Il re è al servizio del Re dei re


di Don Benoît de Jorna, FSSPX



Editoriale di Fideliter n. 270

Pubblicato sul sito francese della Fraternità San Pio X
La Porte Latine

Prima parte






Una società che non è più diretta verso il suo scopo
si condanna alla disgregazione


Oggi la politica non è più quella virtù di cui parla San Tommaso d’Aquino quando tratta della prudenza del Capo, distinta da quella dei suoi subordinati. Oggi essa è diventata la direzione dell’economia in vista dell’arricchimento materiale. Non è più una questione di virtù e non si tiene più conto della natura dell’uomo, che tuttavia rimane un animale politico.

Tuttavia, la scopo di una società è di provvedere al bene comune di tutti i suoi componenti. Perseguire onestamente questo bene è compito innanzi tutto di colui che presiede alla cosa pubblica, il quale per far questo deve dare prova di prudenza: deve fare politica.
Questo bene comune dovrebbe essere l’oggetto delle virtù, soprattutto la giustizia e prima di tutto la religione, che ne è la partecipazione più eminente. Infatti, che si voglia o no, gli uomini sono stati creati tutti e quindi non possono esimersi dal rendere il dovuto al loro Creatore. Non è ammissibile deridere i capi e ancor meno è ammissibile deridere Dio o considerarlo con colpevole indifferenza.

D’altronde, un governo è buono nella misura in cui realizza l’unità e l’armonia della società, secondo la subordinazione dei fini. In caso contrario esso genera la discordia.
E’ sorprendente vedere con i nostri occhi le due società: lo Stato e la Chiesa, condotte secondo princípi omologhi, che generano effetti simili. In entrambi i casi, l’economia ha rimpiazzato la prudenza e la politica: lo scopo perseguito è terreno e materiale.
Inevitabilmente ne deriva la dispersione, la disarmonia, la confusione, la disarticolazione riguardo agli individui i quali si perdono poiché sono condotti a vivere senza l’unità, che è tuttavia necessaria al loro bene; condannati così alla tristezza senza più la prospettiva spirituale.
Quando una moltitudine si degrada a causa dei capi che non tendono più al bene comune spirituale, ciò che resta è la tirannia, che, indipendentemente dalla forma che assume, finisce con l’essere il mezzo che garantisce una degenerazione catastrofica.

E in campo politico, più che altrove, il principio dell’unità deriva dal fine predetto. Ciò che conduce intrinsecamente all’unità è quanto vi è di più unificante: una unità in se stessa. Quindi, quanto più unificato è il fine che si ha in mente, tanto migliore sarà l’armonia dell’insieme. A meno di essere sordi, non si può mancare di osservare questo fatto ovvio quando si ascolta una qualunque orchestra guidata da un unico direttore.

Ma indefinita: qual è il fine dell’uomo, questo animale politico? Né angelo, né bestia, egli ha un’anima immortale che gli è stata data da Dio perché possa conseguire l’eternità a cui Dio lo chiama. Ecco il problema che generazioni di saggi hanno cercato di risolvere. Le virtù sono il principio per il ritorno a Dio. E dal momento che gli uomini sono politici, le loro virtù possono esercitarsi solo nella società: condizione indispensabile, questa, in ragione della loro stessa natura.
La religione, che è la virtù di giustizia che si deve innanzi tutto a Dio, Creatore e Maestro di tutte le cose, in ragione del suo stesso oggetto coordina tutte le virtù. E’ la religione che in indefinitiva dà alle società il loro fine e la loro unità. Le società sono come gli uomini che le compongono: esse possono avere solo un fine ultimo, che è lo scopo dell’esercizio di tutte le virtù.
Così, la società civile tende a Dio, Autore di tutte le nature. Ma Dio si è incarnato, ed ha rivelato che gli uomini tendono soprattutto alla Trinità, il solo fine unico e veramente ultimo di tutti gli uomini; e ha detto anche che questo fine si raggiunge solo per mezzo di Cristo Nostro Signore: «Chi vede me vede il Padre» … «la vita eterna è che essi conoscano Voi, il solo vero Dio, e Colui che avete inviato: Gesù Cristo».
Ne consegue che gli uomini, esseri politici, possono raggiungere questo fine essenzialmente soprannaturale solo in società: la Chiesa.

Quindi, dal momento che la religione naturale è subordinata alla religione soprannaturale, ordinata a Dio trinitario, essa dovrebbe essere praticata almeno da coloro che il Figlio di Dio non ha ancora illuminato con la fede; ecco allora che alla Chiesa, società visibile e soprannaturale fondata da Gesù Cristo, dovrebbe essere subordinata la società naturale, che in questo modo sarebbe aiutata a tendere al suo fine nella quiete delle virtù ormai perfette.
Ma il Vaticano II ha risolutamente rinunciato a questo compito. Eppure: «senza la fede è impossibile piacere a Dio».
 





 
maggio 2023
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