Celebrare da cattolici

di Elia


Articolo pubblicato sul sito dell'Autore: La scure di Elia

L'mmagine è nostra





Nostra autem conversatio in caelis est (Fil 3, 20).


Nella predicazione dei decenni immediatamente successivi al Vaticano II era frequente sentir dire, con queste o simili parole: «Ciò che è successo duemila anni fa è ancora significativo per noi oggi, nel XX secolo». Questa modalità di rapportarsi alla parabola terrena di Gesù Cristo dimostra che la si considera un fatto relegato in un lontano passato con il quale occorrerebbe ristabilire un qualche contatto in chiave soggettiva, sebbene collettivamente.
La Liturgia diventa così un esercizio della memoria effettuato in vista dell’attualizzazione psicologica di un trascorso felice che può tuttora, mutatis mutandis, infondere ottimismo e catalizzare energie in senso positivo. Tale procedimento è efficace, però, soltanto nel caso in cui vi partecipi un gruppo di persone legate sul piano umano e più o meno affiatate in attività comuni in cui si esprima l’identità che si son volute attribuire. In tal caso tutto resta strettamente ancorato al livello immanente di una velleitaria antropologia.

Nulla di più estraneo alla dottrina cattolica della Liturgia. Qui l’azione sacra è un fatto oggettivo la cui realtà ed efficacia, lungi dall’essere sospesa al grado di consapevolezza e coinvolgimento degli astanti, è assicurata dall’esecuzione stessa del rito, in quanto esso è di istituzione divina. L’agente principale è Gesù Cristo, che opera mediante il ministro ordinato. Mentre l’accoglienza della grazia è legata alle disposizioni di chi riceve i Sacramenti, la sua produzione è assolutamente certa, poiché quest’ultima non dipende dagli atteggiamenti soggettivi dei presenti, bensì da quell’evento passato di cui parliamo, che gli atti sacramentali rendono infallibilmente presente e operante nell’istante in cui sono compiuti. La morte e risurrezione dell’Uomo-Dio, avendo per soggetto una Persona divina, ha un’efficacia salvifica sovratemporale, la quale tuttavia ci raggiunge qui e ora grazie ai riti stabiliti dal Signore, che ha voluto in tal modo renderla fruibile in ogni tempo e in ogni luogo.

Novità o regresso?

Oggi, pur essendosi smorzata l’effimera euforia suscitata dalla cosiddetta riforma liturgica, non si è modificata l’erronea prospettiva di fondo, che col tempo si è anzi radicata e sclerotizzata fino al punto di diventare una nuova forma religiosa, come accaduto col protestantesimo, di cui mutua d’altronde convinzioni e prassi basilari, pur trasposte nella Liturgia cattolica.
Analogamente a quell’eresia, si è verificato un regresso al giudaismo, che sogna il futuro guardando a un passato prospero e felice (la liberazione dall’Egitto o la monarchia davidica) proiettato sull’avvenire. Tale sterile ripiegamento è esattamente l’inverso della dinamica cristiana, che a partire dalla Risurrezione di Gesù non si limita a vagheggiare un’èra beata, ma, sul fondamento certissimo della fede teologale, attende operosamente la Sua venuta nella gloria quale definitivo compimento dell’opera salvifica che già è stata completata nel Sacrificio redentore, pur dovendosi ancora estendere a tutti i predestinati.

Questo totale cambio di orientamento si ripercuote poi a molteplici livelli. La salvezza, limitata al piano della vita terrena, si secolarizza perdendo ogni mordente (soprattutto per motivare l’impegno nella rinuncia a quanto le si oppone) e riducendosi a mero benessere psico-fisico, in nome del quale si aborrisce anche la minima privazione o mortificazione. L’efficacia dei riti liturgici, in tale contesto, consiste nell’effetto emotivo provocato nei partecipanti e finisce col dipendere dall’abilità teatrale del celebrante, che si trasforma in attore. Anche la musica, coerentemente, assume lo stile proprio di uno spettacolo canoro o cinematografico, in cui la qualità dell’esibizione prevale sul contenuto reale, divenuto intercambiabile o addirittura indifferente. L’assemblea è il soggetto principale, di cui il prete deve accontentare tutti i capricci e le pretese, specie se è composta di giovani (o, più spesso, di non più giovani, rimasti fermi a un’epoca ormai tramontata).

Rinnovare per distruggere

Per realizzare una rivoluzione così radicale, era indispensabile, evidentemente, fabbricare un nuovo rito, appositamente pensato e costruito; attuarla con quello trasmessoci dall’antichità sarebbe stato semplicemente impossibile, visto che esso è tutto orientato in senso diametralmente opposto. Tale inversione da Dio all’uomo, in realtà, nascondeva un pervertimento ben più profondo, con cui i massoni infiltratisi nel governo centrale della Chiesa hanno inteso fare in modo che il culto reso al Creatore fosse dirottato verso l’angelo ribelle. Quest’ultimo ha comunque avuto agio di ricondurre i cristiani sotto il suo dominio e la sua influenza proprio con l’illuderli di essersi liberati da una forma religiosa sorpassata e repressiva che li avrebbe privati della gioia di vivere. Pur senza ignorare le deformazioni educative del passato, non possiamo tuttavia non prendere atto dell’abilità con cui i suoi servi, facendo leva sul disagio spirituale di molti cattolici e su un malinteso concetto di obbedienza, hanno elaborato e imposto il loro piano luciferino.

Mancava però l’ultimo detonatore di questa demolizione programmata: un evento, cioè, capace di abbattere anche gli ultimi ruderi di sopravvissuta religiosità. A questo è servita, fra l’altro, la frode planetaria denominata pandemia, in nome della quale gran parte della gerarchia cattolica si è fatta attiva complice di un’inaudita violazione delle libertà garantite dal diritto naturale, a cominciare da quella di rendere a Dio il culto dovutogli. Benché siano già passati tre anni e si tenda a dimenticare quanto avvenuto, noi intendiamo mantenerne ben vivo il ricordo a salutare monito per il futuro. In quella circostanza molti Pastori, anziché esporsi per difendere i diritti divini e quelli del gregge, si prodigarono in dichiarazioni assolutamente incoerenti con la fede cattolica: udimmo che, se le chiese eran chiuse, si poteva pregare a casa; che i Sacramenti non sono poi così necessari; che la salute del corpo è più importante di quella dell’anima… e così di questo passo.

Tutto ciò dimostra all’evidenza che siamo di fronte ad un’altra religione che consiste unicamente nell’azione umana, come trapela chiaramente dall’equiparazione del culto pubblico alla preghiera privata, dalla riduzione dei Sacramenti (in chiave luterana) a meri gesti che ravvivano la fiducia, dall’appiattimento sull’immanenza e dalla concentrazione esclusiva sulla dimensione sociale.
Nel 2020 Gesù fu di nuovo venduto per trenta denari: pur di non perdere i contributi statali al gigantesco affare dell’accoglienza, un funzionario della conferenza episcopale, benché non avesse alcun titolo per trattare col governo, accettò che ci fosse tolta la Pasqua. Quell’ignominioso baratto della più sacra delle feste in cambio di soldi non si cancellerà mai dalla nostra memoria, neppure dopo che il Giudice divino avrà cancellato dalla faccia della terra quella squallida cricca di faccendieri travestiti da preti che coi loro tradimenti Lo disonorano continuamente in modo intollerabile.


Umiltà, gratitudine e fiducia

Il giusto sdegno, nondimeno, non deve farci perdere di vista il fatto che, se camminiamo sulla strada buona, è per pura grazia; tale viva consapevolezza ci preservi perciò dalla superbia e ci mantenga in quell’umiltà che sola si addice ai veri discepoli di Cristo, alimentando nei loro cuori una costante e smisurata gratitudine.
Grazie a Dio, la celebrazione della Pasqua non è stata per noi una nostalgica rievocazione o un’artificiale autoeccitazione che, esauritosi lo stimolo iniziale, ha ripiegato su vuoti proclami di propaganda socio-politica in salsa marxista; essa è stata l’attuarsi nel presente di quanto avvenuto nella Persona di Gesù, Verbo incarnato, al quale siamo realmente (non idealmente o, ancor meno, emotivamente) congiunti nell’unità di un solo Corpo. Tutto ciò che fu prefigurato nell’Antico Testamento – come indicano le orazioni annesse alle profezie della grande Veglia – si realizza oggi per noi, mediante la fede e la grazia, in modo ben più elevato e perfetto.

Gli stessi miracoli compiuti dal Salvatore, come risulta dalla scelta dei Vangeli per i singoli giorni della Quaresima, non furono altro che un preannuncio esplicativo di ciò che Egli avrebbe fatto per noi nei Sacramenti. Noi non Lo seguiamo affinché ci guarisca fisicamente e ci liberi dai mali della vita terrena (come in quell’altra forma di regresso al giudaismo che è il movimento carismatico), bensì perché ci guida alla vita eterna, che è già iniziata nel Battesimo; in vista di essa sopportiamo volentieri le malattie e ogni altra sofferenza, a meno che il Salvatore non voglia eventualmente sollevarcene per ravvivare la nostra fede o per pura misericordia.
La Liturgia tradizionale ci colma di una forza sovrumana e ci fa pregustare il Paradiso, per il quale siamo pronti a pagare qualsiasi prezzo, come i Martiri di ogni tempo. Nessuno al mondo potrà mai toglierci questo tesoro, per il semplice fatto che appartiene a Cristo ed è bene inalienabile della Sua santa Sposa.






aprile 2023
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