Mons. Thiamer Toth
e
la regalità sociale di Cristo



di
Padre João Batista de Almeida Prado Ferraz Costa



Articolo pubblicato sul sito della Cappella Santa Maria das Vitorias 
di Anápolis, Brasile


L'immagine è nostra







Riporto di seguito una favola russa raccontata dal vescovo Thiamer Toth nel suo libro Gesù Cristo Rei (Edizioni Caritatem, 2021) per la sua bellezza e il suo grande valore morale.

È un racconto che ci fa riflettere su qualcosa che già conosciamo bene ma che spesso dimentichiamo e non mettiamo in pratica: attenzione al pericolo dell’amore per le vanità e le ricchezze mondane, attenzione al pericolo dell’avidità, attenzione al pericolo di leggere i giornali maledetti, per non perdere il Regno dei Cieli.
Riporto anche una breve riflessione di Thiamer Toth contenuta nella stessa opera sul Novissimus, basata sulle parole del Signore: “Rendete dunque a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio” (Mt 22,21).

Colgo l’occasione per raccomandare a tutti i cattolici che leggono queste righe di procurarsi la suddetta opera di monsignor Thiamer Toth e di leggerla attentamente. È una perfetta spiegazione di tutta la dottrina della Chiesa sul Regno Sociale di Gesù Cristo a partire dall’enciclica Quas primas di Pio XI, in cui il molto zelante vescovo ungherese mostra le radici del secolarismo nella concezione materialistica della vita e della società.
Monsignor Thiamer Toth dice in tono benevolo: “Quell’anziano paziente aveva ragione, e il medico gli aveva consigliato di sottoporsi a un trattamento costoso. “Dottore, com’è strano l’uomo, in gioventù dà la salute per il denaro, e in vecchiaia dà il denaro per la salute”.


La favola russa


Un contadino viveva felicemente nel suo lontano paese: non era ricco, ma aveva il necessario per vivere felicemente. Un brutto giorno gli capitò tra le mani un giornale maledetto. Dal giornale apprese che nella terra dei Baskiri c’erano immensi territori incolti e che era consuetudine che se qualcuno, di buon mattino, deponeva ai piedi del capo tribù un berretto pieno di rubli d’oro, poteva prendere possesso della porzione di terra in cui poteva girare fino al tramonto.
Il nostro uomo non poteva più riposare, sembrava avere il fuoco ai piedi. Vendette quello che aveva e riuscì a raccogliere l’oro necessario per tentare l'impresa.

Dopo un lungo viaggio arrivò nella terra dei Baskiri.

Il capo tenne fede alla promessa e diede dei buoni consigli al contadino: «Prima che il sole tramonti devi essere di nuovo qui, su questa collina da dove stai per iniziare il tuo viaggio. Fai attenzione, perché se arrivi anche solo un minuto dopo, perderai tutto, oro e terra”.

All’alba del giorno successivo, il contadino partì per il suo viaggio, pieno di buon umore: «Che bel pezzo di terra! Domani sarà mio!» E questo pensiero gli dava nuovo coraggio per allungare il passo. «Oh! Che bel bosco, avrò legna e legname in abbondanza, ... Oh! Che bel prato! Delimiterò anche questo, sarà mio!».

E il contadino camminava … camminava. Giunse mezzogiorno. Forse sarebbe stato bene tornare indietro. «Oh! Non per ora, un po’ più in là, c’è un bel pezzo di terra che non posso lasciare, e poi ritornerò più velocemente».
Ma quel pezzo di terra era più grande di quanto gli interessasse: «Non importa! Ne percorrerò altri sulla via del ritorno».
Alla fine riuscì a percorrere il pezzo di terra e, tutto soddisfatto, si mise in viaggio per il ritorno, rendendosi conto che il sole si stava avvicinando all’orizzonte.

«Devo camminare un po’ più in fretta», diceva a se stesso, e gli sembrava che i Baskiri e il loro capo gli facessero dei segni da lontano; ma la collina è ancora così lontana, così lontana, e, inoltre, doveva risalire il pendio. Fino a lì aveva camminato in discesa, ed era stato così facile; ma ora doveva andare in salita! Ed è così doloroso salire! Allunga le braccia e comincia a risalire il pendio. Il sole scende con una rapidità spaventosa: «Oh! Se solo riuscissi ad arrivare in tempo! Dalla cima della collina gli fanno segno, sente già delle voci. Il cuore gli batte forte, i polmoni sembrano scoppiare, non riesce a respirare, corre, corre a tutta velocità.

«Ahi! Forse tutto è perduto!». Il sole comincia a scomparire all’orizzonte. Gli occhi del contadino si annebbiano e gli viene in mente questo pensiero angoscioso: «Terra, denaro, lavoro, vita, tutto, tutto è perduto. È stato tutto inutile!»
Concentra tutte le sue forze, si aggrappa all’erba, barcolla, cade, si rialza; vede solo il punto impercettibile del sole che scompare, e il suo ultimo raggio cade proprio sul suo berretto... luccica d’oro.... «Oh! No, non sarà perduto... mancano solo venti metri... solo altri dieci... cinque... e il sole scompare. Poi il contadino barcolla, cade, gli occhi iniettati di sangue, ha qualche convulsione... e muore.

Il capo ordina a uno dei suoi servi: «Scava una fossa lunga due metri e profonda un metro. Questa terra è sufficiente per un uomo».

Sì, ad un uomo basta poca terra!


***

Commento di Mons. Thiamer Toth

Nell’Antico Testamento, Salomone termina il libro dell’Ecclesiaste con le seguenti parole: «Ascoltate la fine e il riassunto di questo libro: temere Dio e osservare i suoi comandamenti, perché questo è tutto l’uomo. E ricordiamoci che Dio ci chiamerà a rendere conto di tutto ciò che abbiamo fatto, sia in bene sia in male».

Il Signore non insegna nient’altro dicendo: «Date a Dio ciò che è di Dio». Le vanità passano. Non c'è nulla che possa darci la felicità perfetta se non una coscienza retta, la convinzione che la nostra anima è in ordine e che possiamo sopportare serenamente lo sguardo di Dio.

Tutta la dottrina di Nostro Signore Gesù Cristo è piena di questo pensiero: “Salva la tua anima!”.

(…)

L’unica cosa importante è che io abbia dato a Dio ciò che Gli appartiene. La cosa indispensabile non è aver fatto in vita qualcosa di grande che attiri l’attenzione, ma aver lavorato con coscienza.

***

«Oh uomo, salva la tua anima immortale finché sei in tempo» (Padre Cristóvão Pirolli)

Anápolis, 8 luglio 2023.
Festa di Santa Isabella, Regina del Portogallo









luglio 2023
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