La Messa tradizionale:

una libertà in condizioni soffocanti

Articolo della Fraternità San Pio X


Pubblicato il 1 aprile 2023 sul sito informazioni della Fraternità







Un rescritto di Papa Francesco, del 20 febbraio 2023, sopprime la facoltà accordata ai vescovi diocesani di autorizzare la celebrazione della Messa tridentina.

The Remnant del 18 febbraio annunciava una Costituzione Apostolica per il 3 aprile, e invece è stato pubblicato un rescritto, ma l’uno non impedisce l’altra, più o meno a breve scadenza.

Ne Le Figaro del 21 febbraio, Jean-Marie Guénois scrive:
«Papa Francesco stringe il cappio al collo dei tradizionalisti. In una udienza concessa lunedì [20 febbraio] al cardinale inglese Arthur Roche, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina del Sacramenti, il Papa ha formalmente reso valido un rescritto, una sorta di decreto giuridico, che revoca quasi interamente ai vescovi locali il potere di gestire il dossier dei tradizionalisti, avocando tutto solo al vaticano.
Il testo è stato pubblicato questo martedì.

«Roma diventa così l’unica a decidere su due punti precisi. Il primo è l’eventuale autorizzazione concessa ai giovani preti, ordinati dopo il 16 luglio 2021, di celebrare la Messa secondo l’antico Messale del 1962, in vigore prima del concilio Vaticano II, la cosiddetta “Messa in latino”. Il secondo è la possibilità di usare una chiesa parrocchiale o di erigere una parrocchia personale per la celebrazione eucaristica secondo il rito antico. Su questi due punti, il vescovo locale non potrà più decidere senza il consenso romano».

Il vaticanista francese ricorda che, dopo la pubblicazione di Traditionis custodes (16 luglio 2021) che ritira alla Messa tradizionale il diritto di essere celebrata, riconosciuto da Benedetto XVI col Summorum Pontificum (7 luglio 2007), «diversi vescovi degli Stati Uniti, favorevoli ai tradizionalisti, in particolare nelle diocesi di Knoxville (Tennessee), Lake Charles (Luisiana), Portland (Oregon), Springfield (Illinois) e Denver (Colorado), si sono richiamati al Diritto Canonico e al canone 87, per contestare la decisione di Papa Francesco.
«Il canone 87 recita: “Il Vescovo diocesano può dispensare validamente i fedeli, ogniqualvolta egli giudichi che ciò giovi al loro bene spirituale, dalle leggi disciplinari sia universali sia particolari date dalla suprema autorità della Chiesa per il suo territorio o per i suoi sudditi, tuttavia non dalle leggi processuali o penali, né da quelle la cui dispensa è riservata in modo speciale alla Sede Apostolica o ad un’altra autorità”».

«Si tratta del punto trattato dal rescritto del 20 febbraio, firmato dal cardinale Roche e autorizzato da Francesco, che impedisce il ricorso a questo canone 87, poiché riserva solo alla Sede Apostolica ogni “dispensa” in materia liturgica».


Reazioni diverse: «bluff della sinodalità», «doccia scozzese», «intolleranza brutale» …

Questa decisione romana ha suscitato vive reazioni.
Ne La Nuova Bussola Quotidiana del 22 febbraio, Stefano Chiappalone oppone questo autoritarismo centralizzatore alla dichiarata pretesa di una più ampia sinodalità:
«Dalla Santa Sede arriva un nuovo colpo sottile al rito tradizionale, che deresponsabilizza maggiormente i vescovi: liberi di rifiutare, ma non di concedere.
«Nella Chiesa del Sinodo permanente è solo nei confronti della tradizione liturgica che si alzano muri che si dice di voler abbattere altrove. Mentre si parla ovunque di sinodalità, lasciando ad ognuno la scelta di vita che preferisce: “alla francese”, “alla tedesca” o “in salsa amazzonica”, la Santa Sede non transige su un punto: quella Messa non si deve celebrare».

E Chiappalone precisa: «Almeno adesso è scritto nero su bianco: i vescovi sono liberi, sì, ma solo di rifiutare, con tutto il rispetto per la sinodalità […]

«Rispetto alle voci su una Costituzione Apostolica (che potrebbe anche arrivare) o su un qualche altro documento più incisivo, questo breve rescritto arriva dolcemente, quasi in sordina, ma tocca una corda più profonda, lasciando nelle mani del cardinale Roche le possibili lacune residue per i fedeli e i preti legati alla liturgia tradizionale: Avete bisogno di preti? – Io non li autorizzo. La chiesa non parrocchiale più vicina è a 50 km? Io rifiuto la dispensa».

Stefano Chiappalone ironizza giustamente sull’incoerenza tra il discorso romano e la realtà dei fatti:
«La ricca molteplicità del poliedro è vinta dall’uniformità della sfera (per riprendere uno dei mantra più ricorrenti del linguaggio papale) col disprezzo per una sinodalità più proclamata che praticata, e anche per una “realtà superiore all’idea” (un altro mantra presente nella Evangelii gaudium n° 233).

«Dal 2021 si è ribadita l’idea – fissa ed anche antistorica – che la sola forma della lex orandi è la Messa postconciliare (la sola e unica, nemmeno la prevalente, la principale o l’“ordinaria”, ma la SOLA).

«E vi è una realtà che, in nome di questa idea, è deliberatamente calpestata e ignorata: la realtà dei fedeli reali e concreti, con le loro storie personali di ricerca e di conversione, che questo stesso rito ha spesso contribuito ad avvicinare alla Chiesa. Si tratta spesso di giovani, per i quali la liturgia tradizionale non è una nostalgia, ma piuttosto una gioiosa scoperta».

Il 21 febbraio, l’autore argentino del sito The Wanderer esprimeva il suo scetticismo sulla reale applicazione della decisione romana: «Ciò che fa il rescritto è togliere ancora più potere ai vescovi. Resta da vedere come i vescovi accoglieranno questo documento indipendentemente dal loro orientamento, poiché la Curia romana ingerisce in maniera evidente nel governo delle loro diocesi.

«Quale potere di polizia avrà il Dicastero per il Culto che permetta di fare applicare questa nuova prescrizione? Che farà ad un vescovo che, per esempio, assegna una chiesa parrocchiale per far celebrare la Messa tradizionale senza il permesso di Roma? Gli tirerà le orecchie? I vescovi non vogliono guai con i loro fedeli, quindi non obbediranno  facilmente ai capricci di un cardinale meno che mediocre.

«Sarà come quando un vescovo metteva delle difficoltà ai sacerdoti che volevano celebrare la Messa in latino: le lamentele andavano alla Commissione Ecclesia Dei, la Commissione chiamava il vescovo, e il vescovo continuava a fare quello che voleva, e nessuno faceva o poteva fare qualcosa contro di lui».

Più preoccupato il vaticanista del sito katholisches.info, Giuseppe Nardi, che lo stesso giorno scrive: «In fondo il rescritto non aggiunge molto di nuovo, aumenta solo la pressione sui vescovi diocesani, che all’occorrenza potranno essere accusati di disobbedienza e di non stretta applicazione. Dal punto di vista del gesuita che è Papa Francesco si tratta di un elemento di peso che potrà essere sanzionato senza pietà dai Superiori».

L’agenzia svizzera cath.ch del 22 febbraio riporta la perplessità dei vescovi diocesani messi in cortocircuito da Roma: «Alcuni vescovi rimangono oggi sconcertati dal modo in cui la Santa Sede interviene su questo dossier delicato. “Dal luglio 2021 è una doccia scozzese permanente”, dice un vescovo francese che si sente “spogliato della sua autorità” da Roma.
E ricorda che «Traditionis custodes ha dapprima provocato un arresto brutale. Poi, quando abbiamo incontrato il Papa in visita ad limina, ha insistito col dire che erano i vescovi più capaci ad accompagnare le situazioni caso per caso».
E il vescovo aggiunge, stupito e infastidito da quelli che percepisce come segnali contraddittori, «Alcune settimane più tardi abbiamo avuto le risposte ai dubia [dal cardinale Roche, il 4 dicembre 2021; NDR], che hanno indurito l’applicazione del Motu proprio e rafforzato il controllo di Roma con un contrasto totale. Poi è arrivato il decreto speciale concesso alla Fraternità San Pietro che aveva diritto a una deroga».
E il vescovo confessa: «Nel novembre scorso, nella sua lettera di introduzione all’Assemblea plenaria dei vescovi di Francia, il cardinale Segretario di Stato della Santa Sede, Pietro Parolin, ha insistito sul fatto che bisogna prendersi cura dei fedeli disorientati dal Motu proprio… Ed ecco che arriva un rescritto… che confusione!»

In un’intervista concessa il 24 febbraio al sito ispanofono Info Vaticana, il cardinale Gerhard Ludwig Müller, ex Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, descrive la decisione romana come una «intolleranza brutale» contro coloro che preferiscono la Messa tradizionale. Egli afferma che si tratta di una decisione «pastoralmente controproducente».
E non esita a segnalare che questa nuova disposizione «degrada i vescovi o gli Ordinari locali al rango secondario di meri richiedenti alla più alta autorità [cioè alla burocrazia del Dicastero per il Culto].
Il cardinale tedesco sottolinea che questa decisione «mina la responsabilità pastorale dell’episcopato» e «confonde il vero significato del Papato, che è di rappresentare e realizzare l’unità della Chiesa nella verità di fede e nella comunione sacramentale».
Infine, egli lamenta che «il riconoscimento dell’autorità papale non è rafforzato, ma indebolito a lungo termine», perché può dare l’impressione di una sorta di direzione autocratica».


Chi ha paura della Messa tradizionale?

Ne La Nuova Bussola Quotidiana del 27 febbraio, Luisella Scrosati invita gli ideologi a ritornare alla situazione concreta della Chiesa:
«Ogni persona, anche non molto dotata intellettualmente, è in grado di comprendere che la crociata condotta contro il rito antico, da Traditionis custodes fino al recente rescritto, non è altro che un desiderio di vendetta, una furia cieca e morbosa.
«Il constatarlo è semplice: la Chiesa cattolica si ritrova quasi esangue, con dei vescovi che inneggiano all’omosessualità, dei preti viziati che abusano delle religiose e sono protetti dalle più alte autorità, dei conventi chiusi con la forza, delle chiese e dei seminari sempre più vuoti, dei cattolici che fuggono dalla Chiesa.
«Se si esclude la Polonia, nei paesi occidentali la partecipazione alla Messa, almeno settimanale, è nettamente inferiore al 50%: l’Italia si situa vergognosamente al 34%, ma sembra fare bella figura nei confronti della Spagna (27%), dell’Austria (17%), della Germania (14%) e delle ultime due: la Francia e l’Olanda, dove alla Messa domenicale assiste un cattolico su dieci».

E la giornalista italiana constata molto giustamente che in un tale contesto allarmante «per i signori del Sant’Anselmo [il Pontificio Ateneo Sant’Anselmo di Roma dove insegnano gli ispiratori di Traditionis custodes – NDR] la liturgia deve essere qualcosa di molto teorico, poiché non guardano in faccia la realtà che affligge le nostre chiese; nonché di molto ideologico, vista la loro rabbia cieca contro i giovani, i bambini, le famiglie che, secondo loro, si ritrovano tutti etichettati di “oppositori del Concilio”, sol perché amano il rito antico».

Questo odio contro la Messa tradizionale non è solo teologico, può essere anche politico.
E’ quello che dimostra John Rao ne La Nuova Bussola Quotidiana del 18 febbraio:
«L’8 febbraio, l’FBI di Richmond ha divulgato un documento “classificato” (datato 23 gennaio), che in seguito ha ritirato, nel quale sono presi di mira i cattolici.
«Nel mirino ci sono in particolare i fedeli legati alla Messa tradizionale e alla recita del Rosario, associati a dei “pericolosi estremisti”. L’FBI ha dichiarato in seguito che il documento non era quello che sembrava essere, ma resta l’ombra di un uso strumentale dell’intelligence americana, con una tonalità anticattolica e allo scopo di sopprimere ogni dissenso nei confronti dell’amministrazione Biden».
E John Rao si felicita del fatto che i cattolici tradizionali siano «identificati per quello che sono: con la loro preziosa missione di soldati in prima linea nella lotta contro il terrorismo e con l’incredibile efficacia delle armi di cui dispongono e che sono state pubblicamente rivelate».

Con degli accenti da meditazione ignaziana sui Due Stendardi, Rao aggiunge:
«Adesso sappiamo che i terroristi irrazionali e ostinati che continuano a farsi passare per la sola voce legittima di una nazione divenuta folle, hanno capito che il loro cammino verso l’abisso è effettivamente sbarrato dalla Messa latina tradizionale, dal Rosario e da coloro che le seguono, totalmente devoti alla causa di Cristo Re. […]
«Le principali credenze, pratiche e devozioni cattoliche sono nuovamente nella sfera pubblica, non solo in ragione del loro impatto nella battaglia cruciale delle forze della vita contro le forze della mutilazione del corpo, dell’aborto e dell’eutanasia, ma anche nel conflitto fra la Città di Dio e la città dell’uomo».






aprile 2023
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