Libera nos, Dómine!


Articolo di Elia


Pubblicato sul sito dell'Autore: La scure di Elia




Presentazione del documentario “Libera nos”
(il Sole eclissato da una luna nera)


Nel trattare soggetti particolarmente delicati, bisogna chiedere umilmente allo Spirito Santo l’aiuto necessario per respingere sia la tentazione di accomodare il discorso in modo da non urtare nessuno, sia quella di reagire con il sarcasmo e l’acredine percepiti nelle esternazioni prevenute di chierici in situazione irregolare.
Nel caso presente ciò che prevale, in realtà, è il dolore di dover rilevare difetti perniciosi in sacerdoti per altri versi validi, con alcuni dei quali sembrava di poter mantenere vincoli fraterni e una fruttuosa collaborazione. Ci sono tuttavia occasioni che mostrano impietosamente quale solco possa scavare l’assimilazione – inconsapevole, si spera – di una teologia contraffatta, capace di distorcere non solo la dottrina, ma anche la prassi.

Ciò che ci muove è unicamente l’ardente volontà di corrispondere a quanto domandato nella festa di san Roberto Bellarmino, chiamato da Dio, secondo la Colletta, a respingere le insidie degli errori: la grazia di crescere nell’amore della verità.

È in virtù di tale amore che ci accingiamo a valutare il corposo documentario Libera nos sul ministero dell’esorcismo. Chiunque può facilmente cogliere l’importanza di essere efficacemente assistiti per i fedeli, sempre più numerosi, afflitti dall’azione straordinaria del maligno; anche gli altri, nondimeno, sono interessati, per quanto riguarda sia la lotta contro la sua azione ordinaria, sia il ruolo dei ministri ordinati nella Chiesa, sia l’efficacia di Sacramenti e sacramentali.
Certi argomenti uniscono tra loro, come un filo, ambiti apparentemente disparati della teologia che rivestono un interesse non meramente accademico, ma di grande rilevanza per la vita delle persone e per la loro salvezza eterna. Speriamo perciò che appaia evidente che qui non si parla per gusto della polemica, bensì per sollecitudine della salus animarum, la quale dipende strettamente dall’impostazione teologica di quanti se ne occupano in forza della vocazione divina e dello stato che hanno assunto.

Senza timore di essere ingiusti, possiamo affermare con tranquilla coscienza che la pellicola esaminata, al di là degli indubbi meriti pastorali, risulta un lungo spot pubblicitario sul nuovo rito degli esorcismi, elaborato sulla base della “teologia” eterodossa dell’Ateneo Sant’Anselmo. Quest’ultimo asserto è suffragato da studi specialistici che dimostrano come un gruppo di liturgisti, non potendo risparmiare neppure questa parte nel totale rifacimento del culto cattolico, abbia deliberatamente inteso modificare non solo il rito in sé, ma i suoi stessi fondamenti dottrinali. Il risultato, secondo un autorevole teologo, è che «il rito recente contiene in massima parte preghiere nuove ed è concepito più come azione liturgica volta all’edificazione dei fedeli che come potente arma spirituale contro i demoni a beneficio degli ossessi» (M. Hauke, Editoriale “Liberaci dal maligno”, in “Rivista teologica di Lugano” XXII [1/2017], 6).
In effetti le formule imperative, con cui si comanda al demonio di andarsene, sono state rese facoltative, mentre eccessivo rilievo è stato dato a quelle deprecative, con cui si implora l’aiuto divino. In tal modo si è tolta efficacia al rito e gli esorcisti corrono il rischio di perdere autorità a causa di una visione indebolita del loro ministero, che costituisce una delle forme più eminenti di opposizione al male.

A nessuno sfuggirà quanto sia necessario che la lotta diretta contro il diavolo poggi su solide certezze e si avvalga di validi strumenti. Invece nel documentario, con clamorosa omissione, è del tutto taciuta la vivace reazione degli esorcisti alla promulgazione del nuovo rito (1998), reazione che indusse poi Benedetto XVI ad autorizzarli di nuovo a utilizzare le formule contenute nel Titolo XII del Rituale Romanum, promulgato da Paolo V nel 1614 e riveduto da Pio XII nel 1952.
Uno dei più severi critici era stato il compianto don Gabriele Amorth († 2016), proprio uno dei sacerdoti intervistati, promotore e guida della loro associazione internazionale, che a suo tempo si era espresso in proposito – come chi scrive può personalmente testimoniare – con la sua abituale franchezza, ossia in termini niente affatto favorevoli. Ai defunti, a quanto pare, si fa dire solo ciò che fa comodo, come sta avvenendo pure con il più illustre personaggio testé nominato.

Vista l’ampiezza della polemica che divampò a suo tempo, tale silenzio sul problema non può non essere deliberato, gettando una pesante ombra di sospetto sul lavoro considerato, che appare così, inevitabilmente, come un’operazione di mascheramento del tentativo di addomesticare gli esorcisti, la cui funzione è chiaramente molto fastidiosa per coloro che, nella Chiesa, servono l’avversario sotto mentite spoglie, che sia sul colle della secessione o su quello al di là del fiume.

Grazie alle risorse della cinematografia lo spettatore comune, emotivamente incantato dalle suggestive immagini non meno che dal sottofondo musicale, ingoia inconsapevolmente la polpetta avvelenata; chi ha maggior competenza in materia, invece, reagisce subito agli errori dottrinali e alle distorsioni teologiche che vengono propinati con estrema naturalezza quasi fossero quanto di più evidente al mondo, mentre invece sono preconcetti ideologici abilmente presentati come insegnamento cattolico.

Cos’è l’esorcismo?

Il più grave, per cominciare, tocca la natura stessa dell’esorcismo, insistentemente definito preghiera della Chiesa anziché atto di autorità del sacerdote. Come, riguardo alla Messa, si parla falsamente di assemblea celebrante e di presidente, quasi il secondo fosse un semplice delegato del popolo incaricato di moderarne le riunioni, così anche qui si ha la netta impressione che il ministro ordinato non faccia sostanzialmente altro che dare voce alla collettività piuttosto che esercitare, in virtù del proprio ruolo esclusivo, la potestà di Cristo, nella cui persona agisce.
Questa deformazione teologica si ripercuote, a livello giuridico, sulle condizioni poste all’esercizio di questo ministero: uno degli intervistati afferma categoricamente, ma in modo inesatto, che la licenza dell’Ordinario è costitutiva in quanto mandato da parte della Chiesa, mentre è solo una garanzia legale che l’esorcista abbia le qualità richieste dal suo compito, detenendone già il potere in virtù della ricezione dell’Ordine sacro, il quale, nei suoi vari gradi, comprende pure l’esorcistato, fino a pochi decenni fa conferito con apposita ordinazione. Non minore importanza, evidentemente, rivestono l’obbedienza gerarchica, da cui egli è protetto nella lotta, e la severa ascesi cui deve sottoporsi, ma di cui non si fa cenno.

Tale falsata concezione dell’esorcismo è puntellata con altre affermazioni erronee, come l’imprecisa distinzione tra Sacramenti e sacramentali. È vero che i primi conferiscono la grazia ex opere operato, cioè per effetto dell’atto stesso, mentre l’efficacia dei secondi dipende anche dalla fede e dallo stato di chi li amministra e di chi li riceve; tuttavia non bisogna omettere che pure la fruttuosità dei Sacramenti è legata alle disposizioni interiori e che anche i sacramentali producono infallibilmente il loro effetto, benché di natura diversa: non un aumento della grazia santificante, ma un’azione divina di altro genere, come la protezione dal male o l’incentivazione di beni spirituali o temporali. Altrimenti non si capirebbe perché si siano sempre benedetti – e in modo efficace – case, campi, negozi, officine, animali, strumenti di lavoro e simili; basta consultare il Rituale (quello antico) per scoprire quante cose possano godere, a vantaggio dell’uomo, di un benefico intervento celeste, in perfetta coerenza con la destinazione di tutte le creature all’uso di quella fatta ad immagine di Dio.

Indubbiamente i sacramentali non sono segni efficaci della grazia allo stesso titolo dei Sacramenti; ciò non li riduce però a meri segni evocativi di un’idea, come pare di dover dedurre dall’interpretazione di acqua e sale benedetti, quasi la prima fosse un semplice richiamo al Battesimo e il secondo un simbolo di preservazione dalla corruzione. No: le preghiere di benedizione esprimono chiaramente il fatto che Dio, per mezzo di esse, lega a quegli elementi naturali il potere di allontanare gli spiriti immondi e le malattie dell’anima e del corpo.
Analogo discorso vale per tutti gli oggetti di pietà benedetti secondo il Rituale tradizionale (non certo con il nuovo Benedizionale, nel quale, per pregiudizio ideologico, non si benedice più alcun oggetto, ma solo le persone): croci, rosari, immagini, statue, medaglie, scapolari e quant’altro, che ben a ragione i fedeli portano, venerano ed espongono sia per esserne protetti, sia per accrescere la devozione, propria e altrui.
La differenza dagli amuleti consiste nel fatto che quelli sono efficaci – se lo sono – in virtù di un influsso demoniaco sollecitato da uno stregone, mentre gli oggetti di pietà lo sono in virtù della potenza divina ad essi conferita dal sacerdote.

Evoluzione della dottrina?

I luminari del Sant’Anselmo, ovviamente, inorridiranno nell’udire tali affermazioni, liquidandole con sdegno come vecchi residui di una mentalità superstiziosa ormai superata, alla quale lo Spirito Santo, a sentir loro, avrebbe abbandonato la Chiesa terrena per quasi due millenni; i Santi stessi, poveretti, sarebbero stati vittima della mancanza di quelle conoscenze che noi, oggi, avremmo acquisito grazie agli studi di quegli illuminati. Proprio questo fa pensare l’asserzione di uno degli intervistati secondo cui il nuovo rito degli esorcismi corrisponde alla comprensione più evoluta che la Chiesa Cattolica avrebbe raggiunto della propria missione e del proprio operare. Il voler continuare ad usare il vecchio Rituale è bollato come una forma di quell’archeologismo già riprovato da Pio XII: un testo utilizzato con successo fino a soli venticinque anni fa, a quanto pare, è già diventato un fossile, mentre non lo è affatto il gesto di soffiare sul posseduto, messo in risalto come un’importante novità.

La sindrome dell’archeologo non è propria di chi, in spirito di continuità, persevera nel fare ciò che la Chiesa ha sempre fatto, bensì di quanti, in cerca di pretesti per modificare le cose più sacre, vanno a ripescare da polverosi manoscritti antiche usanze poi abbandonate; analoga procedura han seguito per imporre la comunione sulla mano.
Ora, la loro falsa autorevolezza può pure ingannare molti sacerdoti in buona fede, ma non tutti: le risorse di una buona teologia, fondata sull’insegnamento perenne della Chiesa, permettono di individuare facilmente errori, incongruenze e ambiguità all’interno di discorsi abilmente costruiti in modo da apparire inconfutabili, pur essendo in realtà estremamente difettosi. Per questo è quanto mai urgente e doveroso, per ogni sacerdote – ma specialmente per quelli che si dedicano al ministero dell’esorcismo – tornare a studiare i vecchi manuali di teologia, dato che nulla di nuovo si sa oggi sulle varie forme di infestazione diabolica in sé, salvo l’eventuale interferenza di disturbi di natura psichica, i cui sintomi sono però ben distinti.

Conclusione

L’accento posto sull’importanza della preghiera ecclesiale anziché su quella della potestà sacerdotale, come tante altre falsificazioni teologiche, può causare, a lungo termine, un completo capovolgimento di prospettiva, inducendo a credere che l’efficacia degli atti liturgici provenga dal basso anziché dall’alto, com’è veramente nella realtà delle cose.
Vien da pensare che anche in questo caso l’applicazione delle direttive del Vaticano II sia sfociata in una radicale trasformazione non solo di testi e riti, ma pure della fede: sembra che l’uomo si salvi per opera propria, una volta informato di essere ormai libero da ogni condanna in virtù di una sorta di amnistia generale decretata duemila anni fa. Anche l’esorcismo, di conseguenza, viene presentato in chiave secolarizzata come mera relazione di aiuto. Senza nulla togliere all’importanza del dialogo e della fiducia, non dimentichiamo che l’unica relazione capace di salvarci è quella con Cristo, alla quale la Vergine Corredentrice, come nostra Madre nell’ordine della grazia, ci educa costantemente, purché la nostra fede sia retta e completa. Per Sua intercessione, che il Signore ci conceda di crescere nell’amore della verità per respingere le insidie degli errori.

P.S.
Resta aperta la domanda sul motivo per cui la casa cinematografica produttrice abbia scelto il nome Sine sole e come logo di apertura, se non bastasse, un sole eclissato da una luna nera che si trasforma poi in fenice. Dato che nella simbologia cristiana il sole rappresenta Cristo e la luna la Chiesa, si vuol forse suggerire l’idea che una Chiesa ottenebrata dalla menzogna stia ormai oscurando lo Sposo, prima di scomparire lasciando il posto alla “religione” umanitaria dell’Anticristo? Fa parte pure quella casa del complotto che vuole annientare la civiltà fondata sulla ragione e sulla fede, così che essa abbia fine e dalle sue ceneri rinasca un sistema di natura opposta?
È arduo non sospettarlo, se si considera come il documentario, pur esaltandola in apparenza, tenda a neutralizzare la lotta contro Satana, anche sottolineando, fra l’altro, l’attuale divieto di effettuare esorcismi se non quando si sia certi della sua presenza (che il più delle volte può essere diagnosticata con piena sicurezza soltanto effettuandoli). Non meno invalidante è un altro fatto messo in evidenza, funzionale alla riuscita di un rito «concepito più come azione liturgica volta all’edificazione dei fedeli che come potente arma spirituale contro i demoni a beneficio degli ossessi»: la svalutazione del latino a favore delle lingue volgari, che il diavolo non aborrisce tanto quanto la lingua resa sacra dal millenario uso cultuale.




 
maggio 2023
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