Cina:

violenta campagna antireligiosa di cinesizzazione


Articolo della Fraternità San Pio X










La nuova legge che dev’essere promulgata il prossimo 1 settembre – e che vuole rendere i rappresentanti del culto degli ausiliari della propagazione del comunismo – non è ancora apparsa che già delle regioni zelanti hanno lanciato una violenta campagna di cinesizzazione delle religioni, secondo la parola d’ordine di Xi Jinping.

Croci divelte, pastori arrestati e messi in detenzione amministrativa per il semplice fatto di praticare la fede, luoghi di culto costretti a sostenere la campagna di «cinesizzazione» secondo l’ideologia del Presidente Xi Jinping.
In queste ultime settimane, la Cina ha conosciuto un nuovo crescendo nella repressione delle attività religiose: azione pastorale o servizi religiosi.

A partire dal 1 settembre, entreranno in vigore delle nuove regole che intensificheranno il controllo su monasteri, chiese, templi, mosche e altri luoghi di culto, che «vieteranno i legami con le organizzazioni straniere» e che prescriveranno che venga assicurata «l’educazione patriottica dei credenti».


Wenzhou sotto i riflettori

In anticipo, il governo di Wenzhou, città prefettura della provincia di Zhejiang, nel Sud-Est della Cina, si appresta alla rimozione forzata delle croci presenti sulle facciate dei luoghi di culto, come ha già fatto nel passato. Il 3 agosto, una chiesa di Dongqiao ha ricevuto un avviso che l’informava che il simbolo religioso sarebbe stato rimosso.

I responsabili cristiani hanno reagito pubblicando una nota che chiede ai fedeli di pregare contro la rimozione. Nel frattempo, un pastore della città, parlando in anonimato per paura di rappresaglie, ha detto a ChinaAid che era imminente una «recrudescenza» di un «vento demoniaco» che spingeva per «la rimozione delle croci».

Una decisione anticipata il mese scorso dalle amministrazioni della città di Shanxi, della contea di Yongjia e del distretto di Lucheng ha disposto la rimozione delle targhe di bronzo poste sulle porte e sui muri contenenti le scritte « Jésus », « Christ », « Jéhovah » ed « Emmanuel ».

Lo Zhejiang è una provincia con una numerosa popolazione cristiana ed è uno dei principali bersagli della politica di controllo e cinesizzazione delle religioni e dei culti guidata dal presidente Xi Jinping. Già in passato, tra il 2014 e il 2016, si sono verificate più di 1.500 demolizioni di luoghi di culto e rimozione di croci o altri simboli religiosi dalle facciate.

All’epoca, un documento confidenziale del Governo cinese affermava che il significato politico della campagna contro le croci rifletteva una «lotta ideologica» tra i dirigenti comunisti e i cristiani. La campagna si è estesa ad altre province, fra cui Henan, con la rimozione totale delle croci nel 2018 e con la distruzione di altri simboli religiosi, compresi quelli presenti nelle case dei fedeli.

Le regole relative ai luoghi di culto precisano che «nessuna organizzazione né alcun individuo possono utilizzare i luoghi di attività religiosa per commettere atti che mettono in pericolo la sicurezza nazionale, perturbano l’ordine sociale, nuocciono agli interessi nazionali». I responsabili devono «amare la patria e sostenere la direzione del Partito Comunista Cinese e il sistema socialista».

In più, i responsabili devono sottoporre in anticipo i piani dettagliati delle attività e hanno il dovere di «educare i cittadini all’amore della patria». Deve essere tenuto aggiornato un dossier completo sul personale e i residenti, che elenchi in dettaglio le attività religiose e sociali e tutti i contatti «con le organizzazioni e gli individui stranieri».

Intervistato da Radio Free Asia, Chang Chia-lin, professore al Mainland China Institute dell’Università de Tamkang a Taiwan, ritiene che il nuovo quadro normativo rappresenta il trionfo della politica sulla spiritualità.

«La politica ha la meglio sulla religione, così che se infrangi queste regole, i responsabili possono intraprendere un’azione legale. Penso che dopo il 1 settembre questi luoghi di culto saranno costretti a obbedire al Governo, all’Amministrazione Statale per gli Affari Religiosi e al Dipartimento del Lavoro del Fronte Unito».






 
agosto 2023
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