PRIMO BILANCIO
Pontificato Francesco I


GESTUALITA’, CAPOVOLGIMENTO, DOTTRINA


di L. P. (Prandianus)



Se proprio si voglia tirar giù una ricognizione, o un primo bilancio, sul pontificato di Papa Francesco I, relativo a questo breve periodo trascorso dalla sua elezione ad oggi, vien da dire, senza tema di smentita, che nel suo “essere Pontefice”,  e nel rapporto con la comunità cattolica mondiale  la sua gestualità, corredata da relativo linguaggio, prevalga sull’espressione autentica di dottrina. Mentre in questo secondo aspetto il Papa vagamente cataloga idee di sempre -  quelle che la Chiesa ha, nel corso della sua storia, formulato ed applicato quali: la povertà di spirito, la preghiera, l’evangelizzazione -  e idee nuove - maggior apertura al mondo, più stretta collaborazione con le confessioni extracristiane ed atee, riforma degli organi curiali -  il primo aspetto, la gestualità cioè, rappresenta la parte cospicua e significativa con cui Francesco I si è, fino ad oggi, caratterizzato davanti  all’opinione mondiale. E ciò non appaia argomento banale poiché la gestualità ha sempre rappresentato un particolare codice semantico e un linguaggio vero e proprio che, inserito nel contesto cattolico, teologico e ritualistico, diventa “liturgia”.

Ecco: i gesti di Papa Francesco I stanno imponendosi come segni, segnali e momenti  di una novella liturgia che, col battere della grancassa mediatica mondiale, si avvierà a trasformarsi quale “modus operandi” riferito a un suo “modus credendi”.

Parlammo, in un precedente scritto, del saluto “sportivo”, dato a pollice ritto su pugno chiuso – sostitutivo del santo segno della Croce -  così come abbiamo, su queste colonne di UNA VOX, espresso il nostro stupore, ed ancor più, l’indignazione per il carattere mondano e domestico - buona sera, buon pranzo, buona giornata -con cui il Papa si rivolse, e si rivolge ancora, alla cristianità con l’adottar espressioni affatto lontane dal suo essere Vicario di Cristo.
Giorni or sono (Il Giornale 2/4/2013), nell’udienza generale tenuta nella “Sala Paolo VI”, Sua Santità, allo scopo di viepiù espandere e tipizzare il suo modo d’essere e caratterizzare il suo messaggio pauperistico, ha indossato una talare bianca  piuttosto corta  evidenziando, così, oltre ai pantaloni neri -  con l’impressione  di gratuita, seppur studiata, negligenza -  le scarpe con lacci al posto delle tradizionali rosse, quelle che, lo si sappia, sono il pietoso richiamo ai piedi forati e sanguinanti di Gesù, quelle che significano il cammino della Chiesa sulla strada  dei martiri.
I massmedia, concorde coro, hanno sottolineato il simbolismo rivoluzionario di questi gesti e vi hanno visto il richiamo a una “chiesa primitiva”, povera e mendicante, quella che dovrebbe camminare nel mondo a piedi nudi, come se i santi apostoli e  i santi missionarii non abbiano, nel corso della sua bimillenaria storia, attraversato  terre e navigato per mari annunciando Cristo e il Vangelo, come se la Chiesa anteconciliare sìasi sempre ridotta ad uno splendido isolamento, inerte e fastosa.
Dal che non ci sembra azzardato ipotizzare un prossimo futuro durante il quale il sacerdote salirà all’altare, al rito del Sacrificio, in abiti ordinarii  come “uno dei tanti”, dopo che la stampa ha definito Papa Francesco I come “quello della porta accanto”.

Sempre nei giorni scorsi, per l’esattezza domenica 17 aprile (Il Giornale 18/4/2013), Sua Santità – absit injuria verbis! – ha dato di sé ulteriore immagine di Papa democratico e liberale col metter su un siparietto niente affatto consono alla sua dignità e al ruolo che rappresenta, di connotazione, cioè, festaiola,  banale e insipida ma, tuttavia, accolto come epifanìa di un nuovo Vangelo, ma nient’altro che qualunquismo e umanesimo populista.
Durante il giro sull’auto “campagnola” (la ex papamobile) in piazza San Pietro, egli ha fatto sosta per ricevere, dalle mani di un fedele, uno zucchetto bianco che ha scambiato col suo, quasi si trattasse di una gara sportiva dove gli atleti si scambiano gagliardetti e magliette da mettere in bacheca come trofei o, nel caso di specie, come reliquie di un futuro “santo subito”. La stampa è andata in solluchero definendolo “Francesco l’inarrestabile”, autore di un “fuori programma che farà impazzire la sicurezza”.
Stessa scena si è ripetuta sul sagrato della basilica, durante l’incontro con un sacerdote. Se poi si aggiunge a tale gestualità da stadio – che svilisce, impoverisce e erade il carattere di santità e di sacralità di che s’informa la persona del Papa – se si aggiunge, dicevamo,  anche l’uso di un linguaggio di stampo sessantottino/canzonettaro con esortazioni rivolte ai giovani quali: “sognare in grande” o “andare controcorrente” – variante del famoso  “la fantasìa al potere!” - appare in quanta misura il degrado corrosivo, interno alla Katholika, stia vertiginosamente aumentando in virulenza ed efficacia, in ossequio al detto medievale: “motus in fine velocior”.

I giovani, Santità, stia tranquillo, vanno da tempo controcorrente  dacché, se Cristo è la mèta e la direzione vera e giusta, e vera e giusta è la strada che porta a Lui, essi  col frequentar discoteche, assumere stupefacenti, praticare la trasgressione culturale e sessuale  giocando con la vita, offrendosi al satanismo – è di poche ore la notizia che, nella mia cittadina, un’orda di giovinastri ha profanato tombe e loculi cimiteriali con graffiti esoterici e blasfemi – vivendo alla giornata nella cerca dello sballo, del piacere e della visibilità mediatica,  dimostrano concretamente di camminare al contrario, di “andar controcorrente”, come Lei ha così entusiasticamente indicato.

Sognare in grande” è concettualità  e pedagogia narcotica che Lei, Santo Padre, dovrebbe lasciare ai vari cattivi maestri – filosofi, giornalisti, artisti, politici - che, dal 1968 ad oggi, lavorano al disfacimento sociale, etico e religioso con l’imporre moduli relativistici, scettici e libertini. Cattivi maestri che hanno creato la cosiddetta società del divertimento - parchi giochi, villaggi di turismo sessuale, spaccio e consumo di droga, piccoli e grandi fratelli - come bene ne analizza contenuti e dinamiche Peter Ahne (La festa è finita: basta con la società del divertimento – Ed. Marsilio 2006).
Ben altro doveva essere il suo invito, ben altra la direzione da seguire, quella cioè che porta alla preghiera, alla devozione, alla castità, all’umiltà, all’amore fraterno, al rispetto, al decoro della famiglia, alla vita spirituale. Ma si sa: questa strada è angusta, ripida e difficile oltre che stretta. “Sognare in grande!” è più semplice e nulla costa, ma è anche un tradire il comando di Gesù a diventare piccoli, a rinascere di nuovo, come il Maestro buono insegna a Nicodemo: “Oportet vos nasci denuo” (Joh. 3,7).
Altro che entusiasmo, euforìa prometeica, ulissismo vitalistico  o propositi di arrembaggio!

Non il sognare, Santità, è l’antidoto alla malattìa di questo secolo,  ma l’essere dèsti e vigili perché non sappiamo e  il giorno e  l’ora (Mt. 24, 42); non il sognare futuri costruiti sulla sabbia, ma il realizzare, nella roccia della consapevolezza e della fede, il disegno che Dio ha concepito per ciascuno di noi, per ciascuno dei giovani ai quali Lei ha rivolto l’esortazione. Ma il mondo che l’ha applaudito è un mondo con una società la cui nota, il cui stile culturale si informa e si distingue per un “carpe diem” obituario e cinico, per un  acceso e spregiudicato edonismo, per un programmato suicidio spirituale e fisico di massa e, soprattutto, per un veemente attacco alla Chiesa cattolica, apostolica e romana da parte delle forze massonico/illuminate quali le consorterie oligarchiche finanziarie – George Soros e il blasfemo comitato “Femen” – la comunità internazionale omosessuale, l’industria cinetelevisiva, la protervia atea dell’Europa che si qualifica sempre più come tirannia democratica, le centrali  di bioingegnerìa ove si celebrano i riti folli di Faust, le cliniche ove si sopprime l’innocente ancora in grembo. 

Possiamo sperare che, in simil contesto, e con sì fatte manifestazioni di pensiero “debole” e superficiale, possa levarsi  dal Vicario di Cristo, dal Successore di Pietro e dal Vescovo di Roma, un monito severo, un richiamo all’ordine, specialmente per quei presuli – diciamoli: mons. Vincenzo Paglia, mons. Piero Marini, padre Federico Lombardi – che, da qualche tempo stanno facendo propria, pur tra sofistici e farisaici distinguo, l’accettazione di molte istanze moderniste tra cui quella delle coppie omosessuali? 

Noi, purtroppo, non ci aspettiamo niente di questo, se è vero che, secondo quanto riferisce l’ex padre Leonardo Boff in un’intervista alla rivista Der Spiegel (17 marzo 2013):
Papa Francesco è più liberale di quanto non si pensi… sui temi come contraccettivi, celibato dei preti e omosessualità, Bergoglio, da cardinale, ha seguito una linea conservativa solamente per le pressioni del Vaticano… Un paio di mesi fa, per esempio, egli approvò che una coppia omosessuale adottasse un bambinoAdesso egli è Papa e può fare tutto quello che vuole”.

Se – horresco referens! - è vero quanto sopra riportato (Chiesa Viva,  Maggio  2013 n. 460 pag 4 ; edizioni Effedieffe ; internet e altre numerose testate ed agenzie ) e non v’è ragione di dubitare, non resta che pregare perché il Signore Iddio abbia pietà di noi tutti e non stenda il suo pesante braccio della condanna, quel braccio che Maria Santissima, ai bambini de La Salette, disse di non poter ulteriormente fermare.

Miserére nostri, Dómine, líbera Ecclésiam  Tuam  a  peccatis  pastórum ejus!





maggio 2013

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