Guerre e pace

di Don Patrick de la Roche, FSSPX


Editoriale di Lou Pescadou, bollettino del Priorato di Nizza della Fraternità San Pio X



Pubblicato sul sito francese della Fraternità San Pio X
La Porte Latine

Don Patrick de la Roche è il Priore del Priorato di Nizza, Francia.
Egli ha partecipato ai colloqui dottrinali con Roma dal 2009 al 2011.






Libia, Siria, Armenia, Ucraina: una litania incompiuta di guerre che hanno interessato l’ultimo decennio … Come trovare la pace?

La vicenda di Caino ed Abele ci insegna che la guerra è sempre la conseguenza di un vizio: l’avidità, la gelosia, la sete di potere, la volontà di soverchiare.
In questo senso, la guerra è la prova irrefutabile del peccato originale. Bisogna quindi chiedersi: la moltiplicazione degli scontri violenti, in seno al nostro paese o nel mondo, non è una manifestazione del peccato che fin dall’inizio contraddistingue le nostre società moderne? In altre parole: la guerra, la violenza e la distruzione, sono iscritte nel DNA del mondo occidentale? Fanno parte integrante della sua identità?
La cosa sarebbe delle più gravi, poiché indicherebbe che la nostra è una cultura di morte e che le nostre società, lungi dall’unire, dissolvono e dividono per la loro stessa natura.

Non è un segreto per nessuno che lo spirito della Rivoluzione Francese ha comportato un bagaglio di conflitti interni ed esterni. Il film Vincere o morire lo ha ben descritto. Questo flusso, purtroppo, non si è mai prosciugato. Nella loro relativa piccolezza, gli scioperi di oggi ce lo ricordano, al pari dei grandi conflitti dell’ultimo decennio.
Poteva essere diversamente?
C’è pace quando il desiderio umano si concentra prioritariamente sui beni che si moltiplicano quando sono condivisi. E questi beni sono quelli spirituali: che non appena si comunicano aumentano la gioia a partire da se stessi. Come per Dio, ognuno ha la sua parte e tutti l’hanno per intero.
C’è dunque pace interiore solo quando il desiderio di infinito che abita il cuore umano può realizzarsi nel finito, e c’è pace sociale e internazionale solo quando questo stesso infinito è posto al vertice della ricerca umana. Quando invece i beni spirituali sono negati o, il che è lo stesso, collocati nella sfera puramente privata, allora regna la ricerca dei beni materiali, delle ricchezze temporali che vengono divise ogni volta che vengono condivise. La sete di infinito si trasforma allora in avidità sempre crescente, e l’altro diventa rivalità.
Ora, le nostre società occidentali si definiscono società consumistiche, centrate quindi sui beni materiali e deperibili; allo stesso modo ammettono di avere come loro regolatore l’interesse, e non più il bene infinito. Esse dividono invece di unire, sono per loro natura generatrici di conflitti, guerre e scioperi.

Ritrovare la cultura della pace non si fa a colpi di illusioni dei diritti umani, né di riunioni interreligiose. Declamare a gran voce la pace non ha mai pacificato nulla, e fare il pacifista senza risalire alle fonti del conflitto equivale ad esporsi a pericoli maggiori.
L’unico modo per trovare la pace è la radicale messa in discussione dei principi costitutivi delle nostre società, poiché è alla loro radice che sono viziati. Esse devono imparare a vivere di nuovo nell’ottica dell’infinito, e non più del consumo.
C’è pace solo nell’Assoluto, che si è incarnato per noi. E ha voluto chiamarsi Gesù, per dirci che l’Assoluto è la nostra unica salvezza, anche quaggiù. E per meritarlo per noi, Gesù ha voluto morire in croce. Lui solo, con la sua vittoria, sradica il vizio e libera dal peccato. Lui solo è il vero bene, che vuole donarsi a tutti senza mai diminuire.

Se le guerre causano tante rovine materiali e tanti morti reali, il rimedio sta e starà sempre nell’ordine spirituale. L’unica alternativa è tra il Regno di Dio e il regno della morte. Le nostre società occidentali hanno scelto la seconda opzione.
Preghiamo per la loro conversione.








marzo 2023
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