Europa:

ordinazioni sacerdotali in caduta libera


Articolo della Fraternità San Pio X









La Conferenza Episcopale di Francia ha pubblicato le cifre delle ordinazioni sacerdotali: ci saranno 88 nuovi preti nel 2023, contro i 130 del 2021. Il comunicato dei vescovi riconosce una caduta che «si inscrive in una tendenza continua di calo delle vocazioni nella Chiesa, che si osserva da una ventina d’anni e numerosi sociologi delle religioni hanno documentato».

Tra il 2000 e il 2012 si contavano un centinaio di preti diocesani. Quest’anno saranno solo 52, a cui si aggiungono 36 religiosi. Ma malgrado questo rapporto, la cifra totale di 88 nuovi preti costituisce un calo senza precedenti.

Si ricorda che nel 1961 la rivista del Centro Nazionale delle Vocazioni titolava uno dei suoi numeri: «La più grave crisi da 150 anni!». In effetti, dal 1951 al 1960 le cifre delle ordinazioni dei preti diocesani si erano abbassate in maniera drammatica: la Chiesa in Francia era passata da 1028 e 595 ordinazioni per anno.

Su Le Figaro del 22 giugno, Jean-Marie Guénois commenta i dati particolarmente preoccupanti di quest’anno:
«Se questa tendenza fosse confermata, il numero di ordinazioni di preti diocesani sarebbe diminuito del 50% in due decenni. È un dato senza precedenti, anche se dovremo aspettare per vedere se questo calo durerà. È probabile, tuttavia, che i nuovi arrivi siano sempre più rari.

«Recentemente sono stati chiusi dei seminari importanti: a Lille e a Bordeaux. Ci vogliono sette anni di formazione per portare a compimento una vocazione, con un tasso di perdita di un candidato su due. Anche la diocesi di Parigi comincia a tremare: nel settembre del 2022 si sono presentati al primo anno di seminario solo quattro candidati. E solo 5 preti saranno ordinati il 24 giugno nella chiesa di Saint-Sulpice di Parigi. Nel 2022 erano 10 e nel 2021 erano 12».

E Guénois precisa: «Questa crisi delle vocazioni non è solamente francese, ma europea. Essa è notevole anche in Polonia e in Italia, cosa che incomincia a preoccupare il Vaticano. Anche l’America del Nord non è risparmiata, al pari dell’America latina».


In Svizzera, a dirigere le parrocchie ci sono meno preti e più laici

In Svizzera, l’Istituto di Sociologia Pastorale (SPI), come riportato da cath.ch il 24 giugno, osserva:
«Dal 1950, il numero di preti diocesani domiciliati in Svizzera si è dimezzato, ed è diminuito di un quarto solo dall’inizio del secolo, ma le differenze tra le diocesi sono significative.

«Il calo è stato particolarmente marcato nelle diocesi di San Gallo e di Basilea, mentre è stato meno netto nelle diocesi di Coire e di Lugano, soprattutto negli ultimi due decenni. Nel 1950, le diocesi svizzere contavano 2986 preti, che nel 2022 sono scesi a 1294.

Secondo una stima del SPI, «il numero dei preti diocesani si abbasserà ancora in tutte le diocesi, ma con differenze importanti. Nel 2029, solo 900 preti dovrebbero essere presenti nelle diocesi svizzere, cioè un terzo in meno di oggi. Le due diocesi di Basilea e di San Gallo subiranno un calo superiore alla media, come già avvenuto negli ultimi decenni, a causa dell’invecchiamento dei preti e delle rare ordinazioni sacerdotali».

Questo calo vertiginoso del numero dei preti comporta degli abusi che il prossimo Sinodo sulla sinodalità rischia seriamente di non sanzionare, e forse anche di avallare. Per sopperire alla carenza di preti in Svizzera, non si esita a ricorrere ai laici.
Su La Nuova Bussola Quotidiana del 16 giugno 2023, Luisella Scrosati osserva che nel Cantone di Basilea è ormai prassi comune che i laici svolgano funzioni sacerdotali: predicano, presiedono una liturgia della Parola che sostituisce completamente la Messa, battezzano e celebrano matrimoni.

Di fronte a tali abusi, una associazione di fedeli: Vera Fides, diretta dal giornalista Davor Novakovic, ha inviato un dubium al Dicastero per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, presieduto dal becchino della Messa tridentina, il cardinale Arthur Roche. Questo dubium rischia di subire la stessa sorte dei dubia inviati nel 2016 da quattro cardinali a Papa Francesco sull’esortazione Amoris leatitia, che autorizzava la comunione caso per caso ai divorziati risposati. Due dei mittenti sono nel frattempo deceduti e i due superstiti sono ancora in attesa di una risposta da Roma.

Malgrado tutto, i firmatari di questo dubium scrivono al Dicastero per il Culto Divino che gli abusi non sono occasionali, ma sono diventati non solo la regola, ma un sistema pienamente istituzionalizzato: «I teologi laici sono nominati dai vescovi a capo delle parrocchie, il che non è conforme al diritto canonico. Questo dà loro la possibilità di predicare nelle parrocchie durante la Messa o di eliminare del tutto la Messa, sostituendola con liturgie della Parola».

E precisano: «La diocesi più interessate da questo fenomeno sono quelle di Basilea, Coire e San Gallo. La prima è stata presa come modello dal Cammino sinodale della Chiesa in Germania, dove si discute attualmente delle “richieste che nella diocesi di Basilea sono già applicate da dieci anni».

A Basilea, i teologi laici pregano, battezzano e celebrano dei matrimoni, e benedicono le coppie dello stesso sesso, portando a questa implacabile conseguenza, ricordata da Vera Fides: «Tutto questo ha portato a un’immensa perdita di fede in questa diocesi, e molte persone hanno lasciato la Chiesa». Quasi la metà delle parrocchie della diocesi di Basilea non ha più la Messa domenicale, ma solo una celebrazione della Parola con la distribuzione della Comunione.

Si possono ignorare queste realtà, come ha fatto La Croix il 30 giugno 2023, per rassicurarsi alla maniera degli struzzi..., e presentare la reazione dei preti e dei fedeli legati alla Tradizione come un’azione di retroguardia, un braccio di ferro nostalgico di un manipolo di ritardatari, ma queste realtà esistono. Perché i fatti e le cifre non sono «lefebvriani», sono e basta, semplicemente e ostinatamente.








 
agosto 2023
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