comunicante con la terra e il cielo. Non scendono, né salgono gli angeli che, a detta di san Giovanni Crisostomo, stanno in adorazione, intorno all’altare al momento della consacrazione e, in continua veglia davanti al Tabernacolo.

Ma non sarà Giacobbe e il suo luogo terribile, così come non saranno le scudisciate di Gesù a tener fuori dal Tempio i partigiani della carità “a tutti i costi” i quali, impavidi e fermi nel proposito, scodelleranno minestre, pietanze, bevande, dolciumi all’insegna di una solidarietà fatta spettacolo.

Vi pare degno e giusto, reverendi cardinali, rev. CEI, miei signori filantropi e buoni samaritani, che la chiesa, dalla più umile, quale una sconosciuta pieve, alla maggiore basilica, debba essere ab-usata come luogo di ristorazione e come spazio ricreativo?
Certamente”, risponderete, perché dopo che la chiesa – Casa di Dio – viene, per vostra insensata smania di compiacere il mondo, ridotta a teatro, a sala cinematografica, a tribuna per dibattiti, a piazza per concerti bandistici, a luogo dove svolgere gara di barzellette o di giochi tv, financo a dormitorio con le acquasantiere quale annessa lavanderia e stenditoio; dopo cioè, questa serqua di attività non di certo spirituali, che volete che sia un pranzo natalizio imbandito in una basilica, durante il quale N. S. G. C. viene sfrattato e riposto in sacrestia? E, allora, perché non utilizzare – che so - la Basilica di San Pietro? Che volete che sia?

Che vogliamo che sia?! Vogliamo che la chiesa sia sempre casa di Dio, casa d’orazione. Vogliamo che sceneggiate, come il vostro pranzo pro’ poveri, che niente hanno da spartire con la vera carità, le allestiate in altri spazi, ampi e disponibili come sono i saloni del Vicariato, a pochi passi da Santa Maria in Trastevere dove, negli anni ’60, frequentammo i corsi quadriennali di teologia gestiti dalla Pontificia Università Angelicum.
Vogliamo che la finiate con simili passerelle ollivudiane perché, stando a quanto afferma N. S. G C., l’opera di carità sia fatta nella discrezione e nella riservatezza per ricevere la ricompensa Dio, quella ricompensa che vi verrà negata poiché avrete lucrato, fra gli applausi, le riprese tv e i resoconti giornalistici, quella del mondo.
Contenti voi.







dicembre 2022

AL SOMMARIO ARTICOLI DIVERSI