Il modernismo,

ossia

L’«ERESIA madre di tutte le eresie»


di Don Curzio Nitoglia



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L’«eresia madre», ossia il modernismo e il neo/Modernismo
 
Occorre distinguere il modernismo classico, condannato da S. Pio X nel 1907 dal neo/modernismo, la nuova teologia o il “progressismo” (1), che fu condannato da Pio XII nel 1950 (2).

Il progressismo accentua le caratteristiche del modernismo “eresia per eccellenza”; quindi, può essere definito come la «super eresia radicale e totale».

Il progressismo o il “neo/modernismo” sta al “modernismo classico”, come il nichilismo filosofico o la postmodernità sta all’idealismo filosofico o alla modernità.

Ora, la postmodernità filosofica non solo pretende che Dio sia il prodotto del bisogno del sentimento umano (Kant), ma addirittura vorrebbe “uccidere” Dio (Nietzsche, Freud e il Sessantotto).

Mentre, la postmodernità teologica - col Vaticano II - ha tentato (specialmente con la Costituzione Gaudium et spes) di conciliare l’inconciliabile, tramite una “svolta antropologica” (3), che cerca di far coincidere teocentrismo e antropocentrismo e di assorbire Dio nell’Uomo ma, s. Agostino ci ricorda: “O Dio o l’Io, tertium non datur”.

Perciò, non si può spiegare la catastrofe teoretica e morale conciliare senza un certo influsso preternaturale e un complotto delle sette infernali capeggiate dal giudaismo postbiblico (4), come vedremo meglio oltre.

Il nome modernismo è stato usato da S.  Pio X nel Decreto Lamentabili (3 luglio 1907) (5), nell’Enciclica Pascendi (8 settembre 1907) (6), nell’Allocuzione Relicturus Ecclesiam (16 dicembre 1907) (7) e nel “motuproprio” Sacrorum antistitum (1° settembre 1910) (8), infine nell’Allocuzione Il grave dolore (27 maggio 1914) (9).

Papa Sarto individua, in questi “Atti magisteriali”, due caratteristiche principali e fondamentali del modernismo: 1°) la filosofia soggettivista applicata alla Religione rivelata; 2°) il disprezzo della Tradizione apostolica, fonte della Rivelazione assieme alla S. Scrittura (p. 8) (10) .

L’infatuazione per la modernità da parte dei modernisti ha comportato 1°) l’accettazione del soggettivismo, del relativismo e dell’immanentismo della filosofia del mondo moderno, che va da Cartesio sino a Hegel; inoltre 2°) dal punto di  vista della teologia, ha comportato la rottura con la dottrina e la pratica della “Chiesa pre/conciliare”, come la chiamano i modernisti stessi (v. card. Benelli Segretario di Stato di Paolo VI, estate del 1976 e poi anche il cardinal Kasper, 2012).

Tuttavia, di fronte a quest’infatuazione dei chierici per il mondo moderno, cosa dà in cambio il mondo agli uomini di Chiesa? Tutto! Sì, proprio tutto (“omnia tibi dabo”), ma a una condizione: “Si, cadens in terram, adoraveris me” (Mt., IV, 8-11).

Marcel De Corte spiega, “il prezzo da pagare al mondo è l’identificazione del cristianesimo alla democrazia moderna, al liberalismo (11), al socialismo, al culto dell’Uomo, al principio di contraddizione, […] alla Rivoluzione. Così il Vangelo secolarizzato si trasforma in teologia della liberazione o in strumento di Sovversione” (p. 91 e 94).

Tuttavia, il mondo promette e non mantiene. Dunque, «gli uomini di Chiesa avranno un bel “farsi amabili”, cedendo continuamente allo spirito del mondo, ma non saranno mai amati né dal mondo e quel che è peggio neppure da Dio, come diceva Dante: “A Dio spiacenti e a li ‘nimici sui”» (M. DE CORTE, p. 123).

Dall’apostasia modernista all’Anticristo

Un’altra caratteristica inquietante del modernismo, che fu messa a fuoco da papa Sarto sin dalla sua prima Enciclica (E supremi Apostolatus cathedra del 4 ottobre 1903 (12)), è il culto dell’Uomo, “che è il segno distintivo del regno dell’Anticristo” (ivi).

Marcel De Corte riprende tale tema e scrive che negli uomini di Chiesa imbevuti di modernismo “oramai il nome dell’Uomo subentra a quello di Dio, il culto dell’umanità di Gesù Cristo a quello della sua divinità” (p. 11). Paolo VI stesso, ne era ben conscio, ma incoscientemente senza reagire; anzi continuando a incensare l’Uomo (13), aveva contraddittoriamente parlato nel 1968 di “ateismo cristiano, della teologia della morte di Dio, di demitizzazione e secolarizzazione” (v. M. DE CORTE, cit., p. 12), disapprovandole a parole ma canonizzandole nella pratica e con i fatti. De Corte, profondo conoscitore soprattutto di Aristotele ed anche di San Tommaso d’Aquino nota anche le deviazioni del modernismo sociale o politico e l’influsso benefico della cooperazione in subordinazione gerarchica dei fini (temporale/spirituale) tra Società civile e Società ecclesiastica.  


Il modernismo sociale in concreto: la democrazia “cristiana”

Se l’inizio del male modernista è teoretico: l’agnosticismo soggettivista, ossia il rifiuto di vedere le cose per quel che sono realmente; il termine del processo di “modernista/zione” è sociale, cioè la costruzione di una “nuova cristianità”, ove tiranneggia l’«opinionismo» collettivo e la volontà di potenza dei cattivi pastori/mercenari (cfr. M. DE CORTE, p. 100), che non combattono più il lupo, “non solo fuggendo, ma anche tacendo” (S. GIOVANNI CRISOSTOMO, Commento in Johannem, X, 12). Ma siccome la nuova cristianità nata dalla nuova religiosità modernistica è “ideale” o “immaginaria”, dacché è un prodotto dell’Idea o del Sentimento dell’Io assoluto delirante, e, non è reale, allora “il crollo della religiosità sentimentale/modernistica e della nuova cristianità [idealistico/maritainiana] delle nuvole è inevitabile” (M. DE CORTE, p. 101) (14). 

«L’intelligenza umana s’innalza più facilmente verso Dio e riconosce meglio la sua dipendenza da Lui, quando si trova a vivere in una società umana, in cui vale la nozione del legame naturale. Nelle comunità naturali o semi-naturali, come la famiglia, la professione, la patria, dove si manifesta la dimensione verticale tra figlio e genitori, apprendista e artigiano, cittadino e governante, lì l’intelletto umano attinge l’abitudine  e la conferma del rapporto di tutte le cose con la loro causa e infine con una Causa suprema. […]. L’uomo è per natura un “animale razionale e socievole”, questi due aspetti procedono assieme, le vie della ragione naturale son parallele a quelle che conducono alla vita sociale (15). L’intelligenza umana ha bisogno per l’esercizio delle sue capacità più nobili di una cornice o di un habitat naturale che aiuti la capacità naturale dell’intelletto di elevarsi dagli effetti alla Causa prima, che è Dio. La natura aiuta l’intelletto a costatare la sua dipendenza da qualcosa che non è opera sua, bensì di un Ente trascendente. La politica o vita sociale naturale aiuta l’intelletto della singola persona a costatare che l’essere umano nasce, cresce e si perfeziona non da solo, ma nelle varie comunità, le quali gli ricordano che non dipendono dal suo capriccio o arbitrio, ma che lui appartiene a un ordine che lo oltrepassa e da cui dipende. Natura e grazia non sono contrapposte, anzi “la grazia presuppone la natura e la perfeziona” (16) , così se la società naturale è sana  aiuta l’intelletto naturale dell’individuo umano a ben ragionare. Le epoche storiche di maggior acume filosofico/teologico son quelle in cui le fondamenta naturali delle città o polis e della società civile erano più stabili e solide. Non a caso i sofisti, che furono i primi relativisti e soggettivisti o agnostici, corruttori dell’intelletto umano, apparvero in momenti storici in cui le basi della società greca cominciavano a vacillare. Le loro teorie sociali, che avanzarono di circa 2000 anni quelle di Rousseau, facevano dipendere la società non dall’ordine naturale, ma dalla convenzione umana, contribuirono alla rovina totale della polis greca antica» (pp. 15-17).

Giustamente Donoso Cortès scriveva: “Dopo gli errori filosofici vengono le eresie e dopo le eresie è il turno dei boia e delle rivoluzioni civili” (Saggio sul principio generatore del liberalismo e del socialismo). La società e la retta ragione si aiutano o si distruggono vicendevolmente, come il corpo e l’anima, la natura e la grazia, l’intelletto e la volontà. Queste “coppie” non vanno divise e contrapposte, ma distinte e unite.


Moto uniformemente accelerato del modernismo
da Giovanni XXIII a Francesco


Purtroppo il modernismo, divenuto neo/modernismo, ha invaso e conquistato l’ambiente ecclesiale sino al vertice, partendo dal 1959, avanzando in “prima marcia” con Giovanni XXIII, passando alla “terza” con Paolo VI, schiacciando a tavoletta in “quarta” con Giovanni Paolo II, mostrando un’apparenza di scalata riduttiva in “terza” con Benedetto XVI per giungere, nell’ottica leniniana dei “due passi avanti e uno indietro”, in volata con la “quinta” al traguardo del parossismo ultra/modernista con Francesco dopo il quale non resta che lo schianto, come dopo lo “sballo” del sabato sera dei poveri nostri giovani ridotti a larve umane dalla mancanza d’ideali, certezze e dall’uso di droghe e alcolici.

L’allucinazione idealista e modernista non può non portare allo schianto dello sballo post/modernista e nichilista. 


Democraticismo moderno e modernismo sociale

La democrazia moderna, il catto/liberalismo o il modernismo sociale negano la gerarchia, l’ordine, la finalità, l’Ordinatore primo e supremo. Il principio rivelato in San Paolo “non est Auctoritas nisi a Deo” è rivisto e ribaltato soggettivisticamente e immanentisticamente così: “Non est Auctoritas nisi ab homine”.
S. Pio X nella Lettera di condanna del Sillon (la democrazia-cristiana francese (17)) di Marc Sangnier (Notre charge apostholique, 25 agosto 1910), la quale riprende l’Enciclica Graves de communi re di Leone XIII (18 gennaio 1901),  spiega che la democrazia moderna è fondata sull’autonomia dell’individuo da ogni autorità anche divina, sull’emancipazione non solo sociale/politico-economica, ma anche intellettuale, filosofica e teologica. Perciò, essa porta alla rottura di tutti i vincoli sociali, di ogni gerarchia tra le creature e di ogni rapporto con il Creatore.

«Ogni ordine e ogni precetto sarebbero un attentato alla Libertà assoluta dell’individuo. La subordinazione a un ente superiore sarebbe una diminuzione e uno svilimento dell’uomo, e, l’obbedienza non sarebbe più una virtù ma un difetto. Tutti gli uomini sono totalmente eguali [senza differenze accidentali], ogni diversità sarebbe un’ingiustizia. […]. La vera personalità umana è quella cosciente di sé, forte, indipendente, autonoma, senza maestri né autorità, ma che obbedisce solo a se stessa. […]. La democrazia moderna è un sogno che trascina l’uomo “cieco guidato da un altro cieco” sulla via dell’illusione dove l’attende la fossa dell’errore e della passione disordinata” (ivi). De Corte definisce, perciò, la democrazia moderna «l’organizzazione della disorganizzazione, ossia un cerchio quadrato, una “dis/società” di “dis/gregazione” sociale, che nega i vincoli reali orizzontali tra creature e verticali con il Creatore» (pp. 22-23).


La fine delle Patrie europee e il “Nuovo Ordine Mondiale”

La fine delle Patrie era stata prevista da S. Pio X e la prima grande guerra ne è stata il preludio e il trampolino di lancio verso il Mondialismo globalizzante. Marcel De Corte commenta: “La Patria o la Nazione (dal latino nasci /nascere) non c’è più (18). È rimasto un pulviscolo d’individui dispersi, separati, chiusi autisticamente ognuno nella propria soggettività assoluta, che i manipolatori dello Stato moderno tentano di globalizzare, nello stampo di una medesima in-coscienza e opinione immaginaria e soggettiva” (p. 25). 

Purtroppo, questa previsione del 1969, oggi (2014) si è quasi totalmente realizzata. Basti pensare alla Siria e all’Ucraina, vero e proprio “ultimo assalto” del Nuovo Ordine Mondiale demo/pluto/giudaico/massonico contro il Vicino Oriente (Libia, Tunisia, Palestina, Egitto e Iraq) e Medio Oriente (Russia di Putin e Iran vs Ucraina) non ancora travolto dalla valanga del liberalismo democraticistico atlantico.


Le Conclusioni pratiche dei princìpi modernisti

All’origine della crisi della società civile e di quella religiosa, secondo S. Pio X, vi è un male intellettuale, che ha delle conseguenze pratiche (“nihil volitum, nisi praecognitum”; “agere sequitur esse”) l’agnosticismo soggettivista e relativista.
Esso comporta tre deviazioni: 1a) la rottura dei vincoli metafisici e morali, che legano l’uomo “animale razionale” al Creatore; 2a) la rottura dei legami sociali, che uniscono gli uomini “animali politici” tra di loro; 3a) infine, queste due cesure agiscono tra di loro vicendevolmente e ά) l’errore metafisico, che nega la trascendenza di Dio e la “creaturalità” dell’uomo comporta un disordine sociale tra gli uomini stessi; mentre β) l’errore politico, che nega la naturale socievolezza dell’uomo comporta una deficienza metafisica della  capacità raziocinativa umana nel risalire dagli effetti alla causa, dalle creature al Creatore, dalla natura all’Autore della natura. Infatti, “l’uomo è per natura e assieme animale razionale e sociale”, capace di conoscere la verità e fatto per vivere assieme agli altri o in società (19) (familiare, politica e religiosa). Quindi, se si diminuisce la ragionevolezza umana, ne risente la sua socievolezza e viceversa se si rovina la socievolezza dell’uomo, ne risente anche la sua ragionevolezza e soprattutto quella verticale o teologica naturale, che lo mette in rapporto con la Causa prima (DE CORTE, p. 26). 

L’errore teorico/dogmatico del modernismo e quello pratico/politico della democrazia moderna, hanno la stessa fonte: “Il ripiegamento incestuoso dell’uomo su se stesso, la proclamazione della sua autonomia radicale (“eritis sicut Dii”), il culto dell’Io a livello filosofico/individuale e morale/sociale. Infine, il naufragio della ragione e anche della fede” (M. DE CORTE, ivi). Da certi princìpi ne seguono immancabilmente determinate conclusioni. Per esempio se l’uomo è un assoluto, deve vivere per adorare se stesso (immanentismo/democraticismo), invece se l’uomo è contingente, deve dipendere da un Essere necessario, che è Dio (trascendenza/gerarchia).

Il soggettivismo distrugge ogni stabilità, ordine, tranquillità individuale e sociale. Nell’aspettativa del modernismo dogmatico e sociale, non vi è più verità permanente, la quale è “la conformità del pensiero alla realtà” (Aristotele). Ora, il modernismo, come il soggettivismo (cartesiano, kantiano e hegeliano), ha rotto con la realtà extramentale. Perciò, la verità reale e oggettiva non esiste più, ma coincide con la mia idea della realtà.  Politicamente, scrive S. Pio X condannando il Sillon o democrazia-cristiana francese, il relativismo soggettivista provoca una “rivoluzione permanente”, che genera un “vasto movimento di apostasia organizzato in tutti i Paesi per stabilire una contro-chiesa universale senza dogmi né gerarchia divinamente istituita, ma una tirannide umanamente imposta, che mediante l’astuzia e la forza (20) opprime i deboli e i poveri, assieme ad una sfrenatezza morale sotto il pretesto della libertà e della dignità assolute della persona umana” (Notre charge apostolique, 25 agosto 1910).

L’eresia totale modernista partendo dal soggettivismo nega la Trascendenza divina e poi arriva a mettere al posto di Dio l’Uomo. Questa conclusione del soggettivismo è definita da S. Pio X col nome di “immanentismo”, ben distinto dall’onnipresenza/trascendente di Dio infinito nel mondo finito.
Immanentismo significa che Dio coincide col mondo, che Egli fa una sola cosa con esso e con l’uomo, è in breve il panteismo, che è una forma mascherata e ipocrita di ateismo, non avendo l’ardire di negare l’esistenza di Dio si parafrasa asserendo che Dio e il mondo sono la stessa cosa, ossia che l’Uomo è “dio”! Quindi, Dio lo si trova nell’Io, nel “bisogno” umano, o nella coscienza e persino nel subconscio dell’uomo, Egli è un “prodotto” del sentimentalismo, dell’irrazionalità, dell’«esperimentalismo» e del “bisogno” umano. Dio non rivela più le verità soprannaturali all’uomo, ma è l’uomo che le scopre in sé o meglio nelle sue idee che si forma su Dio.

L’idealismo applicato al dogma ecco il cuore del modernismo. Il nichilismo che distrugge la religione e Dio ecco il neo/modernismo, il quale può avere (secondo le circostanze storiche in cui si trova ad agire) una marcia iniziale lenta (Giovanni XXIII), poi una più accelerata (Paolo VI/Giovanni Paolo II), quindi una apparentemente ridotta (Benedetto XVI, che ha dichiarato nel febbraio del 2014 di concordare pienamente con le idee di papa Bergoglio (21)) e infine una acceleratissima, che non tiene alcun conto delle “norme” di “sicurezza stradale”, ma corre con un “motus in fine velocior” verso lo schianto finale dopo cui solo l’Onnipotenza divina, alla quale siamo chiamati a cooperare, potrà porre un rimedio.

Marcel De Corte ne deduce che la conseguenza individuale e sociale non tarda a mostrarsi. Tra questo Io che pretende di coincidere con Dio, e Dio stesso, la distinzione si dilegua rapidamente. Dio, o meglio l’Idea che l’idealista si forma di Lui, infine non resiste all’Io. Infatti, non è la realtà che si trova nel pensiero dell’Io assoluto del filosofo idealista, ma solo l’Idea della realtà. Quindi l’Idea di Dio svanisce di fronte alla realtà dell’Io assoluto. Più esattamente l’Idea di Dio è assorbita dall’Io assoluto, che insidiosamente si divinizza come tentò di fare Lucifero, nell’utopia del culto dell’Uomo.

Alla fase individualistica o liberale della modernità segue quella collettivistica o comunista, nella quale è la massa che assorbe l’Io in un Noi collettivo, che cerca di deificarsi nell’utopia dell’Umanità, la quale invece di sottomettersi a Dio fa di se stessa il proprio “dio”, come scrivevano impavidi e imperterriti Tyrrel e Loisy” (p. 31) (22) . Dall’Io assoluto si giunge alla ‘Repubblica’ e al ‘Tempio universale’, decisi nei piani delle retro-logge massoniche. L’antropocentrismo del Vaticano II (specialmente di Gaudium et spes) (23) è il propulsore a-teologico del ‘Nuovo Ordine Mondiale’ politico, il quale è il “Regno sociale di satana”, che sta trovando in questo anno 2014 la sua definitiva ultimazione o rovina. Dopo di che sarà l’ora del “Regno sociale di Cristo”, occorre bere l’amaro calice sino alla feccia per risorgere fino alle stelle, “per aspera ad astra”, dicevano gli antichi Romani, “per Crucem ad Lucem”, dice il cristianesimo integrale attaccato dal virus modernista, che tuttavia “non prevarrà”.

San Giovanni l’Evangelista nella sua Prima Epistola (II, 14) ha rivelato: “Mundus transit et concupiscientia ejus. Qui autem facit Voluntatem Dei manet in aeternum”.  Noi dobbiamo solo aver fede, pazienza e speranza e attendere il trionfo del Cuore Immacolato di Maria e del suo divin Figlio. Da questa filosofia nuova o moderna nasce una religiosità nuova (BUONAIUTI/LE ROY/TYRRELL/LOISY, Il Manifesto dei Modernisti, 1910), un ambiente ecclesiale aggiornato (Giovanni XXIII, L’aggiornamento nella Chiesa, in “Gaudet Mater Ecclesia”, 1962) e una società rinnovata (J. MARITAIN, La nuova Cristianità, ne L’Umanesimo integrale, 1936).


Il modernismo più che un’eresia è un’Apostasia

Anzi, come ha spiegato S. Pio X nel Decreto Lamentabili, non vi è nulla del cristianesimo che non sia toccato e sporcato dal modernismo: 1°) la filosofia scolastica è abbandonata per quella moderna; 2°) la teologia speculativa diviene storia del pensiero dei vari teologi; 3°) la storia ecclesiastica è insegnata storicisticamente e non alla luce della teologia della storia; 4°) il dogma è in perpetua evoluzione; 5°) la morale non è più oggettiva ma è la “nuova morale soggettiva o della situazione” (24); 6°) la liturgia da teocentrica deve divenire antropocentrica; 7°) il governo della Chiesa non deve essere più monarchico/petrino, ma “collegialmente/episcopale”; 8°) la Curia romana va decentrata; 9°) il S. Uffizio abolito. Giustamente il modernismo è definito “omnium haerèseon conlectum” (Enciclica Pascendi, 1907). Il neo/modernismo è il modernismo classico al suo parossismo e vittorioso (apparentemente) su tutta la linea (DE CORTE, p. 35).

Che fare?

Infine il buon senso del realismo della conoscenza aristotelico ci dà dei consigli pratici sul come reagire a tanto sfacelo:

1°) restare saldi nella virtù di Fede nella divinità e perennità della Chiesa, nonostante l’invasione che ha subito da 50 anni da parte dell’inimicus homo.

“Nulla ti turbi! Nulla ti spaventi! Tutto passa, solo Dio resta! Chi ha Dio, ha tutto!” (S. TERESA D’AVILA);

2°) α) resistere (sustinere) con la virtù di Fortezza a tutto ciò che suscita timore e β) attaccare (aggredi) con coraggio ciò che vorrebbe impedire la nostra salvezza;

3°) sperare nell’aiuto onnipotente che Dio ci ha promesso, a condizione che noi facciamo quel che possiamo con l’ausilio della sua grazia;

4°) pazienza e attesa; ossia, sopportare le prove e attendere con fiducia l’intervento di Dio, infatti “la pazienza ottiene tutto” diceva S. Teresa d’Avila;

) fiducia o super/speranza che «la Chiesa conserverà la sua successione apostolica e petrina e genererà dei figli anche quando sembrerà quasi totalmente esaurita, come Gesù sembrava essere stato abbandonato dal Padre, mentre sulla Croce gridava “Dio mio perché mi hai abbandonato?”»; infine,

6°) “per aver Dio con noi in ogni cosa; bisogna non avere nulla in tutte le creature. Dio è una sorgente ben nascosta. Eppure, la sua dimora, io l’ho trovata, ma, nella notte! Tutti i beni mi son stati dati, da quando non li ho più cercati!” (S. GIOVANNI DELLA CROCE).

La Chiesa è entrata nella notte dei sensi, dello spirito e nell’agonia di Cristo, di cui Lei è la continuazione nella storia” (DE CORTE, pp. 101-102).  Ma, le notti dei sensi e dello spirito sono la porta (S. GIOVANNI DELLA CROCE e S. TERESA D’AVILA) per entrare nella terza via mistica di unione trasformante con Dio (S. Th., II-II, q. 24, a. 9); perciò,

7°) in alto i cuori, dopo la notte sorge l’alba! “Era necessario che Cristo patisse tutte queste cose per entrare nel Regno dei Cieli” (Atti degli Apostoli).



NOTE

1 -
Cfr. N. PETRUZZELLIS, voce “Progresso”, in Enciclopedia Filosofica del Centro di Studi Filosofici di Gallarate, II ed., 1982, Firenze, Le Lettere, vol. VI, coll. 858-861.
2 - MARCEL DE CORTE, La grande eresia, Roma, Giovanni Volpe, 1970.
3 - Cfr. C. FABRO, La svolta antropologica di Karl Rahner, Milano, Rusconi, 1974.
4 - Cfr. M. PINAY, Complotto contro la Chiesa, Roma, 1962, rist. it., Proceno, Effedieffe, 2015.
5 - Cfr. DS, 3401-3466.
6 - Cfr. DS, 3475-3500.
7 -  Cfr. Tutte le Encicliche e i principali Documenti Pontifici emanati dal 1740, a cura di U. BELLOCCHI, Città del Vaticano, Liberia Editrice Vaticana, 1999, vol. VII; Pio X (1903-1914), pp. 283-285.
8 - Cfr. DS, 3537-3550.
9 -  Cfr. Tutte le Encicliche e i principali Documenti Pontifici emanati dal 1740, a cura di U. BELLOCCHI, Città del Vaticano, LEV, 1999, vol. VII; Pio X (1903-1914), pp. 514-516; cfr. anche S. PIO X, Lettera apostolica sul Sillon, Notre charge apostolique, 25 agosto 1910, ibidem, pp. 408-546.
10 - Cfr. ADHEMAR D’ALES, voce “Modernisme”, in Dictionnaire Apologétique de la Foi Catholique,  4 voll., Parigi, 1911-1922.
11 - J. MAUREL, Somme contre le Catholicisme libéral, Paris-Bruxelles, 1876.
12 - Cfr. Tutte le Encicliche e i principali Documenti Pontifici emanati dal 1740, a cura di U. BELLOCCHI, Città del Vaticano, Liberia Editrice Vaticana, 1999, vol. VII; Pio X (1903-1914), pp. 43-44.
13 - Quando l’uomo sbarcò sulla luna, Paolo VI all’Angelus del 13 luglio 1969 disse: «L’uomo in questa impresa ci si rivela gigante. Ci si rivela divino, non in sé, ma nel suo principio e nel suo destino. Onore all’uomo! Onore alla sua dignità! Al suo spirito! Alla sua vita!» (PAOLO VI, Insegnamenti, vol. VII, 1969, pp. 493-494).
14 - Cfr. J. MIENVIELLE, Da Lamennais a Maritain, Buenos Aires, 1938, tr. it., Roma, SFA, 1991 ; ID., Critica de la conception de Maritain sobre la persona humana, Buenos Aires, 1948 ; A. MESSINEO, L’umanesimo integrale, in La Civiltà Cattolica, 25 agosto 1956, vol. III, quad. 2549, pp. 449-462.
15 - Cfr. H. DELASSUS, Vérités sociales et erreurs démocratiques, Lille, Desclée, 1909 ; ID., L’esprit familial, dans la famille, dans  la cité et dans l’état, Lille, Desclée, 1910.
16 - S, Th., I, q. 1, a. 8, ad 2.
17 - Cfr. H. DELASSUS, La Démocratie Chrétienne, Lille, Desclée, 1911 ; D. COMPOSTA, Questione cattolica e questione democristiana, Padova, Cedam, 1987.
18 - Cfr. J. DE VIGUERIE, Les deux patries, Bouère, DMM, 1998.
19 - Cfr. J. MIENVIELLE, Conceptiòn catòlica de la polìtica, Buenos Aires, 1932.
20 - Già Nicolò Machiavelli (XVI secolo) nella sua opera più famosa Il Principe parlava della “astuzia della volpe e della forza del leone” con cui deve governare il Principe moderno per contrapposizione a quello tradizionale.
21 - Sembrerebbe la tattica leniniana di un piccolo “passo indietro” per poter fare, senza suscitare reazioni troppo vive, “due passi avanti”.  
22 -  Anche la mitologia greca classica racconta 1°) dei giganti Titani, che spodestarono dal trono il loro padre Urano e vi misero uno di loro di nome Crono, il quale fu a sua volta spodestato da suo figlio Zeus; 2°) di Prometeo, figlio del titano Giapeto, che donò agli uomini il fuoco rubato agli Dei e Zeus per punirlo lo incatenò sul Caucaso dove un’aquila avrebbe dovuto beccargli il fegato in eterno, che diceva: “Io odio tutti gli Dei”; 3°) di Icaro di Creta, che voleva volare da sé con ali fatte di piume e cera, ma si avvicinò troppo al sole, che sciolse la cera e cadde in mare presso Samo. Anche la mitologia pagana conosce, pur se imperfettamente, la rivolta luciferina del presuntuoso “gigantismo” della creatura, che si erge contro la Divinità, caratteristica non solo del paganesimo, ma soprattutto dell’era moderna, basti pensare al transatlantico Titanic, che affondò il 14 aprile del 1912, sulla tolda della quale regnava la scritta “neppure Dio potrà affondarmi!”.
23 - Pio XII ha insegnato che “il satanismo più profondo è l’apoteosi dell’uomo” (Radiomessaggio natalizio, 24 dicembre 1952, n. 12-30). San Pio X nella sua prima Enciclica insegnava che il carattere distintivo dell’Anticristo finale è “il culto dell’uomo” (E supremi Apostolatus cathedra, 4 ottobre 1903). Invece in Gaudium et spes n. 12 si legge: «tutte le cose che esistono su questa terra sono ordinate e finalizzate all’uomo come al loro centro e fine», si potrebbe intendere questa pericope in maniera ortodossa, qualora tutte le cose inanimate, vegetali ed animali fossero ordinate all’uomo e questi a Dio, ma Gaudium et spes n. 24 specifica che «L’uomo su questa terra è la sola creatura che Dio ha voluto per se stessa (propter seipsam)». Questo errore va letto alla luce del “pancristismo teilhardiano” di Gaudium et spes n. 22: «Per il fatto stesso che il Verbo si è incarnato, ha unito a Sé ogni uomo». 
24 - Per uno studio esplicativo e confutativo della “morale della situazione” cfr. C. FABRO, L’avventura della Teologia progressista, Milano, Rusconi, 1974; J. FUCHS, Morale théologique et morale de situation, in “Nouvelle Revue Théologique”, n. 76, 1954, pp. 1073-1085; A. BOSCHI, Una nuova morale: la così detta etica della situazione o della circostanza, in “Palestra del Clero”, n. 35, 1956, pp. 969-980; F. OLGIATI, Una morale nuova e la condanna del S. Uffizio, in “Rivista del Clero italiano”, n. 37, 1956, pp. 481-490; C. CALVETTI, Libertà e verità nella umana situazione, in “Thomistica morum principia”, n. Roma, 1960, pp. 263 ss., F. ROBERTI – P. PALAZZINI, voce “Morale della situazione”, in Dizionario di teologia Morale, Roma, Studium, IV ed., 1968,  vol. II, pp. 1065-1067; A. LANZA - P. PALAZZINI, Sacramenti e vita sacramentale, Roma, 1957.







 
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