FIOR DA FIORE

(un po' qui un po' là)

di Luciano Pranzetti


Papa Bergoglio e il perdono

In questi giorni natalizi, tristi per una situazione sociale fortemente critica a causa dell’aggressione russa alla pacifica Ucraina e per altre, non meno dolorose manifestazioni – le proteste in Iran e la repressione poliziesca, lo scandalo europarlamentare riferito ad episodi di corruzione – più volte si è levata la voce del Pontefice Francesco il quale, tra le molte sollecitazioni, rivolte ai responsabili di questo Stato, perché trovino l’accordo per una pace, ha chiesto che ciascuno sappia dare il perdono. Cosa non facile per chi, perduti i propri cari, distrutta la casa, stravolta l’esistenza da un momento all’altro, si trova a fare i conti con un futuro buio.

La stampa e i massmedia hanno dato ampio risalto al messaggio papale con ripetuti servizi, editoriali, interviste e noi ne abbiamo raccolto l’intrinseca valenza non senza una riflessione che – ci duole confessarlo – pone Papa Francesco nella parte di chi predica bene ma agisce diversamente.

Ci riferiamo a tre esempi – i più vistosi e maggiormente rappresentativi – che, specialmente nell’attuale contingenza di disordine materiale, culturale e morale, evidenziano una sua duplice personalità, cosa che non si addice a chi, Vicario di Cristo, dovrebbe vivere la sola dimensione cristiana.




Frati Francescani dell'Immacolata



Primo esempio: la persecuzione condotta contro l’Ordine dei Frati Francescani dell’Immacolata, fondato nel 1970 da Padre Stefano Mannelli ed eretto nel 1998, da Papa Giovanni Paolo II, a “Istituto di vita religiosa di diritto pontificio” unitamente al ramo femminile, fondato nel 1993. La caratteristica di questa Comunità consisteva nel vivere la povertà evangelica e nel seguire, nei vari rituali liturgici, il Vetus Ordo, specialmente nella santa Messa in ossequio al motu proprio Summorum Pontificum con il quale Benedetto XVI ne autorizzava la celebrazione senza vincoli. Per la verità, BXVI autorizzava una cosa che non era ufficialmente vietata ma solo ostacolata da una generica avversione neomodernista.
Fatto si è che Papa Bergoglio, con un’azione di violenza inaudita, ha commissariato l’Ordine riducendolo a una semplice presenza e, con ciò, interrompendo quel flusso ininterrotto di vocazioni che lo poneva – in un periodo di forte crisi vocazionale – quale esempio di attrazione a una vita di attiva contemplazione.
L’11 luglio del 2013, con un decreto in pretto stile staliniano, Papa Bergoglio nominava il cappuccino Fidenzio Volpi commissario con competenza ad indagare (?) sulle deviazioni della Congregazione. Il risultato? La morte di un organismo che, nella sequela della visione francescana, dava al mondo moderno il significato di una vita Il depotenziamento della Chiesa Cattolica in termini di spiritualità, di evangelizzazione e di comunione.




I Cavalieri dell'Ordine di Malta


Secondo esempio: la distruzione del Sovrano Militare Ordine di Malta. L’Ordine, la cui finalità è l’assistenza ospedaliera, vien costituito nel 1113 da Papa Pasquale che, posto sotto tutela pontificia, lo dichiara “Sovrano”, di diritto ecclesiale e con facoltà di eleggere le cariche interne senza interferenze altre.
Papa Bergoglio, con un atto dispotico, sullo stile di quello adottato contro i Frati dell’Immacolata, ha decapitato la Reggenza revocandone la funzione con la nomina di un consiglio provvisorio che, al gennaio 2023, dovrà cessare per dare forma a una nuova realtà.
Lo scopo di tale operazione? Ufficialmente è la modernizzazione di un apparato millenario di per sé sorpassato. Ufficiosamente – cioè, stando alle voci che circolano per l’aere - è la ghiotta disponibilità finanziaria di cui l’Ordine detiene il possesso. Roba che, con questi chiari di luna, per le casse esangui della Santa Sede sarebbe un bel ristoro.





I cardinali Walter Brandmüller, Raymond Burke, Carlo Caffarra e Joachim Meisner


Terzo esempio: il più grave sotto l’aspetto della carità e della dignità.
Parliamo del trattamento riservato ai quattro cardinali, autori di una nota con cui esprimevano dei dubbi sulla esortazione apostolica ‘Amoris laetitia’. Il 19 settembre del 2016, i cardinali Walter Brandmüller, Raymond Burke, Carlo Caffarra e Joachim Meisner inviarono al Papa una rispettosa lettera con la quale chiedevano udienza per diradare perplessità su alcuni punti della citata esortazione.
Con un atteggiamento di vistoso disprezzo, Papa Bergoglio – che ama pavoneggiarsi con i vari Evo Morales, Putin, l’abortista italiana Emma Bonino e tanti altri di simil greggia   - ha respinto la deferente richiesta dei quattro principi della Chiesa negando loro anche la pur disdicevole anticamera, così dimostrando un astio glaciale nei confronti di chi si ‘permette’ di dissentire dalla sua pastorale. Nel frattempo i cardinali Caffarra (2016) e Meisner (2017) hanno lasciato questo mondo, in attesa di sciogliere i Dubia quando che sarà . . .  

Da siffatti esempi – non smentiti né smentibili – si può attribuire a Papa Bergoglio una tensione di carità tale che lo autorizzi a parlare di perdono, quello richiesto dagli altri, quando non si possiede, per primo, la disposizione cristiana a concederlo?



Insipienze da Lourdes




Lourdes, ore 18,00. L’emittente tv2000 (CEI) trasmette, in diretta, dalla grotta delle apparizioni mariane, il santo Rosario. Noi – mia sorella, la badante e io – siamo, da molto tempo, assidui nella quotidiana partecipazione alla devozione che vien condotta da tre sacerdoti i quali, benemeriti per la puntuale presenza, si lascian, talora, nel breve preludio di commento ai misteri, trasportare da licenze, diciamo “poetiche” sicché può avvenire che - 4. Mistero gaudioso: la famiglia sia la “realizzazione del sogno di Dio”; che – 1. Mistero doloroso: l’agonia di Gesù nel Getsemani venga inteso come “l’inizio dell’avventura della Passione”; che – 4 mistero doloroso: la salita al Calvario venga definita ‘il viaggio’; che – 1. mistero gaudioso: Maria sia chiamata “il capolavoro della fantasia di Dio”. E così per altre amenità di cui abbiamo fatto, a suo tempo, debita segnalazione ai lettori.

Il presente intervento trae motivo da un’altra licenza che abbiamo udito martedì scorso, 27 dicembre, c.a. relativa al 3 mistero doloroso: l’incoronazione di spine. Il conduttore, nel commentare la scena, evidenzia la sottile ferocia con cui i soldati tentano di “farLo arrabbiare ma Gesù non si arrabbia”. Signore nostro!
Prescindiamo dalla riserva che facciamo sull’uso di un vocabolo per nulla adatto alla circostanza, ma vi pare possibile che Gesù, spossato dall’agonìa e dalla sudorazione di acqua e sangue, stremato dalla flagellazione, il Figlio di Dio, fattosi uomo, abbia avuto la forza e la volontà di “arrabbiarsi”, cioè, come se fosse un indispettito, stufo di subire angherie, rivolto ai soldati col dire loro: “Basta! Finitela!”?.
Certamente, più che arrabbiarsi Gesù avrebbe potuto, in virtù della potenza divina, con un semplice cenno, sbarazzarsi dei soldati, ma ciò non sarebbe corrisposto al disegno della Redenzione. Gesù soffre come uomo. Probabilmente, il conduttore intendeva rappresentare un debilitato stato psicofisico di Gesù per il quale, secondo lui, è lecito pensare a un moto di interiore e generica ribellione a un destino così funesto. Ma nemmeno tale ipotesi può avere fondamento in quanto in Gesù è ben dichiarata la sua volontà di percorrere la sua Via Crucis in obbedienza al volere del Padre come chiaramente espresso nel Getsemani allorquando, alla comprensibile richiesta sulla possibilità di allontanare da sé il calice della imminente Passione e Morte, fa seguire la totale adesione alla volontà non sua ma a quella del Padre. E questo “sia suggel ch’ogn’uomo sganni” (Inf. XIX, 21)

Resta, invece, inspiegabile come, per tali licenze, non ci sia, da parte degli autori, un minimo di vigilanza dal momento che tali “uscite” non sono un prodotto estempore ma, come ben si nota, vengono concepite e scritte nella preparazione dei commenti. Per tale considerazione siamo convinti che, a breve, ci rifaremo vivi per una chiacchierata sopra altra licenza . . .




dicembre 2022

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