Dante di destra?


di Luciano Pranzetti





Il Ministro Gennaro Sangiuliano evoca Dante


Abbiamo letto il commento di Marcello Veneziani alla “provocazione” del ministro dei Beni Culturali, Gennaro Sangiuliano, riferita a Dante, dichiarato fondatore del pensiero di destra e, interessati al dibattito, proviamo anche noi a dire qualcosa in proposito ma senza sganasciarci dalle risate di scherno e di superiorità nei confronti del Poeta, del ministro e del suo chiosatore.

Di Dante si era detto tutto il possibile: ghibellino, eretico cataro, alchimista, massone, rosacroce, grande iniziato finanche esploratore di terre artiche, farandole che abbiamo smontato e confutato in abbondanza nei nostri interventi.

Ora Marcello Veneziani, un grande intellettuale che noi, da sempre, stimiamo, per essere chiaro, aperto e affatto onesto nell’espressione del proprio pensiero, ci offre l’occasione di entrare in un tema, non nuovo ma certamente attuale – in senso gentiliano – con che si tenta di definire l’identità politica di Dante quale modellare esponente della cultura di destra.

E’ vero quanto afferma Veneziani circa la manovra della sinistra ideologica di ingabbiare autorevoli personaggi del passato in moderne categorie sociali tale che, ad esempio, si parla di Gesù come il primo rivoluzionario della storia, di Enea come il primo migrante e profugo di guerra o di Garibaldi trascinato, nel 1948, dai socialcomunisti del Fronte popolare quale icona dello stesso schieramento “loro – scrive Veneziani – che erano stalinisti e lui che difendeva la patria e la libertà” (Il corsivo, con cui abbiamo evidenziato un tratto del ragionamento introduttivo alla critica che Veneziani muove al ministro, è il primo spunto per dissociarci, intanto, dal suo pensiero circa la figura di Peppino di Caprera, difensore della patria e della libertà (?), sul quale abbiamo riferito il contrario, nel nostro LUOGHI COMUNI, FALSI E BUFALE vol. I – 2018, pag. 81/84).

E’ ancora vero, come obietta al ministro, che “destra e sinistra” sono categorie filosofiche, politiche, morali, sociali di conio moderno sorte nel clima rivoluzionario francese. Ma è altrettanto vero che “nomina sunt consequentia rerum”, cioè i nomi sono la sostanza delle cose, con ciò volendo affermare che essi, i nomi, definiscono l’essenza delle cose ma, ovviamente, secondo il periodo storico, vale a dire che le cose vengono connotate in ragione del momento. E così abbiamo fenomeni che, verificandosi in tempi diversi, pur manifestando dinamiche di eguale natura – vedasi il “Tumulto dei Ciompi”, Firenze 1378, esempio addotto da Veneziani, in cui evidenti sono i segni e segnali di una rivendicazione sindacale non dissimile dagli attuali scioperi – son denominati e classificati nella temperie dell’epoca ma, la tensione è la stessa.

Stando al binomio “destra-sinistra”, prima di circoscrivere le posizioni politiche moderne, essa già in epoca biblica esprimeva la destra, intesa come positività, alla quale fa riferimento il salmo 109, 1 laddove si legge “Dixit Dominus Domino meo, sede a dextris mei, donec ponam inimicos tuos scabellum pedum tuorum” = Disse il Signore al mio Signore, siedi dalla mia destra fin quando porrò i tuoi nemici sgabello dei tuoi piedi – o ancora il salmo 117, 16 “Dextera Domini fecit virtutem, dextera Domini exaltavit me” = la destra del Signore ha fatto meraviglie, la destra del Signore mi ha esaltato – o come si recita nel Credo cattolico “(Gesù) siede alla destra di Dio Padre Onnipotente”. Destra, come sito di luminosa virtù.

Insomma, la storia ci mostra la trascendenza di talune dinamiche che accomunano fatti e personaggi distanti tra loro nel tempo. His freti = basandoci su questi riscontri, possiamo affermare la liceità dell’attribuzione per analogia, di una categoria moderna – come destra-sinistra – ad antiche personalità che rivestirono determinati costumi etici, politici, sociali i cui aspetti, denominati alio modo, corrispondono a quelli della modernità.
Non si accertano, forse, ascendenze genetiche di individui del nostro tempo con antenati, lontani da secoli, mediante il raffronto, ad es. del DNA? Con siffatto ragionamento si dimostra legittima l’affermazione del ministro con cui definisce Dante, se non fondatore, un considerevole esponente della cultura di destra.

Ora, per conferire al nostro intervento la connotazione probante, vediamo di individuare alcuni lati della personalità che possano darci risposte positive all’assunto: Dante uomo di destra.
Cominciamo col chiederci – e risponderci – in che consista essere di destra ponendo debita premessa col precisare che non verrà considerata la posizione di “estrema” per un ovvio motivo: le cose estreme, stando al limite, conoscono la dimensione del bordo, cioè un’unica prospettiva diversamente dalle centro-mediane che conoscono la circolarità del territorio sociale.

Vediamo per quali rapporti è lecito collocare Dante nella categoria della destra.
L’operazione che condurremo si basa sulla precedente riflessione con cui abbiamo affermato la trascendenza di talune categorie che travalicano i tempi, ponendosi, pertanto, quali valori onnipresenti ed applicabili laddove se ne riconosca l’evidenza morale, filosofica, politica, sociale.

1 - Il primo rapporto da indagare è quello che pone di fronte l’individuo e la religione che, in questa circostanza, tràttasi del Cristianesimo nella sua specifica attribuzione di Cattolico. L’uomo di destra sta, nei confronti della religione cattolica, in posizione di credente obbediente al Magistero ma, talora, in rapporto fortemente critico verso una Gerarchia cedevole, o palesemente erronea, in quanto ancorato alla Parola di Dio inamovibile verità ed inappellabile tribunale. Dante incarna perfettamente questo tipo di cui dà molti esempi, come in Par. XXIV, 46-154 / XXV, 52-96 / XXVI, 25-66 / XXVII, 19-66 ed in Inf. XIX, 46-120

2 - L’uomo di destra crede alla Tradizione come valore fondamentale, metafisico, da cui la società trae la sua ragion d’essere, cogliendo in essa il faro che illumina il percorso storico di un popolo sì che possa mantenersi solido nelle proprie usanze che, per questo aspetto, son dette tradizionali. Dante è l’uomo della tradizione così come ben testimonia l’opera politica De Monarchia o come, in Par. XV, 97-132 esalta, per bocca del trisavolo Cacciaguida, i costumi degli avi elogiando l’antica società fiorentina. L’attualità del pensiero dantiano è conferma del suo ancoraggio alla Tradizione.

3 - L’uomo di destra tiene per fermo il culto della famiglia quale cellula della società e, conseguentemente, il rispetto della vita quale dono di Dio e il rifiuto dell’aborto. Dante tratta diffusamente della famiglia nel De Monarchia, in Par. XVI, mentre per il “pro vita”, in Purg. XXV, 37-108 – tiene, per bocca di Stazio, una lectio magistralis sulla genesi e sull’evoluzione della vita umana.

4 - L’uomo di destra nutre un forte amor di Patria, entità trascendente a cui riconosce, oltre alla funzione di tutela del cittadino, il rispetto per le sue esigenze come la difesa in caso di pericolo fino al punto di offrire la vita per essa. Dante è un patriota che ha militato come feditore, alla battaglia di Campaldino (1289) e pur condannato all’esilio e, per contumacia al rogo, dalla sua Firenze, non cessa di anelare al suo abbraccio, così come spera in Par. XXV, 1-9.

5 - L’uomo di destra parteggia per l’ordine sociale operando l’evoluzione delle strutture con il consenso della società, un riformismo graduale e progressivo alieno da moti rivoluzionari. Dante, lo si legge nel De Monarchia, affida il compito di governare la convivenza umana ai due massimi poteri: l’impero umano e Dio, il primo, autonomo nell’esercizio delle proprie competenze ma non indipendente in quanto subordinato al secondo, cioè alla reggenza e alla provvidenza divina.

6 - L’uomo di destra manifesta un senso ben spiccato per la giustizia a cui riconduce il compito di mantenere l’ordine in perfetto equilibrio armonico tra le componenti sociali, ristabilendolo col comminare giuste pene a coloro che ne sconvolgono l’assetto e, nello stesso tempo, saper intervenire con lo strumento della pietas per una funzione pedagogica ed infine, risarcendo quanti sono stati lesi.

Dante si comporta con siffatti caratteri già per filosofici argomenti nel De Monarchia e, poi, in modo eclatante in Inf. XXXIII, 1-90, nell’episodio del conte Ugolino Visconti.

Abbiamo cercato di dimostrare, con ragionevolezza, quasi in punta di penna, l’ammissibilità parziale della uscita del ministro dei Beni Culturali, Gennaro Sangiuliano secondo il quale Dante è il fondatore della destra politica, culturale, giuridica ecc. Diciamo “parziale” perché, concordando con Veneziani, non possiamo certamente, stricto sensu, attribuire a Dante il titolo di fondatore di una moderna destra politica, ma poiché si gratifica Ippocrate del titolo di padre della medicina, Erodoto della Storia, Protagora dell’oratoria, e così di tante altre celebrità, ci sia consentito definire la nostra maggior Musa, se non il padre, quanto meno un elevato, eccelso esponente della destra ideale.

 Sicuramente non di sinistra.
 



gennaio  2023
AL SOMMARIO ARTICOLI DIVERSI