Il Patto sino-vaticano fallisce ancora:

un appello della Chiesa cattolica in Cina

20 maggio 2023


L'autore,
un cattolico cinese, per ovvii motivi rimane anonimo


Pubblicato su The Catholic Herald







Il trasferimento del vescovo Shen Bin dalla diocesi di Haimen alla vicina diocesi di Shanghai il 4 aprile 2023 segna il fallimento dell’accordo segreto sino-vaticano del 2018.
I sacerdoti diocesani di Shanghai sono per lo più riluttanti ad accettare il vescovo Shen Bin come vescovo di Shanghai, e sembra difficile per il vescovo Shen esercitare il suo governo come trasferire i sacerdoti tra le parrocchie.

La nomina è stata fatta, senza il benestare della Sede Apostolica, dalla cosiddetta “Conferenza episcopale cinese”, istituzione controllata dal Partito comunista cinese (Pcc), di cui il vescovo Shen Bin è Presidente.
Questa è la seconda volta che il PCC nomina un vescovo senza l’approvazione del Papa.

La prima volta è stata la nomina illecita, denunciata dal Vaticano, del vescovo John Peng Weizhao, vescovo della diocesi di Yujiang nella provincia di Jiangxi, a vescovo ausiliare della cosiddetta “diocesi di Jiangxi”. (Oltre a controllare la nomina dei vescovi, lo Stato cinese si è fatto carico della riorganizzazione delle diocesi senza riferimento alla Santa Sede).
Guardando indietro ai cinque anni trascorsi dall’accordo, è difficile scorgerne gli esiti positivi.

Fino al 2018 c’erano vescovi “sotterranei” che riconoscevano l’autorità del Papa, e una struttura parallela di vescovi e diocesi, la “Catholic Patriotic Association” (CPA), che era appunto un ramo dello Stato cinese. I vescovi del CPA sono stati, tuttavia, ordinati validamente, e in alcuni casi hanno reso pubbliche o private dichiarazioni di fedeltà al Papa.

Forse sorprendentemente, i vescovi del CPA e i loro sacerdoti non sono necessariamente al riparo dalla persecuzione - il sequestro di edifici ecclesiastici, per esempio, o l’arresto arbitrario - e un gran numero di diocesi sono deliberatamente lasciate senza vescovi. Nessuna Conferenza episcopale ufficiale riconoscibile dal Vaticano era possibile, poiché per definizione una Conferenza episcopale deve avere come membri tutti e solo i vescovi legittimi di una nazione.

Per altro verso, a parte la  Ad Apostolorum Principis di Papa Pio XII nel 1958, il CPA non è stato ufficialmente denunciato come entità scismatica dal Vaticano, che per molti anni ha preferito mantenere una situazione di ambiguità, nella speranza che ciò potesse facilitare qualche futuro riavvicinamento. In questa situazione confusa, i cattolici laici generalmente si sentivano in grado di partecipare alle funzioni organizzate sotto l’autorità di entrambi i gruppi di vescovi.

L’accordo del 2018 aveva lo scopo di portare un po’ di ordine in questa situazione.
Primo, per garantire che tutti i vescovi del CPA fossero consacrati con il necessario “mandato pontificio” del Vaticano. In secondo luogo, incorporare la Chiesa “sotterranea” nel CPA, in modo che in Cina ci fosse una sola, genuina, Chiesa cattolica. In terzo luogo, creare una situazione stabile e continua con un livello di coinvolgimento statale cinese accettabile per entrambe le parti.
Il fallimento d’accordo, tuttavia, può essere riassunto in tre punti.

1 - Alla Santa Sede manca ancora l’ultima parola sulla nomina dei vescovi in Cina. Osservatori ottimisti presumevano che l’unità della Chiesa in Cina sarebbe servita a porre fine alle ordinazioni episcopali senza l'autorizzazione della Santa Sede. Quello che è successo di fatto è che il CPA (o il governo comunista cinese, visto che sono la stessa cosa) ha sospeso le ordinazioni episcopali prive del mandato proprio, ma si è messo a trasferire i vescovi tra le diocesi senza l’approvazione del Papa.
Questo sembra essere un modo per aggirare il divieto di ordinazioni episcopali non autorizzate.

Tuttavia, per vedere come questa pratica si colleghi all’accordo del 2018 non possiamo fare riferimento alla formulazione del documento, dal momento che questo non è mai stato divulgato pubblicamente per intero.
È vero che ora le ordinazioni episcopali avvengono con mandato pontificio, ma in pratica ciò avveniva già prima dell’accordo, quindi non rappresenta una concessione da parte del Partito Comunista Cinese. Infatti, non importa prima o dopo l’accordo, in quelle ordinazioni episcopali CPA con mandato pontificio, solo la lettera di nomina del CPA può essere letta pubblicamente, mentre la bolla papale di nomina può essere letta solo prima in sacrestia privatamente.

2 - Ci sono ancora diversi vescovi scomunicati nella Cina continentale. Secondo il diritto canonico, se ha luogo una consacrazione episcopale illecita, i consacranti e l’ordinato/i sono scomunicati latae sententiae. Si tratta di una sanzione automatica, che avviene immediatamente e senza alcuna dichiarazione da parte della Santa Sede (canone 1382). Un tempo c’erano molti casi di ordinazione episcopale senza mandato pontificio, e tutti i consacratori (compresi i co-consacratori) così come gli ordinandi sarebbero incorsi nella pena prevista da questo canone.

Nel 2018 Papa Francesco ha revocato la scomunica a otto vescovi (tra cui stranamente un vescovo defunto che era andato alla tomba insistendo sulla sua indipendenza dalla Chiesa universale), che erano stati consacrati illecitamente, ma non ha fatto lo stesso per i vescovi che ha consacrati. È difficile sapere se si trattasse di una svista o di un tentativo di far finta che non fosse avvenuta alcuna scomunica latae sententiae.

3 - I vescovi legittimi che collaborano all’accordo continuano a subire vessazioni.
Nel 2018, con l’esecuzione dell’accordo, a due vescovi “sotterranei”, Peter Zhuang Jianjian della diocesi di Swatow e Vincent Guo Xijin della diocesi di Mindong, è stato chiesto di rinunciare al loro incarico.
Nel 2018, al vescovo Zhuang di 87 anni, è stato chiesto di dimettersi per lasciare il posto al suo omologo, il vescovo del CPA Huang Bingzhang.
Quando il vescovo Zhuang è stato portato a Pechino e gli è stato detto di dimettersi da “prelato estraneo”, si è sentito molto depresso e ha detto che avrebbe preferito essere accusato di disobbedienza piuttosto che seguire una richiesta così assurda.
Tuttavia, alla fine accettò la richiesta della Santa Sede e si fece da parte.

Il caso del vescovo Guo Xijin sembra ancora più straordinario. Gli è stato detto dal Vaticano di accettare la retrocessione alla posizione di vescovo ausiliare nella sua stessa diocesi, mentre il suo omologo CPA, il vescovo Zhan Silu, è stato riconosciuto come Ordinario dalla Santa Sede. All’inizio Mons. Guo accettò, come un ordine del Papa. Ma nel gennaio 2020 è stato cacciato dalla cattedrale dall’autorità locale che interruppe l’approvvigionamento idrico ed elettrico. Allo stesso tempo, è stato affisso sul muro un avviso in cui si affermava che l’edificio in cui viveva il vescovo Guo, costruito più di 10 anni fa, “non era conforme alle leggi e ai regolamenti antincendio”, quindi doveva essere chiuso immediatamente. Anche molti dei suoi sacerdoti furono cacciati dalle loro parrocchie. Nove mesi dopo ha annunciato le sue dimissioni.

Questi due casi sono diventati ampiamente noti tra i cattolici cinesi, e sembra chiaro che l’accordo non abbia fatto altro che incoraggiare lo Stato cinese a ingerire ancora di più nella libertà e nei diritti della Chiesa.
Invece di fare concessioni senza alcuna mossa reciproca dalla Cina, è ora che il Vaticano esprima almeno una protesta.
Per il bene della dignità della Chiesa cattolica, sollecitiamo che:
1. La Santa Sede dichiari illecita e senza effetto il trasferimento del Vescovo Shen Bin.
2. La Santa Sede divulghi l’intero contenuto dell’Accordo segreto sino-vaticano del 2018 ai fedeli di tutto il mondo, in particolare a quelli in Cina, che hanno il diritto di conoscere un accordo così importante che li riguarda.
3. La Santa Sede riconsideri il rinnovo dell’accordo con il PCC e adegui la sua politica diplomatica in vista di ottenere delle reali concessioni per il bene della Chiesa.

C'è un vecchio detto cinese che dice “Un gentiluomo preferirebbe morire piuttosto che essere umiliato” (士可殺不可辱). I cattolici cinesi non vogliono concessioni infinite che portano solo dolore e sofferenza alla Chiesa. Anche a costo dell’imbarazzo diplomatico, preferiremmo che il Vaticano rompesse il silenzio e rispondesse a questo trasferimento illecito con coraggio e dignità, piuttosto che chiudere un occhio.








 
giugno 2023
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