“Embrioni sintetici”: gli esperimenti si moltiplicano



Articolo della Fraternità San Pio X






Un numero crescente di gruppi di ricerca – Università di Cambridge, Weizmann Institute in Svizzera, Rockefeller University di New York, Università di Pittsburgh, Kunming University in Cina – si sono imbarcati nello sviluppo di “embrioni sintetici” umani.
Cosa rappresentano questi “embrioni” e perché la ricerca si concentra così da vicino su di essi?

Il primo gruppo ad aver annunciato il proprio lavoro con una prepubblicazione è quello di Magdanela Zernicka-Goetz, di Cambridge, con il titolo di “Degli “embrioni sintetici” realizzati a partire da hESC”, lavoro presentato davanti alla International Society for Stem Cell Research (ISSCR). (hESC: cellule staminali embrionali umane).

Per fare ciò i ricercatori sono ricorsi alla “riprogrammazione” delle cellule staminali embrionali umane. Questi “embrioni sintetici” sono stati “coltivati” fino a uno stadio appena superiore all'equivalente di 14 giorni di sviluppo di un embrione naturale.


Ricercatori divisi

“C'è un urgente bisogno di mettere in atto regolamenti per supervisionare la creazione e l'uso di modelli di embrioni umani derivati da cellule staminali”, avverte il professor James Briscoe, direttore associato della ricerca presso il Francis Crick Institute.

Questi “embrioni sintetici” potrebbero fornire “informazioni capitali sulle tappe fondamentali dello sviluppo umano”, afferma, sottolineando però che questa ricerca solleva “profonde questioni etiche e giuridiche”.

Infatti, “a differenza degli embrioni umani derivati dalla fecondazione in vitro, per i quali esiste un quadro giuridico consolidato, attualmente non esistono norme chiare che disciplinino i modelli di embrioni umani derivati da cellule staminali”.

Quindi, fino ad ora, gli scienziati dovevano rispettare la “regola dei 14 giorni”. Gli embrioni cresciuti in laboratorio non potevano essere coltivati oltre questo tempo. È il “desiderio di comprendere questo periodo di sviluppo embrionale”, compreso tra il 14° e il 28° giorno, che è stata la “motivazione principale” dietro il lavoro di produzione di embrioni umani sintetici.

Tuttavia, “se l'intenzione è che questi modelli siano molto simili agli embrioni normali, allora in un certo senso dovrebbero essere trattati allo stesso modo”, sottolinea Robin Lovell-Badge, responsabile della biologia cellulare e della genetica dello sviluppo presso il Francis Crick Institute. “Tuttavia, attualmente, nella legislazione, non lo sono”.


Un'ampia varietà di modelli

Gli altri gruppi che lavorano su questi modelli procedono in vari modi: “ammassi cellulari”, “modelli” di embrione umano, “discoidi” utilizzando cellule staminali pluripotenti indotte, “E-assembloidi” ottenuti mescolando cellule staminali embrionali umane. Ma possiamo assimilare questi modelli a veri embrioni?

Per Alfonso Martinez Arias, biologo dello sviluppo presso l'Università Pompeu Fabra di Barcellona, le cellule del team di Magdalena Zernicka-Goetz non possono in alcun modo essere considerate “analoghe a veri embrioni”. Per lui manca l'organizzazione.

D'altra parte, “la somiglianza con l'embrione naturale è notevole, quasi inquietante”, stima il biologo dello sviluppo, Jesse Veenvliet, del Max Planck Institute, a proposito del lavoro di Jacob Hanna.


Abbiamo bisogno di una nuova definizione dell'embrione?

Alcuni ricercatori ritengono che una “nuova definizione dell'embrione” sia “necessaria per chiarire le cose”. Per altri è chiaro l'obiettivo degli “embrioni sintetici”: “aggirare i vincoli che gravano attualmente sulla ricerca sugli embrioni”. Creare embrioni per la ricerca, manipolarli, senza ulteriori considerazioni.

Chiamandoli “modelli”, “strutture” o “sintetici”, i ricercatori si permettono di relegare l'etica in secondo piano. Così confessa la Zernicka-Goetz: “Abbiamo cercato di sviluppare uno strumento per porre domande specifiche sulla seconda settimana di sviluppo dell'embrione umano, perché l'uso di veri embrioni umani nella ricerca solleva questioni etiche e tecniche”.


Una prima trasgressione che permette o permetterà tutte le derive

Tutte le barriere – più o meno temporanee – che sono state erette contro la sperimentazione sugli embrioni non avranno mai un effetto definitivo: è nel punto di partenza che si trova la trasgressione, che, una volta approvata o avallata, non cesserà mai di esistere.

Questa prima trasgressione è quella di aver consentito prima la fecondazione artificiale, poi la fecondazione in vitro. Con il pretesto di dare prole a donne e uomini che non potevano procreare naturalmente, la scienza ha intrapreso la produzione intensiva di embrioni da “trasferire” nell'utero. Ma gli straripamenti sono arrivati immediatamente.

Da un lato, con la conservazione degli embrioni congelati… poi abbandonati. Un materiale che ha attirato l'avidità dei ricercatori che ne hanno ottenuto l'utilizzo sotto condizione. Dall'altro, con la scoperta delle cellule staminali embrionali. L'autorizzazione al loro utilizzo era ipso facto un'autorizzazione alla distruzione di embrioni, poiché l'asportazione di queste cellule comporta la loro distruzione.

Oggi non si tratta più di porsi domande o lamentarsi: è troppo tardi. Si vuole cambiare la definizione di embrione? E su che base? Si vuole limitare i ricercatori a un settore, consentendone altri? Ci si spaventa per le possibilità di manipolazione umana? Ipocrisie tardive e inutili.
È la trasgressione iniziale che dovrebbe essere fermata.

Infine, per dirla in due parole: questi “modelli” sono embrioni umani? Certamente no. Ma potevano essere preparati e sfruttati solo a costo di distruggere un gran numero di piccoli esseri umani in provetta.
Il numero annuale di questi reati va ad aggiungersi a quello dell'aborto.







 
giugno 2023
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