Rapito:

un film di propaganda anticristiana


Articolo di Cristina Siccardi

Pubblicato sul sito Corrispondenza Romana





Una immagine dal film: Edgardo Mortara, bambino, in braccio a Papa Pio IX


È assai difficile trovare la fedeltà nelle ricostruzioni cinematografiche su temi inerenti la storia della Chiesa, tuttavia abbiamo avuto degli interessanti risultati nel passato e comunque, nella maggioranza dei casi, non c’era l’intenzione di danneggiare l’immagine della Chiesa.
Oggi, non solo non abbiamo più prodotti seri, ma nessuno azzarda realizzare lavori di carattere religioso che siano di positiva influenza sulle anime. Anzi, nella maggior parte dei casi, se vengono trattati argomenti cattolici lo si fa per disprezzare e dileggiare la Chiesa, manipolandoli e strumentalizzandoli per fini deteriori.
Pensiamo all’ultimo film del regista Marco Bellocchio con il suo Rapito, un prodotto senza dubbio atto a screditare Santa Romana Chiesa. Ma nel nostro tempo capita di leggere e ascoltare voci ufficiali della Chiesa che addirittura si compiacciono delle calunnie e della pessima immagine che viene esposta al pubblico ludibrio, appoggiando tesi che screditano e danneggiano la Sposa di Cristo in terra.

Fortunatamente fra le diverse testate cattoliche c’è un dibattito in corso, dove le recensioni stanno o dal lato della verità dei fatti oggettivi oppure da quello delle opinioni soggettive.

Il j’accuse sul proprio passato – si badi bene, solo sul proprio passato, senza alcuna autocritica sulla profonda e lacerante crisi che attraversa la Chiesa contemporanea – sembra negli ultimi decenni assai di moda, tanto che lo stesso direttore dell’Osservatore Romano, Andrea Monda, ha firmato l’articolo «Il dramma della libertà e l’ingiustizia del mondo», pubblicato il 30 maggio 2023.

Dal punto di vista storico il film di Bellocchio è di ogni evidenza intossicato e deviante e la pellicola invita ad una lettura chiaramente anticattolica.
Il caso di Papa Pio IX fece clamore nell’Italia risorgimentale, anni in cui la Chiesa era ferocemente perseguitata da liberali e massoni, tanto da depredarla dei suoi beni, dei suoi territori, compiendo aggressioni, efferatezze e violenze verbali e fisiche ai danni del clero e dei prelati con incarcerazioni, esili, omicidi, e al riguardo esistono biblioteche intere a dispetto di una vulgata politica e di mentalità progressista propensa a schernire la Chiesa, abbruttendola e infangandola.  D’altra parte occorre ricordare che il termine conversione è sparito e il dialogo con i “lontani” ha laicizzato molti “credenti”.

Sia Andrea Monda che Avvenire (30 maggio 2023) giudicano assai positivo il lavoro di Bellocchio. Il perché è facile da comprendere: la secolarizzazione è penetrata a Roma e, dunque, ad essere screditato non deve essere il pensiero liberale e relativista («dittatura del relativismo» la definì pochi anni fa Benedetto XVI), bensì la Chiesa stessa, quella antecedente il Concilio Vaticano II.

Andrea Tornielli, nella sua analisi “storica”, come riporta «Avvenire», scrive chiaramente e senza ambiguità che dopo il Concilio la visione è notevolmente mutata:
«I credenti vivono la stessa fede con una diversa coscienza [ma può la Fede indurre ad un’altra coscienza? Significherebbe, automaticamente, credere in altro e non nella Verità rivelata da Cristo, unica Via, Verità e Vita che conduce all’autentica libertà, ndr] (…). Oggi un caso Mortara non potrebbe più ripetersi, perché, pur essendo rimasti fondamentali il battesimo e la fede nella trasformazione ontologica che il sacramento porta nel battezzato, la libertà religiosa sancita dal Concilio Vaticano II ha contribuito a cambiare la prospettiva».

Il caso Mortara portato alla luce dal film che ha concorso al Festival di Cannes è l’occasione per approfondire quella precisa storia verificatasi nell’Ottocento, ma anche per andare a leggere o rileggere il documento Nostra Aetate del Concilio Vaticano II, accorgendosi così che la libertà religiosa, a differenza della sana tolleranza religiosa, non fa altro che portare via dalle chiese i fedeli ed impedire l’adesione alla chiamata verso la vita sacerdotale e religiosa di molte anime, mentre tutto questo non avviene per quel clero e quei fedeli che continuano a vivere la Tradizione della Chiesa lasciando fuori dalla porta le istanze rivoluzionarie del mondo perché «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù» (Gv 18, 36).

Scrive Luca Del Pozzo su «Tempi» (26 maggio 2023): «Al Corriere della Sera il regista Marco Bellocchio ha detto che non ha “mai pensato di fare un film contro la Chiesa”, no; il fatto è che lo “affascinava, di questa storia, la cecità della religione”. Insomma, se in un tempo non molto remoto l’atteggiamento di certa intellighenzia radical chic, quella per capirci non beceramente atea cui faceva da pendant in ambito ecclesiale la figura del cattolico “adulto” quando non quella ossimorica del cattocomunista tout court, si riassumeva nel motto “Credo in Dio, nella Chiesa no(con la variante “Cristo sì, Chiesa no”), ora siamo passati ad un più benevolo “non ce l’ho con la Chiesa, ma con la religione quando è cieca”».

Il filosofo Hegel sosteneva questo incredibile inganno: «Se i fatti smentiscono le idee tanto peggio per i fatti» e purtroppo di idee malsane e menzognere l’età contemporanea rigurgita, mentre il sano realismo viene bandito e vessato. Così le prese di posizione del pensiero relativista, in questa circostanza hanno bandito le fonti attendibili, dando credito alle interpretazioni in mala fede.

Basterebbe così poco per comprendere la vicenda…
Una decisiva fonte è lo scritto autobiografico di Edgardo Mortara, che scrisse nel 1888, quando aveva 37 anni, e che vergò in castigliano durante il suo apostolato in Spagna e poi venne custodito negli archivi romani dei Canonici Regolari del Santissimo Salvatore Lateranense, l’ordine in cui don Pio Maria Mortara, volle liberamente e fortemente entrare. Tradotto in italiano, il memoriale è stato pubblicato integralmente nel 2005 in un libro curato da Vittorio Messori (Io, il bambino ebreo rapito da Pio IX. Il memoriale inedito del protagonista del «caso Mortara», pubblicato da Mondadori), che polverizza la leggenda nera e offre uno spaccato di luminosa veridicità sulle ragioni della fede e sulla complessa vicenda, dal punto di vista privato, pubblico e giuridico, ma che sarà considerata da Edgardo volontà di Dio e grazia della Divina Provvidenza.

Nel suo primo anno di vita – era nato l’11 agosto 1851 -, all’insaputa dei genitori, la domestica cattolica Anna Morisi, che lo riteneva a rischio di morte a causa di una malattia, decise di battezzarlo. Alla fine del 1857 l’inquisitore di Bologna, padre Pier Feletti, udì quella vicenda perciò l’Inquisizione decretò che il fatto aveva reso Edgardo irrevocabilmente cattolico, poiché le leggi dello Stato Pontificio vietavano a persone di altre religioni di prendersi cura dei cattolici, per questa ragione i genitori del bambino persero la patria potestà ed Edgardo fu portato a Roma sotto la personale protezione del beato Pio IX.

Padre Pio Maria Mortara morirà, nonostante la sua cagionevole salute, quasi novantenne l’11 marzo 1940 nell’abbazia belga di Bouhay, in Belgio, nonostante una salute cagionevole, dopo una santa vita di apostolato, missione, penitenza e preghiera.

Tutto il film di Bellocchio invita lo spettatore ad avere risentimenti d’odio nei confronti delle decisioni ecclesiastiche e la battuta finale del protagonista appare quindi drammaticamente beffarda: «È stata una mia libera scelta». Il guaio è che alcuni giornalisti ed intellettuali che si dichiarano religiosi appoggiano queste ingannatrici chiavi di lettura, mentre un tempo sul caso Mortara, per esempio «Famiglia Cristiana» (vedi http://badigit.comune.bologna.it/mostre/mortara/Famiglia_Cristiana_79.pdf), con occhio oggettivo scriveva ben altre cose…

Si legge nell’autobiografia di padre Mortara:
«La Comunità Israelitica di Alessandria in Piemonte, fece appello a tutte le sinagoghe del mondo ed organizzò una vera campagna contro il Papa e contro la Chiesa […] interpellando le potenze e supplicandole di intervenire e protestare diplomaticamente. Di fatto furono inviate proteste; insomma per quasi sei mesi durò questa polemica violenta […] nella quale si davano convegno tutti i nemici del Papato e della Chiesa romana. […] La paterna sollecitudine del S. Padre si palesò soprattutto ad occasione degli sconvolgimenti politici del 1870. […] La benedizione di Pio IX mi accompagnò dappertutto. Anzitutto mi ottenne la forza… per non cedere alle ingiunzioni e minacce delle autorità liberali che volevano costringermi […]  a tornare in famiglia. […]. La paterna affezione di Pio IX a mio riguardo fu inalterabile fino alla morte. Egli dopo la soppressione delle Case Religiose, mi raccomandò al santo vescovo di Poitiers, Mons. Pie. […]. Nel fausto giorno della mia prima Messa mi onorò di una lettera firmata da lui […]  Io non rividi più Pio IX. Dal 1870, più volte nel ritornare nell’eterna Città mi sono recato nel Campo Verano e profondamente commosso mi sono prostrato sulla sua tomba … Egli, nel suo epitaffio, invitava i fedeli a pregare per lui: Orate pro eo. Io confesso che, quante volte ho letto quelle parole, altrettanto dissi nel mio cuore: Sancte Pie, ora pro me».

Negli anni che seguirono il 1870 egli soggiornò in Francia, Polonia, Spagna, America, Belgio. Divenne un poliglotta, un grande predicatore e contribuì molto alla diffusione del culto della Madonna di Lourdes, apparizioni mariane che coincisero con il suo ingresso in Santa Madre Chiesa. I rapporti con la famiglia, dapprima tempestosi, si normalizzarono: era affezionato ai suoi familiari e non perdeva occasione di dimostrarlo attraverso lettere e auguri.

Il caso Mortara divenne internazionale, un fatto mediatico ed emblematico del mondo ebraico, come ben annota la giornalista Mariagrazia Cucco nel lucido articolo di Famiglia Cristiana precedentemente segnalato, perciò divenne «per l’Italia, l’equivalente del caso Dreyfus in Francia». Strano, ma non troppo, che molteplici casi della Chiesa non vengano considerati: dalle atrocità commesse dalle autorità anglicane contro i cattolici al genocidio dei vandeani, dalle persecuzioni liberal-massoniche alle crudeltà, torture, massacri perpetrati dall’Unione Sovietica, ecc. ecc…. 
Insomma, Rapito è un film di propaganda anticristiana e di odio anticlericale, tacendo tutta la verità, ben altra opera rispetto a Cristiada del 2011 del regista Dean Wright, un film storicamente rigoroso e attendibile, ma che la critica laicista, logicamente, ha stroncato.








 
giugno 2023
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