Perché le donne dovrebbero
indossare la gonna


di
Cristiano Lugli




L'immagine è tratta dal film CRISTIADA


<>Uno degli aspetti che più è soggetto a mutazioni con il cambiamento dei tempi è certamente l’abbigliamento, a seconda delle varie mode e soprattutto in virtù della modernità.
Infatti, se si può certamente affermare che le mode abbiano subito cambiamenti in tutte le epoche, è difficile affermare che ne abbiano subiti così tanti come nell’epoca attuale.

La differenza, confrontandosi anche con il passato più recente, sta nell’aver perso ogni tipo di rispetto per la modestia e, nondimeno, per il buon gusto.
È tuttavia della modestia che ci si deve interessare, perché è ciò che in qualche modo richiama al pudore, altro enorme orfano dell’attuale società.

Ci riferiamo in particolare al sesso femminile, che da ormai più di settant’anni è stato condotto sulla strada della cosiddetta emancipazione fino ad arrivare ai giorni nostri dove potremmo parlare, oltre che di cattivo gusto nel vestire, di vero e proprio nudismo: ciò che più conta per le donne, oggi, è essere quanto più possibile nude.

Risulta quasi superfluo soffermarsi su ciò che è sotto gli occhi di tutti, e persino da molto tempo. Per quanto grave, la situazione sembra essere giunta ad un punto di vera e propria saturazione, dove oltre sembrerebbe davvero difficile andare. La donna, un tempo celebrata come musa e come generatrice di bellezza e di vita stessa, oggi è diventata una sorta di “oggetto” che deve essere in costante esibizione, in costante assetto sessualmente provocatorio.

Ora, fatta questa breve premessa che non merita nemmeno di essere troppo approfondita, è bene cercare di capire dove e come salvare il salvabile.

È infatti compito di chiunque volesse riparare agli scandali contro la modestia e contro il pudore stesso comprendere che tale argomento non può affatto essere preso sotto gamba o lasciato allo scorrere dei tempi.
Per colmare la tremenda e violenta voragine che si è creata fra l’essere umano e la virtù della purezza, è necessario impegnarsi per ristabilire un ordine voluto da Dio: «Maschio e femmina li creò»

Il processo rivoluzionario di emancipazione della donna sta alla base della disgregazione dell’ordine naturale delle cose, e quindi anche della complementarietà che deve sussistere fra uomo e donna, ovvero di tutto ciò che, nella diversità, si completa. Questo movimento, che porta il nome di femminismo, ha di fatto voluto slegare la donna dal ruolo e dalla dignità che per riflesso divino svolgeva all’interno della famiglia e quindi della società, sconvolgendo, confondendo ed alla fine invertendo il ruolo della donna in quello dell’uomo, e così effeminando l’uomo fino a renderlo pregno di caratteristiche o di ruoli femminili.
Chi sostiene che i moti femministi abbiano solamente voluto equiparare i ruoli fra uomo e donna mente, poiché è palese che questo tentativo ha avuto anche il fine di sovvertire la figura maschile e di attuare una sorta di patricidio nella società, con l’innesto di un nuovo filo conduttore a stampo matriarcale.

Tutto l’abominio di una società fluida che ora vediamo ovunque, con le nuove generazioni avvelenate dall’idea di poter esser ciò che si sentono di essere, ha radici, come abbiamo solo per sommi capi accennato, molto profonde e piuttosto lontane nel tempo.

Mascolinizzando la donna ed effeminando l’uomo si potrebbe dire che si è pervertita un’intera civiltà, scandagliando ogni tipo di muraglia spirituale e finanche naturale.

Il mondo, d’altronde, ha sempre fatto il proprio “dovere” servendo il “principe di questo mondo”. Il dramma, come noto, è che la corazza della Santa Chiesa che ha sempre fatto da argine contro le derive del mondo, non esiste più, almeno visibilmente e almeno per ora.

Cosa fare, dunque, per ergere nuovamente, a partire dal piccolo, dalle famiglie, dai nostri figli, dai nostri focolari domestici, l’esempio di un ordine naturale che sia riflesso di un ordine divino voluto da Dio? Ebbene, occorre ridare visibilità alla femminilità in senso virtuoso ed alla mascolinità per ciò che concerne la fortezza e la virilità — quest’ultima nel senso più nobile del termine, e non in quello impudicamente conosciuto oggigiorno.

Il padre torni a fare il padre, e la moglie torni ad essere moglie e madre.

Ma, in particolare per le donne, è importante comprendere quanto l’esempio di modestia sia fondamentale, anche e soprattutto nel modo di vestirsi.
Qualcuno potrebbe credere, come già detto, che i tempi ci diano il diritto di pensare ad un cambio di paradigma rispetto al passato, specie pensando all’abbigliamento. Tuttavia non vi è nulla di più falso e fuorviante.

L’uso totalmente smodato dei pantaloni, dei jeans e di tutto ciò che di più mascolino vi è nella donna sta alla base della rivoluzione femminista. È pressoché inutile stracciarsi le vesti per la teoria del gender, per l’indottrinamento dei bambini ad una visione “fluida” se non ci si accorge che si sta aderendo a tutto ciò che sta alla base del gender.
Senza voler apparire troppo bacchettoni, non ci si può esimere dal dire che per una madre di famiglia è ipocrita o quantomeno senza senso scandalizzarsi o criticare il gender mentre si indossano tutti i giorni i jeans o i calzoni: essi sono i perfetti strumenti che il gender e ciò che lo precede hanno utilizzato per arrivare al punto in cui siamo.

Sarebbe come, di fatto, urlare “stop alla guerra” con un mitragliatore in mano, o come proclamarsi vegetariani mentre si sta masticando un pollo allo spiedo.
Per molte donne l’uso dei pantaloni è ormai diventata una costante nonché una scusante legata alla comodità: certamente la vita di oggi è più frenetica, ma non possiamo dimenticare di quelle madri che per secoli, con decine di figli, hanno portato ogni giorno la gonna o comunque lunghi vestiti, per differenziarsi dall’uomo e per un intimo senso di modestia.

Qualcuno potrebbe sostenere che è solo questione di moda, ma vorrei portare un esempio capace di smentire questa teoria.

Per anni ho lavorato in case di riposo per anziani. Un giorno conobbi una signora di circa novant’anni, che per una vita aveva svolto la professione di insegnante. Una signora fermamente cattolica, che ogni settimana chiedeva di potersi accostare ai sacramenti.
Per quanto con grosse difficoltà motorie, la sua mente era lucida come non mai e la sua decisione mostrava un carattere ed una personalità fortemente legata e soggetta alla Fede. Questa signora indossava costantemente la gonna, e nel suo armadio non c’era l’ombra di pantaloni, fino al punto di confessarmi che in vita sua non ne aveva mai indossato un paio. Accadde un bel giorno che la lavanderia interna alla struttura subì un guasto, e la signora in questione si ritrovò senza gonne almeno fino al giorno seguente. Le furono offerti, quella mattina, un paio di pantaloni nuovi di scorta che la struttura metteva a disposizione in casi di “emergenza” come quello menzionato. Ebbene, la signora rifiutò i pantaloni asserendo che piuttosto sarebbe stata a letto aspettando il giorno seguente per riavere le sue gonne, argomentando più nello specifico che indossare i pantaloni sarebbe stato per lei qualcosa di inaccettabile perché lesivo alla sua femminilità.

Potrà certamente sembrarvi una testimonianza esagerata, ma io vedo in questa scelta una purezza di pensiero davvero ammirabile, e di cui avremmo più che mai bisogno in tempi come questi.

Infine, non possiamo non riflettere su quanto sia assolutamente educativo e pedagogicamente corretto ristabilire, anche nell’abbigliamento, un ordine che si confaccia all’essere cattolici: quantomeno alla Domenica, tanto per iniziare, nel giorno del Signore, assistendo alla Santa Messa, sarebbe bene che anche gli stessi bambini e ragazzi avessero l’esempio, e cioè di vedere il padre di famiglia che distingue il proprio abbigliamento da quello settimanale, approcciandosi anche con un’eleganza esteriore al Santo Sacrificio della Messa; parimenti la madre di famiglia sia da esempio ai figli, portando la gonna od un vestito che mostri con modestia e pudore il proprio essere donna, e quindi generatrice e protettrice della vita stessa, sull’esempio umile di Maria Santissima. Questo servirà certamente anche ai figlioletti, ai quali i genitori, anzitutto con l’esempio e poi con l’educazione, dovranno trasmettere questo senso di ordine e riverenza verso i giorni di festa.

Nelle meravigliose Memorie Biografiche di San Giovanni Bosco si legge di quando Mamma Margherita, madre appunto di don Bosco, insegnava ai propri figli dell’importanza dell’abito domenicale:

«Margherita, la mamma, oltre l’ordine e la bellezza nell’anima dei figli e la docile e costante allegria (quanto cantavano tutti!), esigeva l’ordine e la pulizia nelle loro persone. Alla domenica specialmente, adattava alla loro persona i vestiti più belli da festa, ravvivava i loro capelli, che naturalmente erano ricciuti e folti, e per tenerli raccolti usava un piccolo nastro… Li prendeva per mano e tutti insieme andavano alla Messa… Ma per Margherita ogni momento era buono per educare.
“Vi piace fare una bella figura, non è vero?”.
“Certo, mamma”. “
Or bene: ascoltatemi. Sapete perché vi metto i vestiti più belli? Perché è domenica ed è cosa giusta che mostriate esternamente la gioia che deve provare ogni cristiano in questo giorno, e poi perché desidero che la pulizia dell’abito sia la figura della bellezza delle vostre anime”»

(Memorie Biografiche di San Giovanni Bosco, I, 73-74).


Nelle sagge parole di questa santa madre possiamo riscoprire il valore e l’importanza dell’ordine, del rispetto dei ruoli e di tutto ciò che concerne una non conformazione allo spirito del mondo.

Se è certamente vero che è la disposizione interiore a dover anzitutto animare ogni proposito, nondimeno una disposizione esteriore è sacrosanta per essere esempio di virtù e per riparare a tutto ciò che è sempre più diametralmente opposto al disegno di Dio.





marzo 2023
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