Considerazioni necessarie sul “matrimonio” fra omosessuali


di Matteo D'Amico

Articolo pubblicato su Corrispondenza Romana


La settimana scorsa il Parlamento dello stato sudamericano dell’Uruguay  ha approvato una legge che  ridefinisce  il matrimonio come «l’unione permanente di due persone  di uguale o differente sesso».  La legge prevede anche la possibilità di adozione di minori da parte dei “coniugi” omosessuali. 
Si tratta del secondo Stato sudamericano, dopo l’Argentina, a compiere questo passo, ma non è difficile immaginare che altri seguiranno presto l’esempio.
Il caso francese inoltre, dove la maggioranza socialista al governo ha seguito inflessibilmente il percorso del riconoscimento del matrimonio omosessuale (Hollande punta a chiudere il processo legislativo il 23 aprile con un voto dell’Assemblea Nazionale), nonostante la ferma opposizione pubblica di milioni di persone, mostra come si sia di fronte a strategie coordinate a livello internazionale che non ammettono insubordinazioni o incertezze da parte dei diversi capi di stato.

Occorre osservare che la particolare gravità di quanto sta  accadendo può essere apprezzata pienamente solo a partire da almeno quattro ordini di considerazioni:

in primo luogo bisogna ricordare che è in sé già grave, in generale, che in uno Stato si diffonda il vizio dell’omosessualità: infatti si tratta sempre di un inequivocabile segno di terribile decadenza morale e sociale.
La Sacra Scrittura e la sapienza dell’insegnamento della Chiesa ci mostrano che il peccato impuro contro natura è uno dei quattro peccati che «gridano vendetta al cospetto di Dio» e che attirano sui popoli i peggiori castighi (Catechismo della dottrina cristiana di san Pio X, 1912).

Più grave è però il caso di Stati in cui i comportamenti omosessuali, oltre a rappresentare un vizio di fatto sempre più diffuso, vengono difesi in foro esterno, ad esempio con associazioni e pubbliche manifestazioni, come i gay pride, o vengono propagandati con produzione di film e libri, senza che lo Stato intervenga con la giusta attività censoria e repressiva: una tolleranza ingiustificata e non accidentale, ma programmatica di simile vizio, rende complice uno Stato in quanto istituzione. Uno Stato ingiustamente tollerante è reo di non aver esercitato l’autorità per difendere il bene comune e compie un vero e proprio peccato di omissione.

In terzo luogo dobbiamo considerare che una legge che riconosce pubblicamente il “matrimonio” fra omosessuali, in particolare con il diritto di adottare bambini, non è più solo una legge ingiusta e idiota, contro il bene comune, contro la retta ragione morale e contro il più elementare buon senso, ma diviene un atto formale di satanica rivolta contro Dio da parte di uno Stato, venendo a rappresentare quasi una bestemmia pubblicamente gridata verso il cielo da parte delle autorità.

Una cosa infatti è un vizio, per quanto esecrabile, in cui cadono dei singoli; altra cosa è che questo stesso vizio venga istituzionalizzato e difeso con leggi positive da parte di uno Stato. E non parliamo evidentemente di un vizio qualsiasi, ma di un gravissimo peccato contro natura, che va formalmente contro l’ordine dell’essere voluto dal Creatore; sta infatti scritto: «E creò Iddio l’uomo ad immagine sua; ad immagine  di Dio lo creò; maschio e femmina li creò» (Gn. 1, 27). Già solo la più elementare esegesi di Genesi 1 e 2  mostra come il matrimonio sia creato da Dio e sia creato appunto come rapporto fra uomo e donna.
Infine va osservato che è di incalcolabile gravità il fatto che osino attaccare senza alcun ritegno quella legge di natura che Dio stesso ha scolpito nel cuore di ogni uomo, approvando il matrimonio omosessuale, paesi come la Spagna e la Francia, o l’Argentina e l’Uruguay, che avevano ricevuto la fede cristiana da innumerevoli secoli.




aprile 2013

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