«Se non parla di Dio, la Chiesa è finita»

Intervista al cardinale Robert Sarah del 23 gennaio 2023


Condotta da Martina Pastorelli e pubblicata su La Verità del 23 gennaio 2023






il cardinale Robert Sarah


Introduzione di Martina Pastorelli

Il nuovo libro del cardinale Robert Sarah, Catechismo della vita spirituale (Cantagalli editore), è un catechismo della vita interiore che indica la strada da seguire per riportare Dio al centro delle nostre preoccupazioni essenziali. Con esso il prefetto emerito della Congregazione vaticana per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti rivolge ai cristiani una chiamata a «vivere da estranei rispetto alle ideologie nemiche della vita, del matrimonio, della famiglia» e a essere testimoni del vero senso dell’esistenza umana, senza diluire l’insegnamento di Cristo.
La nuova evangelizzazione a cui siamo chiamati, avverte Sarah, richiede di essere «santi che pregano», per i quali il sostegno della Parola e la vita sacramentale sono indispensabili. Di qui l’appello alla Chiesa affinché sia «sempre più orante e missionaria» e il richiamo ai suoi Pastori, il cui mandato «è insegnare, santificare e guidare i fedeli non secondo le proprie opinioni personali o in funzione di ciò che risulta gradito alla società», ma pronunciando «senza timore, ambiguità o mistificazione, una parola chiara, forte e vera».
Il gioco, sostiene il cardinale, è l’unità stessa della Chiesa, «giacché senza verità non ci può essere unità».
Un libro dall’intento pratico, che aiuta i credenti a porsi in relazione con la società secolarizzata.
In un passaggio – che richiama alla mente l’invito di Benedetto XVI a mostrare che il cristianesimo è una «opzione positiva» in un mondo dove questa percezione è quasi scomparsa -, il prefetto emerito scrive parole che risuonano particolarmente adatte al contesto odierno: «La cosa da far capire è che il Signore Gesù non viene a distruggere la libertà dell’uomo o a rallentare la sua ricerca scientifica o tecnologica. Viene a dare loro un senso, viene a renderci liberi».
Proprio da qui prende il via la nostra conversazione.

Eminenza, si può dire che la sua volontà, nello scrivere un libro-catechesi sulla vita spirituale, è restituire all’uomo di oggi la sua naturale relazione con quel mistero che è il fondamento imprescindibile della vera libertà?

Ho voluto aiutare i cristiani a scoprire il dono più grande che il Signore ha lasciato alla sua Chiesa: i sacramenti, segni efficaci con cui Gesù agisce nella nostra vita. Battesimo, cresima, matrimonio… li abbiamo trasformati in un mero momento di convivialità, senza capire ciò che riceviamo né cogliere il mistero della vita divina che essi donano. Oggi c’è confusione a livello dottrinale,morale e liturgico, tanto che il cristianesimo è posto alla pari di altre fedi: ma perché Cristo si è incarnato e ha sofferto per noi, se chiunque può salvarsi? Eppure, già Pietro ricordava che in nessun altro c’è salvezza: è questo il messaggio da portare ovunque. Altro mio proposito è far scoprire la croce,espressione suprema dell’amore di Dio per noi, non dimenticando la preghiera e la parola quali “armi” per proteggere e illuminare la nostra mente.

L’altezza della croce è il punto strategico per vedere la realtà con occhi diversi e imparare il perdono. Come può esistere un mondo che ormai la rimuove ovunque, a partire dagli edifici pubblici?

La stabilità dell’uomo sta nella croce, ma questo mondo la toglie di mezzo perché vuole una instabilità e una ambiguità costante. Così ci ritroviamo senza insegnamenti morali e dottrinali fissi e con una crisi antropologica gravissima, che arriva a non distinguere più tra maschile e femminile.

A proposito di stabilità, va di moda il relativismo religioso. Nel libro Lei parla di Chiesa attaccata non solo da un «ateismo aggressivo», ma anche da «manovre insidiose per trascinarla nel grande movimento globalista che promuove la cancellazione di tutte le differenze e una religione mondiale senza Dio». Tanto che ormai essa è percepita da molti come una Ong…

«La Chiesa non deve dimenticare che la sua propria missione, indicata dal Maestro: fare di tutti i popoli i discepoli di Cristo, annunciando il Vangelo. Migranti, ecologia, pace, sono questioni importantissime ma la competenza primaria della Chiesa è la salvezza delle anime. Invece abbiamo smesso di parlare di vita eterna per risolvere i problemi sociali. Certo che dove l’uomo soffre la Chiesa deve essere presente, perché su questo saremo giudicati, però prioritario è dare all’uomo Dio, la possibilità di pensare che egli dipende da Dio. Come insegnava papa Benedetto: se non abbiamo dato Dio all’uomo, non abbiamo dato nulla. Perché la povertà oggi più grave è la mancanza di Dio, di cui il relativismo morale e religioso sono conseguenza. Se io sono qui è perché nel mio villaggio ricevetti un missionario che incarnava il Vangelo: non dobbiamo abbandonare l’evangelizzazione!.

Per nutrire questa capacità di evangelizzare sono fondamentali i sacramenti. Penso allora a quanto accaduto durante la pandemia, quando le chiese sono rimaste chiuse e – lei scrive -  «il vivere si era ridotto a restare in vita». Questa è sembrata la parola d’ordine anche per molti cristiani… Che cosa comporta per l’uomo vivere senza l’Eucarestia?

La pandemia è stata un test per verificare la nostra fede. Abbiamo chiuso le chiese e cancellato le relazioni umane, preoccupandoci solo di salvare il nostro corpo, laddove il corpo per vivere ha bisogno di nutrimento. I sacramenti ci mettono in relazione personale e intima con Dio: l’Eucarestia ci dà la vita di Gesù, permettendoci di vivere veramente da cristiani e consanguinei di Cristo. Noi invece abbiamo acconsentito a stare per mesi senza la santa Messa, accettando le decisioni di governi atei e indifferenti a Dio: pretendere di vivere così è uno sbaglio enorme.

Lei descrive la preghiera come azione di Dio che «impone le sue mani su di noi». Come spiegare il bene di questa immagine a un uomo che ha eletto la sua libertà come un assoluto del quale disporre senza alcun limite? 

Dio ci ha creati liberi e non cancella mai la nostra libertà: con la preghiera entra in rapporto con la sua creatura, la abbraccia come fa il padre con il figliol prodigo. Pregare non è parlare con Dio, ma stare in silenzio per ascoltare lo Spirito Santo che prega per noi: è guardare Dio e lasciare che Dio ci guardi, ci purifichi, tolga l’odio dal nostro cuore. La grandezza dell’uomo è essere capace di inginocchiarsi nel suo cuore per adorare Dio.

L’aborto, l’eutanasia, il rifiuto di accettarsi nella propria identità di uomo o di donna … per alcuni sono disordini gravemente in contrasto con la vera natura dell’uomo, per altri sono diritti umani fondamentali che esprimono l’assoluta libertà dell’individuo. Forse mai come oggi la cesura tra chi crede e chi non crede è stata così forte: quale consiglio pratico si sente di dare a chi vuole annunciare la verità ma su questi temi viene silenziato, anche violentemente?

Il progetto del mondo oggi è eliminare Dio. Egli ha detto “non uccidere” e l’uomo, con la legge, rende legale uccidere. Oggi non è possibile neanche contestare l’aborto: ma davvero crediamo che uccidere i bambini sia una bella cosa? Dio ha creato l’uomo e la donna e oggi diciamo che ciascuno può scegliere chi essere, abusando di una scienza che ci ha fatto perdere la testa, magari illudendoci di essere immortali, come fa il trans umanesimo. E’ una lotta tra tenebre e luce, tra Dio e l’uomo moderno. In questa lotta noi abbiamo un’arma: la parola di Dio, la preghiera e l’intelligenza. Noi dobbiamo prendere le parti di Dio per difendere l’uomo, senza paura. I nostri problemi sono gli stessi che avevano i primi discepoli, che hanno combattuto per promuovere ciò che era giusto in un’epoca in cui la vita umana era spendibile per gioco: pensiamo ai combattimenti fra gladiatori. Ci serve il loro stesso coraggio. Se smettiamo di insegnare la dottrina di Dio, è finita la Chiesa.

In questi tempi difficili risuona – ed è citata anche nel suo libro – quella che è stata definita la «profezia di Ratzinger», che nel 1969, intravedendo l’inizio di una secolarizzazione del messaggio cristiano, aveva offerto un abbozzo di come avrebbe potuto essere il futuro della Chiesa nelle nostre società: «preti ridotti al ruolo di assistenti sociali, il messaggio di fede ridotto a visione politica» e una Chiesa «più piccola, povera, quasi catacombale», che rinascerà per opera di un piccolo gregge «passato attraverso un processo di purificazione». Secondo Lei, a che punto siamo di questa crisi?

Penso che la storia si ripeta: l’uomo moderno rifiuta il Creatore sostituendosi a Lui, e la stessa è successa nell’Antico Testamento quando il popolo d’Israele si ribellò contro Dio e fu mandato in esilio. Però il Signore ha mostrato che sarebbe rinato. Così anche oggi, pur in questa crisi profonda - la peggiore che l’umanità abbia mai vissuto, come disse il cardinale Ratzinger poco prima di diventare Papa –, dobbiamo mantenere la speranza, nella consapevolezza che Dio non abbandona il suo popolo e la sua Chiesa. E’ necessario pregare: “Signore, guarda la tua barca!”. E il Signore, paziente, farà resuscitare il suo popolo.










 


gennaio 2023
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