Il santo resto

di Elia


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Nisi Dominus sabaoth reliquisset nobis semen,
sicut Sodoma facti essemus,
et sicut Gomorrha similes fuissemus (
Is 1, 9; Rm 9, 29).
«Se il Signore degli eserciti non ci avesse lasciato un seme,
saremmo diventati come Sodoma
e saremmo simili a Gomorra».


La consolante costatazione del profeta Isaia, ripresa da san Paolo, contiene un’indicazione sempre attuale circa l’agire di Dio. Nelle catastrofi causate dall’infedeltà di Israele, come già in occasione del diluvio universale, Egli preservò sempre un nucleo di persone fedeli dal quale ripartire, così da proseguire l’opera di salvezza.
Dalla tragedia della guerra giudaica, causata da quel supremo tradimento dell’Alleanza che fu il rifiuto del Messia divino, protesse la primitiva comunità cristiana di Gerusalemme guidandola per tempo fuori della Palestina.
Durante la crisi ariana mantenne viva la retta fede in gruppi di cattolici che, con la Sua grazia, resistettero a tutte le pressioni e persecuzioni, talora violentissime, dell’autorità imperiale e della gerarchia eretica, cui si aggiunse, quasi non fosse bastato il resto, il furore dei pagani e di Giuliano l’Apostata.

Più e più volte i cristiani sinceri ebbero l’impressione che la verità fosse completamente cancellata e la barca di Pietro stesse per affondare; ciononostante non smisero mai di confidare nella Provvidenza, continuando a pregare, offrire e osservare la legge divina. Essi sapevano bene che niente e nessuno, neppure il diavolo, può piegare la ferma volontà di un essere umano, ancor meno se fortificata dalla grazia.
I peggiori nemici della Chiesa sono tutti scomparsi, costretti a soccombere all’onnipotente mano di Dio; ciò dimostra anche ai più pusillanimi che, malgrado la loro debole fiducia, non c’è nulla che vada eccessivamente temuto, se non la dannazione eterna.
Le prove di questa vita servono di correzione ai peccatori e di perfezionamento ai giusti; nella Sua imperscrutabile sapienza, dunque, il Signore le dispone o permette sempre per il maggior bene dei Suoi figli. A un vero cattolico non sfugge di certo questa certezza così decisiva per la sua condotta pratica.

È innegabile, nondimeno, che in certi periodi della storia il numero degli autentici credenti risulti drasticamente assottigliato e la compagine ecclesiale appaia estremamente frammentata e dispersa. Molti di coloro che si propongono di rimanere fedeli alla verità, oltretutto, sono sedotti e fuorviati da proposte ingannevoli, che vengano da formazioni scismatiche, preti scomunicati o vescovi privi di giurisdizione.
Quanti le accolgono possono essere in buona fede, ma pure accecati dalla superbia; nel primo caso si espongono imprudentemente a un indottrinamento settario, nel secondo diventano in poco tempo fanatici violenti e intrattabili. Si può giustamente aver l’impressione di trovarsi in un mare in tempesta, in balìa dei venti e dei flutti, esposti al rischio di sfracellarsi sugli scogli o di Scilla o di Cariddi. Chi si mantiene umile e cerca l’unione con Dio, in realtà, è preservato da entrambi i pericoli, purché ascolti docilmente i richiami alla prudenza.

Ringraziamo perciò il Signore di averci conservato, in questi ultimi, burrascosi anni, la salute del corpo, della mente e dell’anima; non è un beneficio da poco, visto quel che sta succedendo a tanti intorno a noi.
Se ci sembra di esser davvero pochi e sparpagliati, anziché scoraggiarci riconosciamo l’immensa misericordia con cui la Provvidenza ha consentito che si salvasse un piccolo seme, grazie al quale l’umanità non è ancora ridotta allo stato di Sodoma e Gomorra dopo la pioggia di fuoco.
È ovvio che non intendiamo autocandidarci al resto santo, come se il farne parte dipendesse dai nostri convincimenti o fosse un fatto acquisito, ma dobbiamo supplicare Dio di rendercene degni mediante un incessante sforzo di santificazione personale.
Chi si considera eletto in virtù del suo solo sapere, non accompagnato da virtù effettive, ricade nell’errore degli gnostici, finendo così con lo schierarsi dallo stesso lato di coloro che intende combattere.

La riduzione numerica, a ben vedere, è appositamente voluta da Dio ai fini della Sua glorificazione: all’Onnipotente basta un nulla per trionfare. Proprio ciò suggerisce la profezia citata dall’Apostolo circa il verbum breviatum: «Qualora il numero dei figli d’Israele fosse come la sabbia del mare, il resto sarà salvato. Un’azione che distrugge e riduce con giustizia, infatti, un’azione di diminuzione compirà il Signore sulla terra» (Rm 9, 27-28 Vulg.; cf. Is 10, 22-23 LXX). Diversi Padri della Chiesa interpreteranno questo passo in senso allegorico riferendolo all’Incarnazione: il Verbo, nell’assumere la natura umana, si è in un certo senso circoscritto e limitato. Il senso letterale si riferisce però all’azione (altro significato dell’ebraico dabar) con cui Dio, per castigarlo, riduce deliberatamente il Suo popolo al minimo; a causa di essa soltanto un piccolo resto si salva dalla catastrofe dell’invasione con la conseguente distruzione del regno.

Alla luce della Sacra Scrittura, allora, la situazione in cui ci troviamo acquista una nuova luce: quel che vediamo non è certo una sconfitta di Dio, bensì l’effetto di una Sua precisa volontà di punire i cattolici infedeli e purificare gli altri, in modo da renderli a Sé graditi. Tutto rientra negli infallibili disegni della Provvidenza, che governa ogni cosa con un ordine perfetto e un’onnipotente efficacia, facendo concorrere al compimento dei Suoi fini perfino i piani dei nemici, che sono venuti allo scoperto.
Si può giustamente restare sgomenti per la sfacciata impudenza dei vescovi belgi e tedeschi, ma la fede ci assicura che, al momento stabilito, il Signore interviene amputando senza remissione gli arti incancreniti dall’impenitente corruzione della mente e dei costumi. Coloro che pretendono di creare un magistero spurio in opposizione a quello autentico faranno la fine dei sacerdoti che si ribellarono a Mosè e Aronne: Aperta est terra, et deglutivit Dathan (Sal 105, 17).

La sovversione cui assistiamo nella società e nella Chiesa stessa è risultato di una strisciante azione di secoli, intensificatasi negli ultimi decenni per opera di gesuiti degeneri nonché di sodomiti, massoni e comunisti infiltratisi nella gerarchia. Quegli individui, tramite un totale rifacimento della dottrina, della liturgia, della morale e del diritto, hanno cercato di tagliarci le radici mediante una completa rottura con la Tradizione apostolica.
Oggi possiamo tranquillamente riconoscere che, grazie a Dio, non ci sono riusciti: noi siamo qui come una testimonianza vivente del loro insuccesso. Lo stolido accanimento di quei disgraziati (nel senso che han perso la grazia) contro la Messa tradizionale è soltanto il convulso stiracchiarsi di chi è prossimo all’ultimo respiro. Farebbero compassione, se non si rendessero così odiosi con la propria tronfia presunzione; è gente che delira per effetto della febbre demoniaca che ne divora le carni e ne acceca la mente.

Guardandoci bene dal montare in superbia, in conclusione, distogliamo lo sguardo da questo penoso spettacolo e volgiamolo al Signore con fiducia per ricevere consolazione dalle parole che santa Caterina da Siena si sentì rivolgere dal Padre celeste:
«Ti dico ancora che, quanto più abbonda ora la tribolazione nel Corpo Mistico della santa Chiesa, tanto più essa abbonderà poi in dolcezza e in consolazione. La sua dolcezza sarà la riforma con santi e buoni Pastori, i quali sono fiori di gloria, perché rendono gloria e lode al mio nome, spargendo odore di virtù fondate in verità. Questa è la riforma dei fiori odoriferi dei miei ministri e Pastori. Non è che abbia bisogno di essere riformato il frutto di questa Sposa, che non diminuisce né si guasta mai per i difetti dei suoi ministri. Dunque rallegratevi, tu, il padre dell’anima tua e gli altri miei servi, nella presente amarezza, poiché io, Verità eterna, ho promesso di darvi refrigerio e, dopo l’amarezza, vi darò consolazione (mediante il molto soffrire) nella riforma della santa Chiesa» (santa Caterina da Siena, Il dialogo della Divina Provvidenza, cap. XII, Siena 2006, 51-52).






marzo 2023

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